Sacramento libera Adelman

Rick Adelman non c'è più ma anche per Geoff Petrie stanno cambiando le condizioni di lavoro

Nemmeno una settimana dopo l'eliminazione dei Sacramento Kings ad opera dei San Antonio Spurs, Rick Adelman non è più il coach della squadra del North California. Finisce così, dopo otto anni e otto partecipazioni ai playoffs, il matrimonio fra il coach e la franchigia dei fratelli Maloof.

Con Adelman se ne va l'intero staff: T.R. Dunn, Bubba Borrage e naturalmente Pete Carril, che aveva già  espresso abbondanti perplessità  sulle chance di ritornare. "Sono arrivato alla conclusione che andare avanti su questa strada sarebbe stato un errore - ha spiegato ai giornalisti Geoff Petrie - perché noi abbiamo bisogno di guardare al futuro." Nessun dubbio che questa sia la decisione che meno di tutte Petrie, ex compagno di camera di Adelman quando entrambi giocavano a Portland, avrebbe voluto prendere.

Nessun dubbio che in qualche modo ci sia stato costretto. A precisa domanda dei giornalisti, il massimo dirigente delle cose cestistiche dei Kings ha negato; le poche parole dei co-proprietari non hanno però lasciato molti dubbi anche perché è stato subito evidente che dietro al cambiamento c'erano i fratelli Maloof.

Una decisione istantanea La stagione di Sacramento è finita un venerdì sera, alla sesta partita contro i campioni del mondo dei San Antonio Spurs; immediatamente dopo i proprietari della squadra sono volati a Las Vegas. Un breve incontro fra i Maloof e Petrie si sarebbe svolto lunedì pomeriggio prima di una rapida, e non troppo sentita, telefonata fra l'allenatore e Joe Maloof.

Un intero week end per far mente locale, rendersi conto una volta di più del senso di insoddisfazione ormai cronico nei confronti del coach e "forzare" il general manager a rinunciare a lui. "Siamo gente impulsiva - ha commentato Joe Maloof - amiamo prendere decisioni velocemente fidandoci delle nostre sensazioni. Ho parlato con Petrie, ha capito quello che vogliamo fare da ora in poi e non penso abbia problemi in questo senso." Che il grande freddo tra le due parti, con Petrie a fare da unico collante, fosse sceso dopo l'ultima stagione terminata con l'eliminazione al primo turno dei playoffs contro Seattle, era cosa nota.

Di certo i primi mesi della stagione appena terminata non hanno fatto nulla per non alimentare quella sensazione. Tanto che i ben informati sostengono che perfino il general manager, nei momenti più bui, si sia chiesto quanto il gruppo fosse realmente connesso con il coach.
Evidentemente è servito a poco il grande ritorno, il record di 26-14 ottenuto dall'arrivo di Artest, quel 25-11 per chiudere la stagione regolare.

A poco è servito un primo turno di playoffs in cui Sacramento è stata ad un'accettabile difesa d'area di distanza dal mettere davvero in difficoltà  i campioni in carica. Evidentemente i fratelli non hanno tenuto conto neppure del nuovo entusiasmo che scorre in città , di una tifoseria che è passata dai fischi di inizio stagione alle ovazioni ascoltate in occasione delle due vittorie consecutive contro gli Spurs.

Il vento di novità  è stato più forte anche delle parole pronunciate da Ron Artest subito dopo la partita dell'eliminazione: "Tornerei a Sacramento gratis se sapessi di trovare anche nella prossima stagione Bonzi Wells (free agent al termine di questa stagione) in campo e Rick Adelman in panchina."

Le parole del coach "Un misto di emozioni contrastanti": così Geoff Petrie ha descritto l'atteggiamento col quale Adelman ha appreso la decisione che lo riguardava. Dopo otto stagioni, 395 vittorie e 229 sconfitte deve fare un certo effetto sapere che è finito un capitolo della tua vita. "Ho pensato molto in quest'ultimo periodo - ha detto l'ormai ex Kings - e sono giunto alla conclusione che ci fossero molti più motivi per andare avanti che ragioni per troncare il rapporto. E' quello che ho detto al telefono a Joe (Maloof) ma ho avuto la sensazione che la decisione fosse stata presa da tempo."
Qualcosa di simile era già  venuto fuori dalla bocca del coach quando, a pochi giorni dall'inizio della post season, orgogliosamente rivendicava il suo curriculum sulle panchine Nba come la miglior ragione per portare avanti la sua storia nel North California. Il futuro a medio termine non è ancora definito: la moglie Mary Kay aspetta un figlio, all'orizzonte non sembra profilarsi un programma di basket realmente interessante per un uomo del suo calibro.

La vacanza di Adelman potrebbe essere più lunga del previsto. "Unica cosa non dite che sono stato licenziato - ha detto ai giornalisti a conclusione della conferenza stampa - perché semplicemente non mi è stato rinnovato l'accordo che è scaduto." Nel corso dell'ultima serie il coach era sembrato un uomo libero di prendere le decisioni che più gli sembravano appropriate, vivendo il momento della partita, senza lasciarsi condizionare da tutte quelle considerazioni di "geografia umana" che nella Nba spesso contano molto di più di tecnica e tattica.

Il futuro tecnico della squadra
Sulle prime sembrava che un nome, fra i possibili candidati, fosse in pole position:
si tratta di Don Nelson. La prima ragione è semplice e si desume dalle parole che Clide "The Glyde" Drexler aveva speso a favore del suo ex coach: "Dove si trova, fra i coach disponibili, un altro curriculum come quello di Adelman? Quanti allenatori possono dire di essere andati ai playoffs per otto stagioni consecutive?"
"Nellie" quest'ultima affermazione non può farla ma è sicuramente l'uomo che più si avvicina alla figura di allenatore d'esperienza che farebbe al caso dei Kings.

Poi è intervenuto Joe Maloof a raffreddare parzialmente la pista: "Ci piace quell'allenatore - ha spiegato il proprietario - ma noi stiamo cercando un coach che porti mentalità  difensiva."
Al momento Nelson è lautamente pagato da Mark Cuban, sostanzialmente per non fare nulla. Per convincerlo a muoversi dal suo "buen ritiro" sull'isola di Maui difficilmente basterà  una cifra inferiore ai 5 milioni di dollari a stagione. Un investimento che andrebbe comunque valutato. Ma fra i due fratelli e l'ex Mavs ci sono già  interessi in comune a Las Vegas, anche un curioso progetto per una serie di telefilm che coinvolgerebbe anche George Clooney. "Ora come ora - aveva detto Nelson ad una radio di Dallas lo scorso marzo - non penso di tornare; ma non sai mai cosa può succedere." Di sicuro, a settembre scade l'impegno di cui abbiamo parlato con i Mavs. Il coach è free agent per la prossima stagione.

La scelta dell'ex Golden State avrebbe un senso anche perché la squadra sembra molto più forte nel reparto degli esterni, con Bibby, Bonzi Wells, ammesso che rimanga, e Artest, che in front line. E Nelson è il maestro della small ball, i quintetti fatti di esterni per aprire il campo e sfruttare il tiro da tre punti. La decisione comunque non arriverà  in tempi rapidi ed è possibile che le parole di Maloof fossero solo strumentali. Così come la sua ultima dichiarazione: "Non abbiamo ancora sentito nessuno"

Altre opzioni sarebbero PJ Carlesimo, per portare a Sacramento un po' dell'organizzazione e della difensa degli Spurs, e Terry Porter, sempre che non si unisca al coachin' staff di Saunders ai Pistons. Da notare che l'attuale vice allenatore di Popovich agli Spurs sembra avere un conto in sospeso con Adelman: lo ha sostituito a Portland, finita l'era che con Porter e il già  citato Drexler portò a duer finali Nba, e lo ha rimpiazzato anche sulla panchina degli Warriors, per la "misurata gioia" di Latrell Spreewell.

E' facile notare che si tratta di nomi non di grande prestigio, il ruolino di marcia di Carlesimo da head coach non è eccezionale, difficili da presentare a un Artest già  scontento per la rinuncia ad un allenatore che in pochi mesi lo aveva impressionato favorevolmente.

Il vento di novità  Nella sostanza, dopo un anno e mezzo di assenteismo molto criticato, i fratelli Maloof hanno ricominciato a occuparsi in prima persona delle vicende della loro squadra di basket. La cosa in città  sta facendo molto discutere. Secondo i bene informati il cambiamento di intenzioni della coppia di proprietari sarebbe da ascrivere ad una rinnovata aggressività  sul campo del marketing.

Da questo punto di vista le cose continuano a non essere soddisfacenti: la serie di primo turno con San Antonio è stata poco visibile negli Stati Uniti perché la città  del Texas e Sacramento non sono i due mercati più visibili e non offrono molto dal punto di vista delle storie di contorno.

"Abbiamo sempre lasciato prendere le decisioni di basket a Geoff - ha spiegato ancora Joe Maloof dimenticando forse quel che aveva detto dopo la trade per Artest - ma credo che i proprietari debbano essere coinvolti in un cambiamento fondamentale come quello che riguarda l'allenatore."D'altronde proprio i fratelli sono stati i più entusiasti sostenitori del loro ex coach: lo furono nel '99 quando la franchigia smise di essere una delle barzellette d'America per entrare a far parte della cartina delle squadre che contano. Ma otto anni rappresentano un lasso di tempo molto lungo in una lega in cui mediamente un coach ne dura quattro. Chiaro che le voglie di chi ci mette i soldi abbiano un peso importante. Anche se chi è li per fare il lavoro di general manager deve rimanere nella sostanziale condizione di prendere decisioni autonome.

La squadra che verrà  Il primo nodo da sciogliere è il rinnovo del contratto di Bonzi Wells che sta per diventare free agent. Dopo una stagione in parte rovinata dall'infortunio all'inguine e costellata di alti e bassi, l'ex Memphis è uscito come il vero mvp della serie contro gli Spurs.

I suoi 38 punti in gara5 sono il manifesto più evidente di un giocatore che quest'anno ha guadagnato otto milioni di dollari e ne chiederà  almeno 9 rimanere. "Sono un giocatore dei Kings fino a prova contraria - ha detto Bonzi pochi minuti dopo la fine di gara6 - e voglio rimanere. Dipende da loro (i Maloof ndr). Però so che è una decisione di affari e non voglio prendere questa cosa troppo sul lato personale." Quei soldi non sono pochissimi in una squadra in cui i due giocatori più pagati hanno alimentato qualche dubbio di troppo: Mike Bibby è stato poco efficace in difesa. Nell'ultima partita ha concesso 31 punti a Tony Parker.

Il vero problema rimane però trovare sul mercato un cambio credibile per non spremerlo troppo in stagione regolare. Brad Miller ha giocato una serie da 9 punti e 3 rimbalzi di media. Una miseria, anche se la front line degli Spurs non è la migliore per racimolare numeri importanti. Sta di fatto che l'ex Indiana è il perno di un reparto lunghi che, in una prospettiva di breve periodo ad alto livello, concede poche garanzie. Quei cinque canestri da sotto degli esterni nelle fasi calde della decisiva gara5 hanno messo a nudo i problemi di intimidazione sotto canestro della squadra. Atletismo e taglia non sono le caratteristiche migliori nemmeno per Rahim e Thomas.

Qualcosa bisognerebbe fare perché Tim Duncan per ora, e ancora per un po', rimane di un altro pianeta. "Ditemi che giocatori alleno - diceva Adelman a febbraio - e vi dirò com'è la mia difesa"
Col senno di poi Rick ci aveva già  detto come sarebbe finita.

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