Pat Riley deve correggere gli errori di impostazione di gara1
La faccia tirata di Pat Riley che, a 1' dalla fine del primo tempo, chiama time out aggiustandosi la cravatta simboleggia la gara1 che a Miami è stata archiviata come la grande occasione persa per togliere il vantaggio del fattore campo a Dallas. Gli Heat sono stati a lungo in vantaggio nel primo tempo, dando l'impressione di essere più preparati alla partita e all'atmosfera delle finali, raffreddando gli entusiasmi dei tifosi texani. In un attimo però si passa dal 44-36 in favore degli uomini di Pat Riley al 44-44. In quel frangente Riley fa sedere Shaq O'Neal per non fargli sprecare il suo terzo fallo.
Sull'ultima azione del primo tempo Nowitzky segna da 2, mandando i suoi Mavs al riposo in vantaggio. "Abbiamo avuto opportunità - ha spiegato Hudonis Haslem - per cui a inizio gara avremmo firmato; purtroppo non le abbiamo sfruttate." Questo stato d'animo è apparso particolarmente evidente all'inizio del terzo quarto: Miami ha cominciato un po' scossa e molle subendo subito un parziale negativo.
I temi offensivi della partita Il primo periodo da favola di Miami, 31 punti con il 70% al tiro, ha magnificato pregi e difetti della squadra di Riley: gli Heat hanno cominciato andando da Shaq in 3 dei primi 5 possessi. O'Neal nel primo quarto s'è limitato a creare per i compagni più che a concludere in proprio.
Eppure è parso chiaro che ancora oggi, a 34 anni, Shaq può dominare gli avversari con una notabile differenza: contro il lungo e "salterino" Diop, l'ex Lakers ha più facilità ad andare verso il canestro. Contro Dampier invece il pivot ha sfruttato la sua tecnica per segnare in allontanamento.
La differenza è fondamentale perché nel secondo caso Shaq si autolelimina dalla lotta sotto canestro. Non a caso contro Diop, sull'unico errore dal campo, ha seguito a rimbalzo per poi subire fallo.
Per il resto Riley ha sfruttato il pick n roll alto per liberare Wade: l'ex Marquette è risultato assolutamente imprendibile per Griffin e per Howard. La terribile schiacciata con cui l'esterno ha chiuso il terzo periodo, riportando i suoi sul 67-68 chiarisce un altro concetto: solo Diop, con le sue braccia interminabili, è in grado di dargli fastidio sulle sue penetrazioni. Il 6 su 7 di Wade nel primo periodo ha aperto spazzi per le bombe di Williams, 2 nel primo periodo, e Walker.
Comunque sia Miami ha fatto quello che ha voluto in attacco finché ha mantenuto i ritmi bassi. La partita è inevitabilmente cambiata quando la velocità s'è alzata all'inizio del secondo quarto; Riley ha risposto al quintetto piccolo voluto da Johnson giocando con Haslem e Walker sotto canestro. In un regime di transizione libera le palle perse si sono impennate e Dallas, a poco a poco, ha ripreso il controllo della gara. La prova inconfutabile di questa teoria sta nel fatto che Miami ha segnato 31 punti nei primi 12 minuti e 32 nei successivi 22.
I temi difensivi Quando si è alzato il ritmo Miami ha perso le misure soprattutto perché uno dei suoi principali difetti è l'incapacità di accoppiarsi in transizione difensiva. Nondimeno è apparso subito chiaro come in giro per il campo ci siano parecchie marcature che dovrebbero preoccupare Pat Riley.
Due bombe di Jason Terry alla metà del quarto periodo hanno siglato l'82-72 e, indirettamente, la vittoria della sua squadra; a quel punto l'ex Hawks aveva già segnato 30 punti con 13 su 16 sul campo. Molti di questi canestri sono arrivati al termine di zingarate sulle quali un osservatore disattento avrebbe potuto chiedersi chi stava marcando il play di Johnson: quasi sempre si trattava di Jason Williams. All'inizio del quarto periodo, Riley ci ha provato con Payton. Risultati deludenti.
Dirk Nowitzky e Josh Howard han chiuso la loro prima gara di finale con 7 su 28 dal campo. Haslem in un certo senso ha mostrato di poter mettere in difficoltà il tedesco, specie lontano da canestro, costringendolo a palleggiare per crearsi un tiro. Di certo Nowitzky è un campione quindi non c'è possibilità che continui a sbagliare tutti quei tiri. Però Riley su di lui può ruotare difensori, c'è anche Posey che sfrutta lo stesso principio, che hanno qualche arma. Per il resto Riley ha cominciato con con Wade in marcatura relativa su Griffin, con l'ordine di raddoppiare in giro per il campo. L'ex Roseto ha segnato i piazzati che gli sono capitati, costringendo il coach degli Heat a una zona non troppo vicina alla sua estrazione e sorprendente per la cultura delle finali Nba.
La partita di Shaq L'ex LSU ha voluto giocare per e con la squadra: 11 tiri sono il risultato della sua volontà di passare la palla al compagno libero, 4 assist nel solo primo periodo, specie contro i raddoppi. Certo quel terribile 0 su 8 ai liberi è stato condizionante per lui, che nel finale è parso frettoloso di arrivare al tiro o liberarsi del pallone, e per i compagni che in alcune occasioni non gliel'hanno passata. "So che devo segnare i liberi - ha ripetuto Shaq in conferenza stampa - forse ci ho pensato troppo. Per il resto abbiamo fatto errori mentali. Dobbiamo giocare in modo più intelligente." Alla fine del terzo periodo, sul punteggio di 70-68, Miami aveva già 10 errori di squadra che hanno pesato non poco. Altrettanto, le due schiacciate consecutive per tornare sull'82-76 e le sue urla di incitamento ai compagni sono più di un rimpianto per non avergliela data un po' di più. In difesa O'Neal ha mostrato grande applicazione, blizzando sui pick n roll, quasi un inedito in questa stagione, col risultato però di omettere qualche aiuto a centro area. I suoi 7 rimbalzi sono sotto media e il risultato di una certa lontana dal canestro.
La partita di Wade "Flash" è stato imprendibile per larghi tratti della gara; reduce da una settimana di allenamenti saltati per i postumi del malessere che lo aveva colpito prima dell'ultima gara della serie contro Detroit, l'esterno ha azzannato la gara. Salvo arrivare un po' scarico nel finale: Riley l'ha fatto rifiatare per qualche minuto all'inizio del quarto periodo, incassando un parziale pesantissimo. Quand'è rientrato è parso meno lucido e aggressivo. Forse realmente la birra era finita. Riley ha dichiarato di non essere preoccupato per l'influenza che ha colpito in parte anche Payton e ha tenuto a casa Simien.
La panchina Quel 22-2 complessivo per Dallas nella sfida fra le due panchine non ha bisogno di commenti. L'unico cambio a segnare per Miami è stato Posey, imbeccato da Wade, nel primo periodo. Poi più niente. Tutto questo chiama in causa Gary Payton, 0 su 4 dal campo e un po' di esitazioni, ma anche Pat Riley: l'ex architetto dello Show Time storicamente tende a accorciare le rotazioni man mano che si avanza nei playoffs. In gara1 ha utilizzato 3 cambi: Payton per 18 minuti, Posey per 24 e Mourning per 5. Il paragone con Dallas è improponibile perché Stackhouse e Dampier sono panchinari "sopra la media". Forse però l'ex New York farà a bene a cercare qualcos'altro, magari con i due Anderson, oppure sfruttando di più Mourning senza lasciarsi andare a esperimenti di "small ball". Anche con questo si spiega il quarto periodo in calando dei suoi titolari. "Siamo alle finali Nba - ha detto Riley - gara2 sarà una battaglia. Non può essere altrimenti." Sarà meglio pensarci: tornare a Miami sotto 2-0 sarebbe un guaio.