Guardie tiratrici

Dwyane Wade ha vinto praticamente da solo le ultime Finals…

Quando il basket diventa spettacolo, la prima immagine che balza agli occhi dei più è quella di un'atleta che si libra nell'aere preparandosi ad un affondata"

Chissà  come mai il più delle volte, ci immaginiamo che l'atleta in questione sia una guardia tiratrice; non un centro né un play"

Certamente qualcosa a che vedere ce l'avrà  pure la sagoma del 23 in volo raffigurata nelle "sneakers" preferite da milioni di persone, ma molto deriva anche dal fatto che tra i cestisti più eccitanti mai apparsi sul parquet, tanti facciano parte di questo ruolo.

Da Drexler ad MJ , da Allen I a Kobe , da Vinsanity a Wade l'elenco è pressoché chilometrico"

Chiaramente, sarebbe riduttivo o quantomeno ingeneroso per gli appartenenti alla categoria soffermarsi esclusivamente sulle componenti "circensi" del ruolo di "SG" , scordandosi di coloro che grazie alla pulizia dell'esecuzione e alla precisione del tiro hanno vissuto – e vivono – anni, se non decadi ruggenti: da Reggie Miller ad Allan Houston, da Ray Allen a Rip Hamilton, solo per citarne alcuni.

Pensandoci bene, possiamo anche affermare che nel basket d'oggi dì, proprio le guardie rappresentino potenzialmente il ruolo più completo tra i cinque che esistono nella pallacanestro.

Certo, sempre con più frequenza ci si imbatte in "sette piedi " abili nel tiro da fuori, in grado di correre con insospettabile naturalezza per il campo e di imprimere traiettorie deliziose alla sfera quando è il momento di assistere un compagno" ma come ci ha insegnato – specie nei suoi anni senili con Washington – quell'incallito scommettitore proveniente da Wilmington, North Carolina, una guardia con la G maiuscola è capace di fare ogni cosa sul parquet.

Può condurre il gioco, finalizzarlo, può segnare da fuori, in entrata, oppure sfruttare il c.d. "in between game", come il gioco in post basso/medio sfruttando chili e centimetri contro un avversario di taglia fisica inferiore"

Niente è precluso ad una "SG": né partecipare alla lotta per un rimbalzo, né stoppare (specie in aiuto), né tanto meno piazzare un blocco di pregevole fattura per liberare/agevolare un compagno (vedi pick-and-roll tra gli esterni tanto caro al rientrante Don Nelson) .

Detto ciò, è opportuno domandarsi in che stato di salute si trovi la categoria.

Noi tutti abbiamo ben presente che, da quando Lui ha lasciato il rosso-nero dei Bulls, la squadra che a metà  giugno ha ricevuto dalle mani di David Stern il trofeo di campioni Nba si è sempre giovata del decisivo apporto di un centro o di un'ala-pivot , ma è pur vero che tra gli appartenenti al ruolo figurano ancora "esemplari" dominanti"

Kobe è chiaramente tra i cinque bipedi più talentuosi del pianeta con uno Spalding tra le mani, Allen I continua ad invecchiare e" migliorare di anno in anno le proprie cifre, Wade è stato addirittura più decisivo di Shaq nella conquista dello storico primo titolo dalle parti di South Beach" (scontato - magari – dirlo adesso; ma quanti avrebbero immaginato una cosa del genere al momento dell'approdo del "diesel" nella Florida del sud?)

Inoltre" Vince è reduce dalla miglior stagione in carriera, e grazie alla preziosa assistenza da parte di Jason Kidd sembra essersi definitivamente liberato dalle scorie rimediate nella sua lunga (e alla fine logorante..) esperienza canadese; infine non si può certo dimenticare del "Narigon" Ginobili, grazie al quale i San Antonio Spurs hanno potuto fregiarsi di altri due titoli in bacheca".

Insomma, di gente in grado di seminare il terrore per le arene del Nord America, sembra essercene in esubero"

Casomai un difetto, se non IL difetto che - da qualche anno a questa parte- continua a macchiare la categoria (specie tra le nuove leve) è quello della mancanza di un adeguato "in between game", ossia dell'incapacità  di saper utilizzare a dovere quella zona del campo che sta tra i tre e i sei metri dal canestro"

Sono infatti diventate troppe le guardie o le point-guards che girano a largo della suddetta zona, preferendo conclusioni da lontano, o incursioni con il chiaro intento di andare fino al ferro…(con risultati a volte rivedibili…)

Uno di coloro che soffre di tale sindrome è certamente il buon DeShawn Stevenson , che quest'estate ha rifiutato un altro anno di contratto con i Magic (da 3 milioni) per esplorare il mercato degli agenti liberi , convinto di “comandare” chissà  quali cifre"

Come saprete "il nostro", è si dotato di un eccelso atletismo, ma diciamo che il suo tiro dalla media (e da tre") è un tantino altalenante, così alla fine si è dovuto accontentare del minimo salariale offertogli dai Wizards: capita la lezione?

Un altro aspetto interessante dell'evoluzione del ruolo è certamente rappresentato dal fatto che al contrario degli altri, (centri ed ali particolarmente) qui sembra essere ancora vigente la vecchia regola del "non passi lo straniero".

Basti pensare a quanti talentuosi giovanotti abbiano tentato il grande passo, per poi essere costretti a ri-varcare l'Atlantico in senso contrario"

Gli esempi lampanti sono quelli di Jiri Welsh, Planinic, Macjiauskas; e se anche un fuoriclasse come Navarro preferisce continuare a vestire il blau-grana del Barcellona, ignorando da ormai diversi anni le sirene dell'Nba, possiamo comprendere come sia dura per un non americano, riuscire ad entrare a far parte della rotazione di una qualsiasi delle 30 franchigie.

Da cosa dipende tale situazione?

Senza dubbio alcuno dal fatto che la produzione "locale" continua ad essere ottima, sia dal punto della qualità , che soprattutto da quello della quantità .

E' innegabile però che continui a persistere una sorta di scetticismo nei confronti degli "internationals" (al contrario di quello che succede per i lunghi, visto che negli ultimi cinque anni sono stati allungati contratti ad una miriade di giocatori senza arte né parte, ma con l'indubbio "fascino" di essere alti sette piedi o giù di lì") .

Gli stranieri, sono spesso lodati per il loro talento offensivo, ma alla prova dei fatti, vengono spesso accantonati in panchina a causa delle loro lacune difensive, talvolta effettive, altre solo presunte"

Il risultato è evidente: l'unica star nel ruolo che non sia parente dello zio Sam è Manu Ginobili; continua a "vivacchiare" gente come Giricek e Pietrus, mentre il solo che sembra essersi conquistata una fetta di palcoscenico è l'effervescente carioca Barbosa (il quale si giova di essere "alle dipendenze” di uno dei pochi coach Nba che non sembri conoscere il significato della parola pregiudizio").

Quest'autunno proveranno a conquistare "la loro America" lo svizzero Sefolosha e l'argentino Hermann, in attesa che" tre qualche tempo (la pazienza è merce rara, quanto preziosa) il nostro Marco Belinelli decida di giocarsi le proprie carte, con la consapevolezza di essere uno dei pochi in grado di raccogliere il ruolo di porta bandiera degli internationals - finora nelle mani di Manu.

Come è noto, il tempo sarà  galantuomo"

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