Il free agent più ambito del 2006 quest'anno raccoglie palloni a Chicago
Una settimana. Quattro partite. Un solo, piccolo, primo passo nella via che porterà alla post season 2007, eppure quante ne hanno già viste questi Chicago Bulls!
@ Miami W 108-66 (1-0)
@ Orlando L 94-109 (1-1)
Vs Sacramento L 88-89 (1-2)
Vs Milwaukee W 110-85 (2-2)
Un vecchio adagio spiega che per non cambiare proprio nulla è senz'altro necessario cambiare tutto. Quindi il sottoscritto si trasferisce dall'assolata California del Sud alla città del vento (magari non fosse solamente in sede virtuale), ma la magia della NBA resta inalterata in un'altra Arena, quella appunto di Chicago, nella quale di momenti magici se ne sono vissuti tantissimi all'ombra di sua maestà il numero 23 in un'era che giusto in queste settimane appare lontana ormai 10 anni.
Dieci anni di agonia sportiva, fatta di costruzioni, ricostruzioni, scommesse più perse che vinte ed infine di un lento cammino verso la definitiva creazione di un altro gruppo vincente, senza magari la punta di diamante che tanto era amata (e come potrebbe essere) ma con un gruppo vero, una squadra fra le più amalgamate dell'intera lega ed un gruppo di giovanotti pronti a stupire da entrambi i lati della nazione.
Certamente non hanno dimostrato ancora nulla i suddetti giovanotti, ma da divertirsi pare ce ne sia parecchio.
E' indiscutibile che la dirigenza dei Bulls sia stata quella più lesta durante la scorsa estate nello sfruttare le regole del salary cap e del contratto collettivo e così, scaricato un contratto oneroso di qua e raccattato un bel free agent di là , ecco che i Bulls 2006/07 hanno preso forma.
I risultati della pre season lo si è detto tante volte, contano come il due di coppe a briscola, specie in un campionato dove lo stesso valore viene attribuito anche ad un imprecisato numero di partite o di porzioni di queste, ma il bilancio di 6 vinte e 2 perse è stato certamente il primo segnale di un inversione di una volontà di presentarsi ai nastri di partenza con la marcia giusta inserita.
Anche lo scorso anno infatti i Bulls erano dati come squadra rivelazione, ma una partenza decisamente lenta aveva tarpato o comunque ritardato le aspirazioni del gruppo guidato da coach Scott Skiles, costringendolo ad un percorso ad inseguimento.
Quest'anno la squadra ha un anno di esperienza in più e giocatori con caratteristiche di die harder ancora più marcate.
Fateci caso: scorrendo il roster dei rosso neri, la squadra sembra spezzata in due tronconi: in mancanza di swingman veri e propri, ovvero di ali eleganti dal tiro morbido e dalle movenze leggere, ci si trova davanti a guardia toste e veloci, fatte per correre e per scivolare attorno ai blocchi dell'attacco avversario, oppure ad atleti puri di livello elevatissimo, dal fattore di verticalità altissimo e dalla spiccata propensione al rimbalzo.
Infatti la domanda che nasce spontanea guardando il roster dei Bulls è: ma quanti rimbalzi potranno conquistare per ogni partita?
Ben Wallace, P.J. Brown, Luol Deng, Andres Nocioni, Tyus Thomas; sono tutti nomi di gente che sembra nata per conquistare palloni in zona pitturata, con stili caratteristiche e ruoli differenti, ma tutti accomunati dalla capacità di lottare su qualsiasi cosa rimbalzi dal ferro.
Accanto a questo indubbio pregio però, la squadra che si è vista in campo nelle prime uscite porte con sé la dote di un attacco che tende a girare con soli 4 pistoni, ovvero con un giocatore sacrificato all'altare della difesa.
Questo condizionerà inevitabilmente il gioco di Chicago, facendola dipendere dall'andamento e dai miglioramenti di alcuni uomini chiave, fra i quali il primo nome che spicca è quello di Ben Gordon, ma su di lui ci sarà tempo di soffermarsi nei prossimi report.
L'attualità invece, parla di quattro partite giocate, delle quali la prima è stata proprio l'opening game della stagione.
Neppure il tempo di consegnare gli anelli a Shaq e compagni ed ecco che i Bulls hanno trovato il modo di rovinare la festa a mezza florida facendo gridare alla serata "imbarazzante" ad un costernato Pat Riley.
108 a 66 il risultato di una partita irreale, troppo bella per essere vera, una partita da 49% dal campo, 53% dall'arco dei tre punti, da 49 rimbalzi a 29: insomma una partita quasi perfetta.
Dopo questa fantastica prima sera è cominciata la stagione un po' più normale: le percentuali sono scese, forse anche un po' l'intensità e la concentrazione e così sono arrivate due sconfitte con Orlando e Sacramento, anche se ad onor del vero va ricordato come i Kings abbiano sbancato lo United Center, grazie a due sanguinose palle perse Chris Duhon.
A pareggiare record stagionale e settimana emozionale è infine arrivata la vittoria contro i Milwaukee Bucks, in una gara decisamente meno fisica (sfido io, non c'era Ron Artest a fronteggiarsi con Ben Wallace) e più godibile.
Il prossimo futuro dei Bulls, parla ora di una prima, lunga trasferta: Cleveland per cominciare, poi una parentesi casalinga con Indiana ed ancora il viaggio in Texas per incontrare Dallas, San Antonio e Houston e perché no, anche un saltino nel dorato mondo dei Lakers, ma qui saremo già al 21 novembre e sarà già un'altra storia.
Alla prossima".