Shaq sta giocando ben sopra il ferro in questo periodo…
E' questo il verdetto principale che si ha al termine di Gara 6 fra Miami e Detroit: Shaq è tornato.
E' tornato alle Finals, ma soprattutto sembra tornato in ottima forma, concentrato sia in attacco che in difesa. E' soprattutto la difesa la cartina di tornasole per giudicare le condizioni di The Diesel, e se il buongiorno si vede dal mattino, chiunque uscirà vincitore dalla serie a Ovest sa già con chi dovrà vedersela.
Ma non divaghiamo e parliamo di questa gara 6, una partita di grande intensità , specialmente da parte dei padroni di casa: Detroit parte bene, molto concentrata, ma con uno stile di gioco estremamente lento e monocorde.
Miami viceversa è molto attiva, sembra pronta a rischiare e forzare le situazioni, estremamente sicura dei propri mezzi, sempre pronta a spingere se ne vede l'occasione: dopo mesi di gioco spezzettato e magre difensive, pare che Pat Riley sia giunto molto vicino alla quadratura del cerchio.
Wade parte abbastanza male, sbagliando alcune facili conclusioni: a fine partita apprenderemo dei suoi problemi pre-gara, con breve ricovero in ospedale per sintomi influenzali e disidratazione; il giovane campione di Miami tuttavia non esce mai con la testa dalla partita, continua a creare gioco e a difendere fortissimo sulla palla e sulle linee di passaggio, anche se Hamilton coi suoi terribili movimenti senza palla giocherà ugualmente una gran partita (33 punti ma con 12 su 28 al tiro).
Sono proprio le percentuali che condanneranno i Pistons: non si può neanche sognare di vincere a Miami tirando col 33% dal campo; e se poi si concede agli avversari il 55% abbondante, la frittata è fatta.
Sugli scudi, fra gli altri, il tanto sbertucciato Jason Williams, che ad un certo punto della stagione sembrava destinato a fare la riserva di Payton: per lui un 10 su 12 al tiro che parla da solo, se non che gli unici 2 tiri sbagliati sono arrivati a partita abbondantemente decisa (uno, un layup semplicissimo!), mentre le statistiche non dicono della sua sicurezza, della sua applicazione in difesa (dove per lo meno non si è fatto battere con troppa facilità da Billups) e del suo ritmo in attacco, la sua arma migliore da sempre.
Altro vincitore morale della partita e della serie è Antoine Walker, anche lui finito a lungo nel corso dell'anno a scaldare il pino, ed ora insostituibile titolare capace di rendere la vita difficile al grande Tayshaun Prince.
Per Shaq, una prestazione d'altri tempi: 28 punti e 16 rimbalzi in 33 minuti, ma anche difesa, tiri liberi segnati e 5 stoppate 5, oltre al suo chiaro marchio di dominatore sulla partita e la netta sensazione che ormai i due Wallace più nulla possono contro di lui.
Wade termina con 14 punti ma 10 assist, e una serie di canestri spacca partita nel terzo quarto: ora lo aspettano le sfide delle Finals, dopo la delusione dello scorso anno quando un infortunio costrinse i suoi alla resa contro i Pistons in gara7.
Nelle file di Detroit si salvano in pochi: Billups è ormai da settimane l'ombra di se stesso, se non per le cifre sicuramente per l'impatto sulle gare; ma sono soprattutto la coppia di Wallace che è mancata in questa serie. Dominato fisicamente Ben - che, sotto rinnovo contrattuale, dovrà probabilmente abbassare un po' le sue richieste - senza mordente Rasheed, che ha protestato svogliatamente in alcune occasioni e si è principalmente accontentato di tiretti dalla media o da 3: in sciopero bianco, se consideriamo il talento.
A fine partita grande festa per Miami, con un solo tormentone sulla bocca di tutti: "The job is not done".
I Pistons molto sportivamente rendono merito agli avversari: Billups dice di non voler accampare scuse visto che gli Heat li hanno praticamente asfaltati, e Prince ammette che sono stati senza dubbio la squadra migliore.
Triste l'epilogo per Saunders: "Non abbiamo giocato come sappiamo fare".
Grande la felicità per Mourning, un tempo simbolo della franchigia, che ha un pensiero riconoscente verso il proprietario degli Heat, che a suo dire ne ha passate tante dal 1988 ad oggi"
Walker non sta più nella pelle, e ricorda a tutti i sacrifici fatti da tutti per arrivare fino a quel punto, nonostante le critiche e le polemiche scoppiate in stagione.
Per i Pistons si preannuncia una lunga estate: giocatori e allenatore hanno la loro parte di responsabilità , ma hanno comunque condotto una grandiosa regular season. Forse si poteva utilizzare di più e meglio la panchina: il quintetto base delle meraviglie è arrivato al momento clou con le pile abbastanza scariche.
Piuttosto prima o poi arriverà l'ora anche per Dumars di rendere conto dello sciagurato draft 2003, passato sotto silenzio in questi anni di vittorie" ma ora?