I due fuoriclasse di casa Lakers versione retrò…
Mentre la NBA continua con la celebrazione del suo personalissimo e laico rito dei play-off; mentre ai Phoenix Suns tocca il compito di affrontare un altro turno al ritmo di "BEAT L.A.".
Mentre i Campioni del Mondo dei Detroit Pistons si accingono ad asfaltare anche i Cavs di Lebron James (un futuro campionissimo che cede ai Pistons"dove l'ho già vista questa?) e mentre Shaq cerca di mantenere la promessa di portare un anello al sole della Florida ma deve fare i conti con l'età sua e dei compagni oltre che con i Nets, mentre accade tutto questo e molto più, la stagione dei tifosi angelini, sponda Lakers è ormai giunta al termine.
Una stagione fatta dei consueti alti e bassi, una stagione sempre sull'orlo di una crisi di nervi e una stagione anche di record veri, insomma la classica stagione dei Lakers, comunque la si voglia vedere, una delle poche vere squadre simbolo dello sport professionistico a livello planetario.
Capite perciò dal tono vagamente melanconico, come sia giunto il momento dei bilanci, ovvero il tempo nel quale un'avventura finisce e bisogna per forza guardarsi indietro e pesare i pro e i contro delle scelte di un anno.
Orsù, vediamo di non drammatizzare, in fondo si sta parlando degli Holliwoodiani Los Angeles Lakers, la telenovela del parquet, quindi la sola vera domanda che bisogna farsi è: la franchigia in giallo viola ha raggiunto i suoi obiettivi per questa annata 2005/06 o per il secondo anno consecutivo il bicchiere appare mezzo vuoto?
In questi casi la prudenza prevedrebbe una risposta di circostanza, ma gli elementi che ci si trova ad analizzare non sembrano lasciare dubbi: la stagione dei Lakers 2005/06 è stata assolutamente positiva!
Non trionfale, non totalmente convincente, ma positiva.
Insomma, chi fra i tifosi più sfegatati della ex compagine guidata da Magic si sarebbe aspettata di arrivare ad una tripla da un secondo turno contro i Clippers? Per di più con buone possibilità di una finale di conference? (n.d.r. opinione del tutto personale)
Chi avrebbe pensato di poter mettere sotto scacco gli imprevedibili Suns targati Nash - D'Antoni?
Ma soprattutto, qualcuno davvero equilibrato avrebbe davvero visto i Lakers posizionati nel novero delle squadre da titolo ad inizio stagione?
Che la sconfitta in sette gare contro Phoenix scotti è chiaro, ma siamo onesti, per la crescita futura di questa franchigia arrivare oggi ad un traguardo maggiore di quello ottenuto sarebbe stato forse troppo, sarebbe stato fare il passo più lungo della gamba, avrebbe potuto portare a sopravvalutare le proprie capacità (in particolare quelle della seconda parte del roster) invece di prendere atto che questa squadra ha dei precisi limiti e lavorare sul mercato ed in palestra di conseguenza.
Il Dottor Jerry Buss ha fatto due anni fa una scelta precisa e si sa che nella NBA le scelte devono essere pesate almeno nel medio periodo.
Quella scelta in questi sette mesi ha cominciato a restituire dividendi in termine di popolarità , di affluenza di pubblico e di vittorie e questo in una franchigia che per molti aveva dieci dodicesimi del personale a roster di livello CBA, un General Manager generosamente inserito nel novero dei peggiori della lega e una super star tutta da verificare.
Ecco quindi i giudizi sulla stagione, senza un vero ordine di inserimento:
Laron Profit, Slava Medvedenko, Aaron Mckey e Jim Jackson: non pervenuti. Eccoli qua i primi quattro esempi della profondità del roster californiano.
Questi quattro atleti hanno fatto la differenza nei Lakers come Bobo Vieri l'ha fatta nel Monaco. Scherzi a parte (per carità evitiamo le battute a sfondo calcistico, non è il momento, direbbe qualcuno), se per Profit, il clone di Bryant e per Medvedenko la stagione è stata segnata da un bruttissimo infortunio, i due veterani con i quali si vedono accomunati, non hanno inciso particolarmente nei destini dei lacustri.
Certamente Jackson è arrivato quando già la chimica della squadra aveva preso una direzione ben delineata e certamente il ruolo di Mckey sarà stato fondamentale al buio dello spogliatoio, ma agli occhi del tifoso medio, la loro presenza è servita solo a fare numero, nel caso di Medvedenko neppure quello, visto che è stato tagliato per far posto a Jackson.
Von Vafer: chi è costui infine?
Devean George 5: l'ex giovane dei Lakers, l'ex "beneficiato" dei tempi dei Fab Four, oggi è il Laker di livello di gran lunga più vicino a fare le valigie.
Purtroppo per il numero 3 infatti, l'infortunio che lo ha tenuto fuori così a lungo gli ha fatto ritrovare una squadra che non è più sembrata la sua e lo si è visto dal minutaggio che il coach zen gli ha regalato.
Gli sono stati preferiti nel ruolo un po' tutti gli altri numeri 3 (inteso come ruolo) a disposizione, pure qualche numero 2 e 4, perciò forse sarà meglio per tutti che questo atleta vada a cercare una seconda giovinezza in altre franchigie, se nel farlo potesse servire anche da moneta di scambio, avrebbe compiuto solo l'ultimo dei tantissimi servigi resi alla causa made in L.A.
Brian Cook 6 -: finalmente l'equivoco è risolto! Il grande inganno che ha portato il numero 43 ai Lakers come un'ala grande, quest'anno ha trovato soluzione con lo spostamento di questo aggraziato giocatore nel ruolo di arma tattica del tiro da fuori, di guardia anomala, di fruitore di scarichi dal post, insomma tutto tranne un'ala grande.
E' indubbio comunque che l'utilità di Cook in questa stagione sia aumentata di molto, le sue cifre in alcuni momenti dell'anno sono state di tutto rispetto, specie nel tiro dall'arco del tiro da tre e grazie alla guida in campo di Odom, il suo contributo anche in difesa, settore non proprio amatissimo, è stato decisamente superiore all'anno precedente.
Andrew Bynum – da definire: bastano una sportellata con Shaq e alcuni minuti di buona qualità per definire un futuro da star?
La prima scelta di L.A. per il draft 2005 ha dato qualche lampo di speranza ai suoi tecnici e ai suoi tifosi, ma nulla più. Si tratta senza dubbio di un ragazzo intelligente e con etica del lavoro sufficientemente attrezzata per migliorare, la paura che i limiti strutturali mostrati a rimbalzo ed in alcuni movimenti siano difficili da superare.
Chris Mihm 5.5: amaro destino quello del centrone da Texas, arrivato ai Lakers dalla sponda bianco verde del cielo, ovvero i Celtics.
Nella prima parte di stagione, quella nella quale Phil Jackson dava dei "broccoloni" a quasi tutti i suoi lunghi, almeno pubblicamente, il buon Chris si è messo sulle spalle baracca e burattini e ha lavorato il più possibile di gomiti e di testa riuscendo a collezionare, come l'anno precedente delle medie più che accettabili (più di 10 punti e più 6 rimbalzi a partita).
Nel finale di stagione, quando la squadra ha cominciato a trovare un equilibrio, è sembrato che uno dei fattori che hanno portato a questo equilibrio sia stato proprio il suo assentarsi dal campo per due infortuni alla caviglia.
Senza di lui, Jackson ha cominciato a lasciare più briglia al deficitario Brown e ha spostato in pianta stabile Odom nel ruolo preferito di 4 anomalo.
A questo punto è lecito chiedersi quale collocazione verrà trovata questa estate per il numero 31, visto che nessuno sembra essere in trepidante attesa di una nuova versione dei Lakers con il suo nome nello spot di centro titolare.
Ronny Turiaf 6: è bene chiarire che si tratta essenzialmente di un voto di stima.
E' chiaro che la vicenda Turiaf in questa annata 2005/06 ha esulato dal contesto tecnico: il fatto che un giocatore a sei mesi da un operazione di ricostruzione aortica metta a referto un massimo di 10 punti e di 7 rimbalzi non è importante per i numeri.
Quello che conta è che l'uomo sia recuperato e magari che le doti che lo hanno fatto riprendere in tempi rapidi quest'anno, vengano fuori al meglio l'anno venturo e si possa vedere in campo il giocatore che dalle parti di Gonzaga lo hanno fatto definire come una delle migliori ali grandi in prospettiva dell'intero college basket.
Sasha Vujacic 6 +: l'anno da Sophomore dello sloveno di Udine, ha portato in dote un incremento sia nei minuti giocati, sia nelle statistiche.
Coach Jackson gli ha regalato spesso e volentieri l'onore e l'onere di marcare la guardia più pericolosa nei minuti d'impiego fra il secondo ed il terzo quarto delle gare e nonostante la sinistra tendenza a perdere il proprio giocatore sui movimenti verso il centro (ovvero quelli in accelerazione) il numero 18 ha mostrato di avere attributi e faccia tosta.
Il suo problema a tutt'oggi è quello di essere un ibrido, senza grandi istinti da play maker e senza la capacità di vedere il canestro come una valida guardia tiratrice.
Luke Walton 7 - : per la serie dove eravamo rimasti. Dopo l'ottima figura fatta nella finale del 2004, dove era arrivato a svolgere il ruolo di enfant prodige, il figlio del grande Bill, forse per emulare cotanto padre, si è preso un anno di pausa complici infortuni, sotto la vecchia gestione e quest'anno è tornato a mostrare il meglio di sé.
Nelle ultime settimane della stagione si è proiettato nel ruolo di ala titolare e soprattutto nella serie con Phoenix, grazie ad un Bryant insolitamente generoso, ha mostrato numeri più che validi, portando la sua media di punti, tanto per dirne una, da 5 a 12 per sera.
Ma i punti non sono la specialità del prodotto di Arizona: il suo ruolo è quello di passatore, difensore, di organizzatore del gioco e nel sistema di gioco dei Lakers il numero 4 sembra proprio sguazzarci.
Smush Parker 6.5: chi è Smush Parker? Uno dei candidati al titolo di giocatore più migliorato, con doti fisiche notevolissime oppure è il "turnover prossimo ad accadere" come lo ha definito testualmente il coach di New York, Larry Brown?
Certamente il piccolo Smush non è un play classico, ma è la guardia che ai Lakers mancava da almeno due stagioni. Meno riottoso di Atkins, meno egocentrico di Payton (di quest'ultimo ovviamente anche meno forte) ha fatto da fedele scudiero al suo capitano per tutta la stagione, arrivando a delle fiammate di rendimento davvero importanti, ma sciogliendosi impietosamente di fronte al vero banco di prova di gara 7 della serie con Phoenix.
Se il mercato non sancirà un destino diverso, anche l'anno venturo sarà lui il titolare dei Lakers 2007, vedremo se un'altra estate sotto la cura Jackson potrà consacrarlo al ruolo almeno di buon role player.
Kwame Brown 7: è innegabile che nelle ultime settimane i titoli dei giornali fossero tutti per il numero 54: la parabola della sua stagione ha segnato il passo con quella dell'intera squadra.
L'ex prima scelta assoluta ha fatto una fatica del diavolo ad entrare nel ruolo che lo staff voleva per lui, ha conosciuto gli infortuni e la panchina, ma alla fine Kwame Brown potrà portare un ricordo positivo del suo primo anno in casa L.A.
Nell'ultimo mese abbondante di regular season, complice l'uscita per infortunio di Mihm, si è ripreso il ruolo di centro titolare e ha cominciato viaggiare costantemente in zona doppia doppia.
Anche lui ha patito il ritorno dei Suns, ma bisogna ricordare come la sua esperienza play-off sia pressoché nulla e come a questo punto il vero anno della verità per lui, sarà il prossimo.
Lamar Odom 9: per qualche giorno, è sembrato che Lamar Odom dovesse lasciare i Lakers, pedina di chissà quale fanta scambio. Con il senno di poi si può affermare che sarebbe stato un madornale errore.
Un errore perché il numero 7 dei Lakers quest'anno ha giocato da vera star. Le sue cifre alla fine sono di tutto rispetto: 14.8 punti per gara, 9.2 rimbalzi, 5.5 assist e quasi una palla rubata per gara, ma queste cifre non rispecchiano assolutamente l'importanza che Odom ha avuto nel miglioramento dei Lakers.
In un anno, il giocatore da Rhode Island è tornato quello di Miami, meglio addirittura: invece di fermarsi ad aspettare gli scarichi di Bryant ha sempre giocato nel vivo dell'area, ha insegnato pallacanestro a compagni ed avversari ha difesa contro tutte le ali grandi della lega e alla fine è risultato uno dei migliori in un ruolo nel quale di concorrenza ce n'è parecchia.
A gennaio Phil Jackson diceva: "I Lakers hanno già due super star, ci manca solo una terza per essere da titolo." Sul terzo tassello si discuterà in estate, ma sul fatto che Odom sia una superstar ormai nessuno può più discutere.
Kobe Bryant 9 +: che voto dare al miglior marcatore della lega? Al secondo candidato al ruolo di MVP? Ad un giocatore che sta riscrivendo i libri dei record della seconda squadra più titolata della lega?
Che voto dare alla stagione di un giocatore per il quale la domanda più ricorrente è: sarà lui l'unico erede di Michael Jordan?
Qualsiasi voto può essere criticato o smentito, ma dimenticando Jordan (ognuno è grande nel suo tempo, finiamola lì!) ma la stagione di capitan Kobe sarà da ricordare.
Si ricorderanno le sere da egoista, si ricorderanno gli oltre 25 quarantelli, si ricorderanno naturalmente gli 81 punti rifilati ai Raptors, si ricorderanno i 35.4 punti di media, i 5.3 rimbalzi e i 4.5 assist, ma a mio parere si dovrà ricordare molto bene come Bryant una volta arrivato ai play off abbia saputo snaturarsi, coinvolgere i compagni per almeno 5 gare di livello assoluto, salvo poi tornare alle vecchie abitudini in gara 7 per cercare di tappare le falle di un gruppo che non aveva più benzina.
Il titolo di MVP sarebbe stato degnissimo accanto al suo nome, come peraltro lo è vicino al nome di Nash, ma la cosa più importante è che Bryant abbia saputo riemergere con la cocciutaggine del vero campione dopo le prove che il destino e lui stesso gli avevano procurato nei dodici mesi precedenti.
Phil Jackson e lo staff tecnico 12 / 10: lo ha fatto di nuovo. Phil Jackson ha di nuovo sorpreso tutti i suoi detrattori prendendo un gruppo di gran lunga più debole di tutti quelli allenati sino ad oggi in carriera e portandolo ad un passo dall'upset nei play-off.
C'è chi sostiene che Jackson aveva tutto da perdere in questa avventura e chi tutto da guadagnare, dando però a Cesare quel che è di Cesare, bisogna ammettere che i suoi Lakers hanno fatto meglio dei precedenti, che hanno vinto strisce anche di cinque gare, quando i Lakers 2004/05 non riuscivano a metterne due di fila, che i Lakers hanno chiuso alla grande la stagione regolare e soprattutto che il coach zen ha un ottimo gusto nello scegliersi i collaboratori.
Grande merito infatti va dato a quel Kareem che ha lavorato fino alla nausea con i lunghi Lakers (ed i suo percorso con Bynum è solo all'inizio), a Scottie Pippen, al quale sembra sia da dare il merito di aver convinto Odom a trasformarsi in una star, a Craig Hodges per il lavoro con gli esterni e a Brian Shaw che sta continuando l'apprendistato di futuro head coach.
Il rapporto di coach Phil con Bryant sarà sempre complicato, ma nel frattempo i tifosi Lakers hanno riavuto una squadra in grado di dare soddisfazioni.
E' tutto mi sembra.
Adesso arriva l'estate, si parlerà di draft e mercato, ma solo dopo che i play-off avranno emesso il loro verdetto.
Alla prossima, grazie dell'attenzione.