Sheed ha elevato il suo rendimento e le sue triple hanno determinato il risultato di gara2
Due diversi modi di interpretare i due minuti che potevano sconvolgere la serie; i due minuti finali della seconda partita, gli unici a dare qualche reale emozioni ai tifosi dei Pistons che hanno avuto la pazienza di rimanere fino alla fine.
Sempre sotto, spesso in doppia cifra, dopo il 6-5 iniziale, Miami ha furiosamente rimontato, svegliandosi a 1'46" dalla fine; una tripla di Wade, conseguente a un'infrazione di 5" di Prince, ha riportato i suoi a un tiro di distanza, 90-88, a 9.8" dal termine. Dopo un time out due liberi di Billups hanno siglato quello che era giusto: la vittoria di Detroit che ha voluto maggiormente questa partita.
"Abbiamo smesso di attaccare - ha poi spiegato Flip Saunders in sala stampa - giocando solo per far passare il tempo. Per fortuna è andata bene." Col vantaggio che si assottigliava si è probabilmente fatto sentire anche il peso psicologico di una gara da vincere a tutti i costi. Prova ne siano un'infrazione di 24" in comproprietà fra Billups e Prince e l'imbarazzante "non rimessa" che ha portato alla citata tripla dell'esterno da Marquette. "Abbiamo giocato quei minuti - ha fatto eco Wade qualche minuto dopo - come dei disperati; avremmo dovuto giocare a quel modo dall'inizio"
Gara2 ha avuto un copione molto simile alle partite di stagione regolare: Detroit ha avuto quattro uomini in doppia cifra, fra i 24 di Prince e i 16 di Rasheed Wallace, e un attacco molto bilanciato. Miami s'è basata su 32 punti di Wade, 21 di O'Neal e poco altro: Payton, Williams e Walker che all'esordio della serie avevano racimolato 41 punti fondamentali, ne hanno prodotto 25 con un terribile 7 su 26 al tiro. Ad un certo punto il bilancio era imbarazzante: 42 punti su 59 degli Heat del duo. Payton, Posey e Mourning solo due punti nel primo tempo.
"E' stata una partita speculare alla prima - ha dichiarato Gary Payton - ci siamo svegliati troppo tardi." Che la pressione difensiva dei padroni di casa sarebbe stata altra merce ce ne siamo accorti subito: detto del vantaggio Heat sul 6-5, i Pistons hanno segnato i successivi 13 punti consecutivi.
Un minuto all'interno del quarto periodo s'è notato Billups che, dalla panchina, con le mani faceva segno a Prince di avere pazienza; da quel momento sono iniziati i patimenti di una squadra che ha fatto girare il pallone, guardando il canestro pochissimo. Miami è rientrata, credendoci a poco a poco sempre di più fino agli ultimi due minuti. Una tripla di Posey, uscita un po' storta a tre minuti dalla fine, avrebbe potuto rendere il finale incandescente. Un paio di canestri di Prince, bravo a seguire a rimbalzo i suoi errori in penetrazione, hanno mantenuto le distanza nella fase centrale dell'ultima frazione.
A occhio, le bombe di Rasheed Wallace sono state quelle che, nello spartito, hanno fatto la maggiore differenza perché hanno punito puntualmente Pat Riley quando a scelto di mettere sul terreno i garretti pesanti, con Mourning accanto a Shaq.
Nel primo tempo ci aveva pensato Rip Hamilton con 20 punti, molti dei quali, segnati nei momenti fondamentali: con Miami rientrata improvvisamente sul 41-37 a 1'40" dalla fine ha segnato 5 punti consecutivi con un sottomano e un tripla per riallargare il gap fra le due squadre.
"Rip ha giocato una grande partita - ha spiegato più tardi Ben Wallace - segnando sui giochi che abbiamo chiamato per lui ma dando spazio ai compagni per le loro iniziative." Come è puntualmente successo nella seconda metà di partita. Il suo modo di attaccare, unico nella Nba, fatto di tagli e di gioco sulla media distanza ha tenuto in constante apprensione difensiva Miami, in particolar modo Wade.
Le prospettive della serie Ora la "partita" si sposta in Florida: "Avremmo potuto essere 2-0 con una squadra con le ossa rotte", ha detto Hubie Brown che, come tutti gli analisti della televisione, ha tirato un sospiro di sollievo. La discriminante delle serie è semplice: Miami ha bisogno di qualcosa di più dalla "band di sostegno" di Wade e O'Neal. Serve un terzo realizzatore e qualcosa dalla panchina. D'altronde, storicamente, ogni supportin' cast, quasi per definizione, ha giocato meglio in casa che fuori.
"Per battere i Pistons - ha sintetizzato il concetto Pat Riley - devono giocare bene contemporaneamente almeno quattro giocatori." Tutto sommato si sapeva, ne abbiamo parlato per tutto l'anno.
Per Detroit il discorso è incentrato sulla continuità di concentrazione e sulla capacità di giocare senza pause: "Miami ha vinto una gara a casa nostra - ha detto Billups, spegnendo le luci del Palace of Auburn Heals - ora noi dobbiamo fare altrettanto." E chiaro che una squadra che l'anno scorso ha vinto a Miami in gara7, sfiorando il bis a San Antonio, non può essere troppo impaurita da queste due partite.
Serve però qualcosa più di quanto visto finora. Miami potrebbe rimpiangere di non aver giocato al meglio l'inizio di gara2. Ma Detroit non può aspettare di ritrovarsi nei guai per tornare la squadra dalle mille risorse.