Wade e Shaq impegnati in un rap: only in America…
Gli uomini duri come i campioni Nba non possono piangere; per questo motivo Hudonis Haslem ha voluto rassicurare tutti su quello che era successo al momento della premiazione, nei minuti immediatamente successivi alla gara6 del trionfo. "Ragazzi, non stavo piangendo - ha detto "The Nowitzky stopper" producendosi in una memorabile imitazione di Elio in "Servi della Gleba" - avevo solo qualcosa (un bruscolotti ndr?) nell'occhio."
Non sappiamo se il giocatore, che nella sua esperienza francese non sembrava avesse in oroscopo un titolo da specialista difensivo, si sia commosso alla notizia che il party riservato della squadra si sarebbe tenuto al "Mansion".
L'America possiede una delle società più discriminatorie di questo mondo; è probabile che solo l'anno scorso Haslem, ma con lui altri, non avesse lo status per entrare nel locale che Shaquille O'Neal frequenta abitualmente con la moglie Shaunie, l'amico Puff Daddy, o come cavolo si vuol far chiamare, e la cremè esclusiva della Florida. Dove Paris Hilton ballava, prima della sua crisi di popolarità , sui tavoli come una "Tamara di Begato" qualsiasi. Dopo questo titolo tutti, perfino Jason Kapono, godranno dello status di membro onorario del club.
La festa si sarebbe dovuta tenere sulla Queen Mary: Micky Arison, il proprietario della franchigia campione dell'Nba sviluppa i suoi interessi finanziari nel campo della cantieristica, con particolare riferimento alle navi da crociera a capo del gigante Carnival Cruise Lane. "Il giorno più bello della mia vita - ha confermato Arison il giorno dopo la vittoria del titolo - l'ho vissuto quando abbiamo completato la Queen Mary."
La dice lunga sulla sobrietà di un uomo che non ama apparire, e ancora meno mischiare il lavoro con il suo hobby da milioni di dollari.
S'è parlato poco di lui durante le finali, sempre seduto nei coni d'ombra delle due arene; l'esatto contrario di Mark Cuban, una sorta di Alena Seredova in brutto, che con ogni suo gesto non fa che calamitare l'interesse delle telecamere. "Eppure ad ogni partita - assicura - tifo e urlo più di ogni altro."
Verso febbraio, ad una convention di operatori del settore a Orlando, durante la sua relazione sulle prospettive a medio lungo termine, fu interrotto da un astante che gli chiese se gli Heat avrebbero vinto il campionato. "Andiamo avanti", rispose Arison spazientito ma non perché la squadra in quei giorni balbettava.
La domanda fu riproposta: "Questa non è la sede - rispose secco - nè tanto meno il motivo per cui siamo qui"
Non si mischia il lavoro col piacere.
Il massimo della popolarità Arison l'ha raggiunto, suo malgrado, quando al primo turno, insultato da un paio di tifosi chicagoani dal tasso alcolico sopra il livello di guardia, ha dovuto chiedere posti ancora più defilati. "E' stato bellissimo vedere l'accoglienza della città - sono state le altre parole del proprietario - abbiamo dei tifosi meravigliosi che voglio ringraziare."
Erano le sette del mattino del giorno successivo alla partita quando l'aereo che ha riportato a casa gli Heat ha toccato l'asfalto dell'aeroporto della città . "Durante le operazioni di atterraggio - ha detto Bob Mc Adoo, uno abituato alle celebrazioni - il pilota ci ha chiesto di guardare dagli oblò: c'era un folla impressionante." Shaq O'Neal è poi sceso dalla scaletta, fasciando con la sua manona il trofeo di campioni Nba. Leggermente barcollante: sulla via del ritorno la squadra ha "spolverato" 22 bottiglie di champagne, oltre a quelle già consumate negli spogliatoi del Texas.
La parata è stata il compimento di quella visione che Pat Riley ebbe oramai più dieci anni fa: Biscayne Boulevard trasformata in una vera e propria bolgia di tifosi orgogliosi come non mai di far parte della comunità cittadina. La gioia che per un lustro Miami ha sperato di vivere grazie ai Miami Dolphins di Dan Marino e non è mai arrivata.
"E' bellissimo essere qui - ha urlato Dwyane Wade rauco, quasi afono - soprattutto perché ce lo siamo meritati."
"Sto camminando sulle nuvole da quanto sono eccitato", ha assicurato Alonzo Mourning che, prima cosa, ha voluto rendere omaggio al suo mentore da Georgetown, Patrick Ewing.
Più spostato, mentre Shaq assicurava alla folla adorante che il titolo sarà bissato l'anno prossimo, Pat Riley ha spiegato l'origine dei bigliettini che hanno riempito la palla del mistero: "Avevamo appena chiuso per O'Neal - ha detto il coach - Shaq venne a casa mia e all'interno di una conversazione generale, mi chiese quale sarebbe stato il peso massimo consigliato. Scrissi su di un biglietto 325 libre e sul retro 12% di grasso corporeo."
Non è stato facile arrivare a questo punto, nemmeno per un allenatore che fra le vittorie ai Lakers e le sconfitta a New York e Miami, ha un chilometraggio Nba impressionante.
"Nel corso della serie con New Jersey - ha spiegato ancora l'ex architetto dello Show Time - un giocatore mi ha parlato e mi ha chiesto di prendere le cose con maggiore disinvoltura. Mi sono reso conto che qualcosa che non era un problema rischiava di diventarlo"
La prima decisione che Riley deve prendere riguarda il suo futuro, dopo i dubbi che lui stesso ha messo in giro nel corso della stagione: un'altra annata a bordo campo o il ritorno al piano di sopra.
"E' presto", ha glissato il coach, mentre sul palco dei premiati comparivano i famigerati fucili ad acqua.
Ed in effetti le decisioni che la franchigia dovrà prendere nel corso di quest'estate saranno maggiori rispetto alla media delle squadre che hanno appena vinto un titolo. Shaq O'Neal sa che si possono vincere anche titoli imperfetti, come nel 2000 quando la sua Los Angeles vinse con giocatori come Ron Harper e AC Green che sembravano al passo d'addio. Il discorso è quello di mantenere "fresco" il supportin cast.
James Posey è il primo nodo: il giocatore ha un'opzione per diventare free agent il primo di luglio. Teoricamente c'è ancora un anno di contratto a 6.4 milioni di dollari. L'agente ha già fatto sapere che il suo assistito vorrebbe uscire dall'attuale accordo per firmare un contratto di più anni con gli Heat, il nodo però riguarda la lunghezza che nei piani della società non può in alcun modo andare oltre i quattro.
Nel 2010 infatti scadrà l'accordo con Shaquille O'Neal quindi sarà ridisegnata l'intera strategia. La soluzione potrebbe non arrivare in fretta, anche perché lasciando Posey in stand by, Miami potrebbe firmare altri giocatori senza andare a pesare sul monte salari complessivo. Perdere l'ex Memphis, l'unico giocatore di ruolo propriamente detto insieme a l'Haslem che non si commuove mai, non sarebbe un buon punto di partenza.
Shaq O'Neal non è un rebus: nel corso delle finali è stato al centro di grandi discussioni. Un giornalista, con la classica domanda cretina che non fa onore alla categoria, gli ha chiesto se in qualche momento ha pensato al ritiro: "Quando mi renderò conto di non farcela più - ha risposto l'ex LSU - me ne andrò; ma ora mi sento di rispondere che giocherò per tutti gli anni di contratto che mi rimangono."
Anche attraverso il sacrificio del pivot, che nelle finali ha segnato un punto in meno di Walker, è arrivato il titolo. "Guardate che tutto parte da O'Neal - ha assicurato due giorni dopo la conclusione della finale Nowitzki - perché Wade è stato spettacoloso ma noi abbiamo dovuto costantemente raddoppiare Shaq e ruotare per adattare la difesa su di lui."
Tutto il resto è un magma che prenderà forma lentamente: Gary Payton che ha 38 anni, vorrebbe rimanere ma, due tiri a parte, non ha giocato una stagione che consigli di puntare su di lui ad occhi chiusi. Derek Anderson può diventare free agent ma non sembra strategico. E poi Alonzo Mourning il cui contributo è imprescindibile e difficilmente sostituibile.
"Dobbiamo valutare bene la situazione - ha spiegato Riley prima di lasciare la parata - e ci sono giocatori che devono prendere le loro decisioni. In passato non abbiamo avuto paura di tirare i dadi e di prendere le decisioni necessarie per migliorare la squadra." Sibillino.
Qualcosa di simile ha detto Wade, che sta per rinegoziare il suo contratto con un'estensione quinquennale che gli varrà fra i 75 e gli 85 milioni di dollari: "Quando hai passato una stagione con certi compagni - spiega l'ex Marquette - e hai stabilito un rapporto non vorresti mai vederli andare via. Ma vediamo cosa succede."
D'altronde da Miami se ne sono andati Odom e Butler, che sembravano il futuro. Se n'è andato Eddie Jones che fu la pietra angolare del precedente restyling.
"Tutti i giocatori devono pensare a quello che è meglio per loro - ha ribadito Shaq - per le loro carriere e per le loro famiglie. Le altre squadre si stanno ricostruendo per batterci. Quindi dobbiamo fare qualcosa anche a noi." Un invito più che una dichiarazione per il pivot che rivorrebbe fortemente Riley alla guida della truppa.
D'altronde è opinione comune fra gli osservatori che in questa versione Miami non abbia nessuna garanzia di ripetersi. Ammesso che si possa maturare una garanzia di questo tipo.
Fra le squadre che hanno vinto il titolo negli ultimi questa sembra godere di un credito molto ridotto: grande impresa ma abbastanza inaspettata, per non dire casuale.
Forse lo sanno anche all'interno dell'organizzazione. Dipende da Riley, più che tirare i dadi, rimischiare le carte.