Dirk Nowitzki è stato il condottiero dei Mavericks giocando una grandiosa gara 7.
La nottata appena trascorsa ha regalato un altro pezzo di storia ai Dallas Mavericks, che vincendo una partita sofferta, per l'ennesima volta tiratissima e dopo un primo tempo dominato hanno raggiunto la finale della Western Conference per la terza volta nella loro storia; nelle due ultime occasioni Dirk Nowitzki faceva parte della squadra.
Gli Spurs si sono arresi solo al supplementare, dopo essersi trovati sotto anche di 20 punti nel primo tempo, ma riuscendo a rientrare e prendendo il primo vantaggio nel punteggio solamente ad un minuto esatto dalla fine dei regolamentari, salvo capitolare in un overtime dove le giocate di DeSagana Diop, il meno atteso degli eroi, sono pesate come un gruppo di macigni.
Nel primo tempo le cose sembravano naufragare in fretta per i padroni di casa, travolti dalla velocità di esecuzione dei rapidi Mavs, per i quali il rientro in campo di Jason Terry è stata un'autentica boccata d'ossigeno. Terry ha segnato i suoi primi 6 tiri dal campo ed ha terminato il primo tempo già con 17 dei suoi 27 punti finali, ottimamente supportato da un immarcabile Dirk Nowitzki (37, 15 rimbalzi, 11/20 e 15/16 ai liberi) che con il suo fade away jumper non ha perdonato nessuno dei suoi marcatori e da un Josh Howard da 18 punti e 6 rimbalzi alla fine.
San Antonio ha sofferto molto concedendo 64 punti nel solo primo tempo a degli avversari letteralmente assatanati, capaci di concludere il primo quarto tirando con l'88% e la frazione complessiva con il 69%, percentuali di fronte alle quali anche il buonissimo 53% dei nero argento non è servito per evitare loro di arrivare all'intervallo sul -14, nonostante un Tim Duncan in ottima vena ed un Tony Parker (24, 9/18) poi vistosamente calato nella seconda parte della gara.
La reazione targata Spurs, immaginiamo dopo una lavata di capo da parte di Popovic, è arrivata, forte, nel terzo periodo: due sono stati i parziali che hanno contraddistinto il quarto, il primo un 10-2 amplificato da una maggiore aggressività offensiva di Manu Ginobili, che nel primo tempo aveva concluso con 2 punti ed 1/3 dal campo, il secondo, un altro 10-2, interrotto solamente da una provvidenziale tripla di Keith Van Horn (9, 3/5 da tre), prezioso nell'aiutare i Mavs a rimanere sopra pur tirando dal campo con il 33% di squadra; la panchina è stato ancora alleato prezioso per la squadra di Mark Cuban, avendo segnato 29 punti totali contro i 2 del pino opposto.
Nel quarto periodo la gara si è trasformata in una vera e propria fisarmonica: dopo essere stati sotto per un'eternità di 3, 4 e 5 punti, con 11 minuti da giocare un canestro del maestoso Tim Duncan (41, 15 rimbalzi, 50% al tiro) ha fissato il punteggio sul 82-84, subito ridimensionato dall'immediato mini-parziale di Dallas, un 7-0 culminato con uno dei due rimbalzi offensivi presi dal determiante Nowitzki, spesso vincente anche nei combattimenti sotto canestro.
Tuttavia i Mavs, con Dampier, Howard e Van Horn a quota 5 falli, hanno dovuto concedere qualcosa e gli Spurs, grazie a giocate difensive di alta qualità ed a un Ginobili autore di ben 21 punti nella ripresa, sono riusciti a rientrare ancora una volta; i segni del destino sembravano volgere le loro attenzioni a favore dei padroni di casa, soprattutto quando l'ex di turno Michael Finley (12, 3/7 da tre) ha infilato la tripla del -1 con 1:40 da giocare, con l'At&t Center in completo delirio e pronto ad esplodere ad ogni occasione opportuna, il tutto mentre i membri di Dallas cominciavano a dare segni di preoccupazione nei loro visi.
Un'altra scena già vista in passato da queste parti ha fatto capolino a 32.2 secondi dalla fine: Duncan, raddoppiato in post, ha restituito intelligentemente palla a Ginobili che, appostato fuori dall'arco, ha messo una tripla che sembrava poter spezzare le gambe agli avversari, una tripla di impatto psicologico a sfavore potenzialmente devastante; Dirk Nowitzki, però, ha deciso che non voleva andare a casa e nell'azione successiva è andato dentro con forza usando forza e centimetri contro l'asfissiante Bowen segnando e subendo un fallo di importanza capitale, trasformato poi nel punto del pareggio.
A quel punto, dopo il doppio tentativo per la vittoria fallito da Ginobili e Duncan, l'epilogo è stato, per noi spettatori, dei più graditi: altri 5 minuti di emozioni forti, 104-104.
L'imprevedibilità del basket Nba ci ha messo ancora lo zampino, ed ha creato un altro eroe venuto fuori dal nulla: DeSagana Diop, chiamato alla marcatura di un Duncan capace ieri notte del massimo in carriera di punti nei playoffs, ha affrontato il caraibico con determinazione ostruendogli la vista del canestro per due possessi consecutivi, fattore che abbinato al 4/4 di Dallas dal campo ha dato ben presto 4 punti di vantaggio agli ospiti; uno dei 4 tiri a segno è stata una schiacciata dello stesso Diop, imbeccato in area da un fantascientifico passaggio di Terry.
Ma la giocata che ha sancito l'eliminazione di San Antonio Diop l'ha effettuata raccattando un rimbalzo offensivo determinante, saltando per più volte consecutive per strappare il pallone dalle mani nemiche: l'1/2 scaturito dal fallo subito dall'africano ha dato un +5 ai Mavs con 22 secondi da giocare, e la forzatura da tre di Finley nel possesso successivo ha fatto il resto.
Una serie del genere non è facile da descrivere, soprattutto a livello emozionale: Dallas ha dimostrato di avere la maturità necessaria per andare avanti soprattutto grazie al lavoro di Avery Johnson, che ha insegnato a questi giocatori che c'è anche un lato difensivo in campo mantenendo intatte le loro capacità offensive senza rinunciare ad una parte importante del loro gioco, la transizione.
Agli Spurs vanno i più sinceri complimenti perché hanno giocato da campioni, ed hanno dimostrato di essere un osso durissimo per chiunque. Hanno perso una gara riacciuffata dopo l'enorme svantaggio tirando con il 47% dal campo, con il miglior Duncan stagionale che in post ha fatto quanto ha voluto (52-36 i punti in area verniciata pro-Spurs) e con un Ginobili capace sempre di prendere per mano la squadra quando la situazione si fa delicata.
Di più, ai suoi ragazzi Popovic non poteva chiedere. In fondo, qualcuno doveva pur perdere.