Simpatica immagine dell'MVP 2006 con l'amico Dirk
Qualcuno ha appena tirato, la palla colpisce il ferro, ma non entra. I Suns prendono il rimbalzo. In men che non si dica la palla va a finire a un playmaker bianco, canadese, di 1.90 coi capelli sbarazzini e il numero 13 sulle spalle. Corre, e nel frattempo si lecca le punte delle dita in una delle sequenze più cinematografiche degli ultimi anni nella NBA. Uno sguardo da una parte, uno dall'altra. Dribbla un avversario, ne fa fuori un altro, il centro gli si pianta davanti, la difesa disperata cerca di chiuderlo, lui li evita e passa la palla all'uomo libero che segna il tiro da tre. Altre volte il suddetto play si ferma, finta il tiro, elude la difesa del "big man" e segna in un magnifico "fade away" e ogni tanto il tutto finisce in uno spettacolare "alley-oop". Alcune volte addirittura, si alza dalla linea da tre per segnare una tripla che inorridisce i discepoli del "play-the-right-way". Quando è il compagno a segnare, il numero 13 va a dargli un "cinque" o altre volte, quando il gioco si fa duro, lo abbraccia e lo incoraggia. Se il compagno sbaglia, fa esattamente lo stesso, lo sprona e lo consola.
È tutta qui la magia del Basket di Steve Nash. A guardarlo, vestito da cittadino normale, nessuno direbbe che è un "pro". Non è molto alto, fisicamente non è eccezionale. Probabilmente gioca nel tempo libero, si potrebbe pensare. Se lo pensate anche voi, non pensiate di essere gli unici. Questo giocatore fu ignorato (la maggior parte nemmeno si scomodò a rispondere alle sue richieste) da tutte le università americane a parte Santa Clara, una delle più sconosciute. Dimenticavo, è Canadese. Sicuri non giochi ad Hockey? Sicurissimi (anche se ogni tanto gioca a calcio e da giovane ha praticato anche il football). Gioca a Basket. Ed è stato appena nominato per la seconda volta MVP della NBA, quella che molti definiscono come la miglior lega del mondo e non solo di Basket.
Per capire quanto questa scelta sia di un'importanza storica indicibile basta forse fare una lista degli altri giocatori che hanno vinto due "Maurice Podoloff Trophy" consecutivamente: Bill Russel, Wilt Chamberlain, Kareem Abdul-Jabbar, Moses Malone, Larry Bird, Magic Johnson, Michael Jordan, Tim Duncan.
"Non so te Steve - diceva il suo allenatore Mike D'Antoni durante la conferenza stampa nella quale ha ricevuto il premio - ma guardando quella lista, beh, mi spavento". Nash invece era troppo incredulo anche solo per guardare quella lista: "Devo darmi pizzicotti - diceva sorridente ma sempre un po' timido - non riesco davvero a crederci. L'anno scorso era già stato incredibile. Ma ripeterlo…semplicemente non so cosa dire".
Ed ha svariati motivi per non crederci. Come avete visto è soltanto la terza guardia della storia a vincere due premi in stagioni consecutive e il primo straniero a farlo. Tutto ciò praticamente significa "Hall of Fame", entrare a far parte dell'olimpo del Basket, riservato solo a coloro che hanno fatto storia e Nash, che ci creda o no, l'ha già fatta storia. Chi l'avrebbe mai detto che quel ragazzo che si allenava vicino a Vancouver, tirando centinaia di tiri ogni giorno anche sotto la pioggia, sarebbe arrivato così in alto? Pochi davvero, forse nessuno ci credeva davvero. Sembra che lo scetticismo sia qualcosa con cui Nash abbia dovuto convivere tutta la vita e proprio ora che è entrato nella storia, non riesce comunque a toglierselo di dosso.
Molti infatti dubitano della legittimità di questa vittoria, per questo cercheremo di spiegare perché l'ha vinto di nuovo. Dal punto di vista individuale, il play canadese è riuscito a migliorare la scorsa stagione, qualcosa che nessuno credeva possibile: 18.8 punti, 4.2 rimbalzi (entrambi massimi in carriera) e 10.5 Assist, solo un punto inferiore all'anno precedente e comunque il migliore della lega. Inoltre è stato il quarto giocatore, dopo Mark Price, Reggie Miller e lo stesso "celtic", a conseguire la famosa "Larry Bird Trifecta", ovvero finire la stagione con almeno 50% nei tiri dal campo, 40% nei tiri da tre e 90% nei tiri liberi.
Nel caso non bastassero le sue statistiche individuali, forse dovremmo puntualizzare un paio di cose. I Suns al "training camp" di quest'anno, dopo la fantastica stagione scorsa, si sono presentati senza Joe Johnson, Quentin Richardson e Amaré Stoudemire, ovvero tre quinti della "starting lineup". Gli unici superstiti erano Marion, Jimmy Jackson (presto escluso dalla rotazione) e Barbosa (un panchinaro fisso l'anno prima). Insomma una squadra tutta da rifare e senza un giocatore fondamentale come Stoudemire. Per molti, era la fine dei grandi Suns, per molti Nash non avrebbe nemmeno raggiunti i playoff senza il suo miglior alleato, quel giovane con cui formava un duetto eccezionale, tanto che Gregg Popovich li aveva comparati alla storica coppia Stockton-Malone. La realtà , è sotto gli occhi di tutti: 54 vittorie, semifinali di conference (per ora…) e sei giocatori che registrano massimi in carriera nella categoria "punti per partita". Il tutto nonostante una stagione piena di infortuni a giocatori chiave come Kurt Thomas, Leandro Barbosa e James Jones.
Insomma, Nash è il leader di una squadra che molti davano per spacciata e che invece può arrivare alle finali di Conference giocando con un centro che fino a poco tempo fa era un fallito e non supera i 2,05, con un Marion che prima era considerato buono solo a correre e saltare e con altri scarti delle lega come House o Tim Thomas. È Nash che ha reso Diaw e Barbosa due fenomeni, è Nash che ha portato Shawn Marion a due All-Star consecutivi e gli ha permesso addirittura di pensare all'MVP, è Nash che ha salvato la carriera di Tim Thomas e gli permetterà di strappare un altro grande contratto quest'estate, è Nash che fa credere a tutti i suoi compagni che possono essere dei grandi giocatori, è lui che organizza cene e pranzi durante le trasferte per creare un ambiente che forse non c'è in nessuna squadra in tutta la NBA.
Per questo e per tutto ciò che abbiamo detto Nash merita l'MVP. Perché è l'allegria del Basket. Perché trasmette quell'allegria ogni volta che va su e giຠper il campo a tutti quelli che lo stanno guardando, sugli spalti e sul divano di casa loro. Ma soprattutto, perché quell'allegria la trasmette ai suoi compagni, che col piccolo grande canadese al loro fianco si credono capaci di qualsiasi cosa. Al di là dei numeri è per questa ragione che Nash è un giocatore unico e solo i giocatori unici sono capaci di vincere due MVP consecutivi e scrivere il loro nome nella storia del Basket.