Un brindisi di buon augurio per i nuovi Warriors
Ragazzi, c'è del rumore in città . Nellie è tornato! Del resto, la sua avventura nella Nba non poteva certo finire così. Don Nelson è una leggenda che all'alba delle sue 66 primavere ha ancora tanto, tantissimo da dare ad un basket sempre più in crisi di riferimenti tattici.
Il ritorno a Oakland
Quando Chris Mullin ha alzato la cornetta del telefono per chiamare il suo ex allenatore probabilmente aveva in mente soltanto poche parole: "Nellie, qui c'è da ricominciare da dove ci eravamo lasciati". L'obiettivo comune, in estrema sintesi è tornare quanto prima ai playoff, in cui i Warriors mancano ormai dal 1994, anno in cui, per l'appunto, in panchina sedeva ancora Nelson. Dodici anni di clamorosi fallimenti e scelte di lotteria sperperate in ogni draft. Un quadro sostanzialmente umiliante, che ha spinto la società a cambiare decisamente rotta.
Via un coach dai metodi interessanti ma ancora inesperto in termini di gestione di un gruppo Nba, qual è Mike Montgomery, dentro Nellie, un verio genio del pino, dotato di lampi in grado di rivoluzionare l'approccio alla partita, profeta per eccellenza del run 'n gun, reso celebre proprio nei Warriors del Run TMC, dove T stava per Tim (Hardaway), M stava per Mitch (Richmond) e C stava appunto per Chris Mullin, l'attuale GM dei californiani.
Il potenziale del roster
L'Owner Chris Cohan, l'uomo che licenziò Nelson nel '95 (torneremo sull'argomento più avanti, NdR) non ha dubbi: "E' un vero piacere riavere Don nella nostra organizzazione. Il suo ruolo è stato fondamentale nei nostri successi a fine anni ottanta ed inizio anni novanta. Siamo quindi molto eccitati per il suo ritorno. Stiamo pianificando un lavoro insieme e sono convinto che potrà aiutarsi a conseguire quei risultati e che i nostri tifosi si meritano".
Molto fiducioso anche lo stesso Nelson, che nel ringraziare Cohan ha mostrato quasi l'entusiasmo di un ragazzino: "Sono davvero entusiasta di questa nuova opportunità e vorrei ringraziare Cohan per avermi riaperto la porta qui ai Warriors. Ho sempre avuto un posto speciale nel mio cuore per questa franchigia e per gli incredibili tifosi della Bay Area che hanno riempito l'arena anno dopo anno. Sono allo stesso modo molto contento per il team che mi è affidato. Mi sembra estremamente dotato di talento, con grandissimi margini di miglioramento".
Nellie si ritrova un roster con un buon potenziale che non è mai riuscito a fare il salto di qualità . La bontà del gruppo derivata da una serie interminabile di scelte più o meno riuscite in lotteria, dove i Warriors capitano con disarmante regolarità da ormai 12 anni. La stella indiscussa è il playmaker ex UCLA Baron Davis, grande velocità , grande potenza che vanno di pari passo ad una grande propensione agli infortuni, un handicap che lo ha limitato forse sin troppo spesso.
Il giocatore più interessante in prospettiva, anche se ormai sono alcuni anni che lo si attende costantemente ad un livello All Star è senza dubbio la guardia titolare Jason Richardson, saltatore irreale alla sua sesta stagione nella Nba. Il terzo componente di questo novello Run TMC, che potrebbe essere presto noto ai più come Run BJM è senza dubbio il figlio d'arte Mike Dunleavy jr., un altro dei talenti mai del tutto sbocciati sulla baia.
Il roster conta poi su altri elementi di qualità , come l'ala grande Troy Murphy, bianco ex Notre Dame dalla doppia doppia facile e giovani dai quali può uscire qualcosa di senz'altro positivo, viste le grandi doti di "educatore" che sono sempre state riconosciute a Nelson. Tra questi vanno annoverati Ike Diogu ala senza ruolo che al college dominava, mentre in Nba deve ancora trovare la propria dimensione, Mickael Pietrus, francese d'ebano con ottimi mezzi atletici, Andris Biedrins, lungo lettone scelto in alto ma ancora tutto da scoprire, e il rookie: Patrick O'Bryant.
Il talento c'è, va svezzato, ed è proprio per questo che è stato chiamato uno dei migliori in assoluto in questa difficile prassi Nba.
Le prospettive di Nellie
Durante la conferenza stampa in cui Mullin ha annunciato di aver ingaggiato Nelson, un cronista locale gli ha posto una domanda piuttosto velenosa: "Tra gli allenatori liberi c'era anche Larry Brown, perché non avete preso lui?". Mullin, quasi si aspettasse che qualcuno tirasse in ballo questa questione, ha risposto con fermezza che: "Sappiamo che Larry Brown è uno dei migliori coach, ma in questa categoria rientra anche Don Nelson, ed è per questo motivo che l'abbiamo chiamato". Nellie dovrà quindi ripagare la fiducia riposta in lui dall'owner Chris Cohan, ma anche convincere gli scettici sul suo conto.
Non bastano i numeri di Don Nelson come biglietto da visita? Cosa deve ancora dimostare? La matematica non è solitamente un'opinione. Tre titoli di coach of the year vinti nell'arco di dieci anni, segno di un grande apprezzamento da parte degli addetti ai lavori. È il secondo allenatore più vincente di sempre, con 1190 successi in 27 anni di panchina, preceduto soltanto da Lenny Wilkens da qualche tempo fermo a quota 1332.
C'è un solo piccolo problemino. Nella sua tabella dei record c'è ancora uno zero, alla voce titoli Nba. Il fatto di non aver mai superato le finali di conference, raggiunte in ben quattro circostanze, dà molto materiale agli scettici, che hanno pronta per lui l'etichetta di perdente di successo, un po' come accadeva per Sven Goran Eriksson prima del suo scudetto laziale.
Cos'ha di tanto speciale Don Nelson, visto che alcuni lo danno come un coach buono soltanto per vendere i biglietti in regular season, salvo tornarsene presto a casa nei playoff, mentre altri lo adorano alla follia proprio per la sua genialità ? È sempre stato sia un personaggio che un allenatore fuori dal comune.
Nessuno come Nellie è riuscito a partire da un roster che aveva costanti anomalie, ottenendo dei risultati ben al di sopra nella norma, nei quali nessuno sperava, dopo i quali tutti sono stati capaci di lamentarsi perché non è arrivato l'agognato titolo Nba.
Ricordate i Mavericks? Sembrava dovessero giocare con cinque palloni. Nessun problema, Nelson ha capito di avere dei giocatori con molti punti nelle mani, ed ha sviluppato un attacco in grado di superare di una spanna i cento punti a sera. Allo stesso tempo gli è sempre mancata quella pedina decisiva nei playoff, quel giocatore che riesce a risolverti una serie magari sul lato difensivo, o quel lungo in grado di dare una realtà presenza difensiva, aspetto non trascurato, ma semplicemente posto in condizione subalterna da un credo dichiaramene portato ad un basket votato all'attacco.
Se si considerano i roster avuti a disposizione da Don Nelson, che spesso e volentieri ha operato direttamente sul mercato delle proprie franchigie, cercando pedine adatte alla sua filosofia di gioco, non si può dire che non abbia sempre tratto da loro il meglio. Le sue fisse verso certi aspetti tecnici, soprattutto nel settore lunghi, gli hanno fatto prendere delle gran cantonate. Assoluto fan dei lunghi filiformi, preferibilmente bianchi e scarsi, passerà alla storia come l'uomo che mise i 230 cm di Manute Bol oltre l'arco dei tre punti, cercando di convincerlo che secondo lui poteva essere un tiratore la cui parabola sarebbe stata immarcabile per chiunque. Peccato che spesso rantolasse e qualche yarda dal ferro"
Tra le altre questioni, Don Nelson è anche il celebre inventore del Hack 'a Shaq, metodo piuttosto antispettacolare che consiste nel randellare Shaq con tutta la rotazione dei lunghi, al fine di fargli fare una lunga serie di viaggi in lunetta, dove non sverna certo con percentuali di gran pregio.
Ai Warriors le cose finirono male proprio quando sembravano ormai indirizzate verso prospettive da titolo Nba. Scelse Chris Webber, il lungo che mancava per completare lo scacchiere e puntare alla demolizione dei Suns e delle altre superpotenze dell'ovest. Com'è finita lo sappiamo benissimo. Anziché decollare definitivamente, i Warriors si spensero in una lunga serie di incomprensioni, in cui si mise di mezzo anche Latrell Sprewell, che finirono per costare addirittura il posto a Don Nelson e la cessione forzata dello stesso membro dei celeberrimi Fab Five. Chris Cohan, già allora owner della franchigia. arrivò addirittura ad intentare una causa in tribunale per una questione da 1,6 milioni di dollari. Acqua passata, a quanto pare, visto che Nellie adesso ci scherza anche su: "Vedete, avevo un po' di soldi di Cohan, evidentemente li rivoleva indietro".
Comunque vada sarà un successo?
Il primo obiettivo Chris Cohan lo ha senz'altro già raggiunto. Riportare interesse intorno ai derelitti Warriors, verso cui c'è stato un interesse logicamente in calo dopo le ultime fallimentari stagioni, sempre concluse distanti dai playoff nonostante qualche lampo di illusione.
La fantasia, la creatività , la sincera e genuina passione per il basket di Don Nelson, le sue profezie in perfetto stile: "Il prossimo Michael Jordan sarà cinese", con conseguenti spedizioni del figlio Donn Nelson in giro per il mondo a scoprire questo benedetto successore dagli occhi a mandorla di MJ. Il suo modo di fare con la stampa, sostanzialmente simpatico, ma con scatti di grottesca e bonacciona ira, faranno sicuramente appassionare di nuovo i tifosi della Bay Area.
Don Nelson ovviamente non è soltanto un concentrato di eccentricità , ma un coach che saprà certamente capire come sfruttare al meglio il talento di un roster cui non manca il pedigree, ma che ha bisogno del carisma e di un personaggio con la credibilità giusta, che dia quell'autorevolezza che fa innamorare della pallacanestro quei giovanotti viziati che ormai pensano soltanto ad accumulare cifre in attesa del nuovo contratto. Nellie oltre alle cifre, aggiunge una sostanza che si distingue coast to coast.
Chissà cosa penserà adesso di lui un altro pazzoide d'eccezione, al secolo Mark Cuban, che anche dopo l'ingaggio di Avery Johnson gli si è dimostrato riconoscente convertendo il suo contratto ad un ruolo attivo di consulente, che in verità Nellie ha svolto più nella sua casa alle Hawaii che non in Texas.
Proprio così. Anziché godersi la vita alle Hawaii, quel vecchio pazzo di Nellie, alla veneranda età di 66 si è rimesso in discussione con l'entusiasmo di un ventenne. Bentornato, nella monotonia di questa Nba povera di sentimento, sentivamo davvero la tua mancanza.