Fernando Valenzuela, screwballer e mancino come Carl Hubbell, con cui condivide un record.
“C'era qualcosa nell'aria quella notte / Le stelle brillavano, Fernando…”*.
Il cielo non si vedeva all'interno dell'Astrodome; le stelle brillavano sul campo, quelle scelte dai tifosi per disputare la classica di mezza estate di venti anni fa.
Fernando era Valenzuela, il Messicano dei Dodgers, uno degli eroi del titolo vinto nel 1981; per ora era seduto a guardare Dwight Gooden dei Mets, che difendeva l'onore della National League.
Per gli ospiti lanciava un altro giovane, tale Roger Clemens dei Red Sox, del quale oggi si è persa ogni traccia…
Fernando stava nel bullpen, luogo sconosciuto a lui che di mestiere era partente.
Quel giorno avrebbe lanciato 3 riprese, il massimo consentito in un All-Star Game, ma poco per uno abituato a rispondere, al manager che durante una visita gli chiedesse se fosse stanco, “come posso essere stanco? È solo il sesto inning!”.
Ricevette il testimone da Doc Gooden al quarto inning; chinato a 60 piedi e 6 pollici da lui, Gary Carter, una delle mazze che Fernando affrontò nel drammatico play-off 1981 contro gli Expos.
Ora i due erano insieme e per un incontro che valeva poco più di una esibizione.
Carter conosceva a memoria, essendo un Met, la fastball, la sweeping curve e il cambio di Gooden; da questo momento, però, i segnali andavano mutati, per richiedere al mancino lo slider e, soprattutto, la screwball.
La screwball è sostanzialmente una “curva a rovescio”: lanciata da un mancino tende ad allontanarsi dai battitori destri.
Il primo lanciatore di cui si ha notizia che annoverasse tale lancio nel proprio repertorio è Mickey Welch, che calcava i diamanti negli anni '80 del XIX secolo.
Per trovare un immortale associato alla “palla a vite”, bisogna aspettare il 1900, ovvero l'esordio di Christy Mathewson; l'asso dei Giants, però, si riferiva al suo lancio migliore con il termine “fadeaway”.
Valenzuela apprese l'arte della screw nell'inverno tra il '79 e l'80 dal compagno Bobby Castillo; la traiettoria insolita gli aprì le porte della MLB, ma in futuro sarebbe stata causa di innumerevoli viaggi in lista infortunati: i lanciatori di screwball sono infatti sottoposti a sollecitazioni innaturali e particolarmente traumatiche, che hanno come esito carriere brevi, seppure di successo, se non addirittura danni fisici permanenti.
“…Riesci a sentire i tamburi Fernando?…”*.
Il 15 luglio 1986 tutti questi guai erano lontani mille miglia.
Il primo uomo ad affrontare Fernando nella parte alta del quarto era Don Mattigly, prima base degli Yankees.
Strike-out.
Cal Ripken, interbase degli Orioles, nel bel mezzo della sua striscia infinita di All-Star Game disputati.
Strike-out.
Jesse Barfield, pinch-hitter al posto di Dave Winfield.
Strike-out.
Valenzuela non stava soffrendo la diversa preparazione dovuta all'inusuale ruolo di rilievo.
“…Ricordo tanto tempo fa un'altra notte stellata come questa…”*.
No, era giorno.
Però tanto tempo fa.
E c'erano le stelle, anche quella volta in campo.
Il 10 luglio 1934 si giocava la seconda edizione dell'All-Star Game, ai Polo Grounds di New York.
Partiva sul monte, per la National League un lanciatore mancino, artista di screwball anche lui.
Carl Hubbell ebbe la sua ultima stagione di successo all'età di 34 anni, quando il suo braccio era sfigurato dagli abusi della screw, al punto che Jim Murray disse che sembrava essere stato “montato al buio”.
Per un All-Star Game la durata richiesta era di soli tre inning e Hubbell si accordò con il ricevitore Gabby Hartnett (Chicago Cubs) di dare fondo alla screwball, lanciando tutto il resto al di fuori dell'area di strike.
Charlie Gehringer era il lead-off dell'American League.
Hartnett sparò il segnale. Fastball. Fuori zona. Così, per prendere confidenza con la partita.
Singolo al centro, e in seconda su errore di Berger.
Bill Terry, compagno e manager di Hubbell anche nei Giants, si avvicinò al monte e sussurrò un rassicurante “va tutto bene”.
Manush, esterno sinistro. Base per ball.
Questa volta, attorno alla collina, si riunirono Terry, Frankie Frisch, Pie Traynor e Travis Jackson – tutto l'infield – e il secondo “va tutto bene” di Bill fu proferito con tono interrogativo.
Hubbell mise a segno, nel 1933, una striscia di 46 inning e 1/3 senza subire punti; tra il 1936 e il 1937 accumulò 24 vittorie consecutive, prima di essere fermato dai Brooklyn Dodgers, un giorno in cui in tribuna sedeva Isaac Asimov.
Per i Giants e i loro tifosi Hubbell era “The Meal Ticket”, il buono pasto, ovvero qualcosa su cui contare sempre.
Si fidarono gli interni quando assicurò che andava tutto bene, e si prepararono per il turno in battuta del più grande di ogni tempo; nel frattempo, dagli spalti, qualcuno già gridava “prendetelo giù, prima che sia troppo tardi!”.
“Mettere strike out Ruth era l'ultimo dei miei pensieri. L'idea era di farlo battere per terra. Non era troppo veloce, come sapete, e sarebbe stato un gioco da ragazzi fare un doppio. Non spostò mai la mazza dalla sua spalla. […]. Gli servii tre screwball in fila, tutte sul piatto, dopo aver sprecato una fastball, e rimase immobile. Riesco ancora a vederlo che guarda l'arbitro sul “you're out”, e non era arrabbiato. Solo non ci credeva, e Hartnett rideva mentre mi tirava indietro la palla”.
“…Fernando/stavi canticchiando fra te e te…”*.
Valenzuela non era uno che comunicava molto con compagni e coach, in parte per i problemi di lingua; LaSorda una volta disse che per mesi avevano provato a insegnare l'inglese a Fernando, e l'unica parola che aveva imparato era “milioni”.
Forse non guardò neanche i suoi compagni che provavano senza risultato a risucchiare a The Rocket i 2 punti di scarto; men che meno si rivolse al suo catcher per un giorno.
Hubbell invece aveva parlato con Hartnett del line-up dell'American League, senza però riuscire a scovarne il benché minimo punto debole.
Così si preparò a tirare altre screwball al battitore che seguiva il Bambino, come sempre Lou Gehrig.
Anche per l'Iron Horse il sogno proibito era di indurlo a una battuta in doppio gioco: non che fosse lento come Ruth, ma le palle che incocciava schizzavano via così rapide da raggiungere i difensori in un amen.
Gehrig andò al piatto con quattro lanci, provando inutilmente a sventolare l'ultima screw, sulla quale Gehringer e Manush eseguirono una doppia rubata.
Seguì Jimmie Foxx, “Double X”, “The Beast”, “The Righthanded Babe”, al quale Gehrig sussurrò qualche consiglio rientrando in dugout.
Screwball. Screwball. Screwball. Screwball. Strikeout e inning chiuso senza danni.
Whitaker fu il primo uomo ad affrontare Valenzuela nel suo secondo inning di lavoro.
Come Mattingly, Ripken e Barfield, il seconda base non riuscì a mettere in campo le palle servite dal Messicano.
Quattro strikeout consecutivi in un All-Star Game, uno in meno del record.
Hubbell tornò sul monte con un punto di vantaggio, ottenuto dalla National League grazie al solo homer di Frisch.
Questa volta The Meal Ticket non si fece sorprendere e continuò a nascondere la palla agli avversari.
Dopo gli strikeout di Simmons e Cronin, Hartnett levò la maschera e, rivolgendosi al dug-out dell'American League, esclamò: “Noi dobbiamo vedere quella roba tutti i giorni!”.
Bill Dickey riuscì a colpire un singolo, prima che Lefty Gomez venisse eliminato al piatto.
Cinque K consecutivi: un'impresa destinata a durare oltre mezzo secolo.
Le cinque vittime di Hubbell sarebbero finite tutte nella Hall of Fame.
“Avevo solo sette anni allora, ma lo ricordo. Che impresa incredibile. Quando parli della gente che ha messo strikeout in fila, stai parlando di alcuni dei più grandi battitori che abbiano mai tenuto una mazza tra le mani”.
Il commento è di LaSorda che nel 1986 era manager di Valenzuela ai Dodgers.
“…Ricordi la notte piena di paura in cui attraversammo il Rio Grande?…”.*
Un solo uomo stava tra Fernando e il record di Hubbell: un lanciatore mancino messicano, Teddy Higuera che, per la regola del DH vigente in American League, si presentava nel box per la prima volta dopo anni.
“…Sebbene non abbia mai pensato che avremmo potuto perdere…”*.
Nonostante le prestazioni da record dei due screwballer mancini della National League, in entrambi i casi fu la lega più giovane ad aggiudicarsi la partita delle stelle: 9 a 7 nel 1934 e 3 a 2 nel 1986.
* (Fernando – ABBA, 1976)