Boston esulta: Doug Mirabelli è tornato!
Aveva continuato a guardare le partite dei ''suoi'' Red Sox, anche contro il consiglio di amici e parenti, anche se viveva e giocava dall'altra parte dell'America.
Era stato scambiato perchè Boston aveva bisogno di un seconda base e lui, catcher di riserva, faceva proprio al caso. Avrebbe giocato di più, punito i lanciatori mancini della National League, insegnato ai giovani hurlers dei Padres come si vincono le Serie Mondiali, portato insomma un'attitudine ancor più vincente a San Diego, già campione della NL West 2005. Il general manager Kevin Towers aveva accolto, all'inizio di dicembre, le richieste del front office di Boston (ancora/momentaneamente orfano del GM Theo Epstein) e aveva spedito Mark Loretta (.335-16-76 nel 2004 e .280-3-38 con soli 6 errori nel 2005) ai Red Sox per il massiccio ricevitore Doug Mirabelli. Business è appunto business. Mirabelli doveva e poteva solo accettare.
Poi i Padres però avevano firmato Mike Piazza, un altro ricevitore, anzi IL RICEVITORE. Una storia di catchers e di italiani, insomma.
E con questa firma la posizione di possibile titolare per Mirabelli diventava un pochino più un miraggio, ma quantomeno San Diego si stava rivelando davvero una bella città . La conosceva già , in virtù di tutte quelle sfide della West Coast, avendo militato nei Giants di San Francisco, rivali divisionali dei Padres. La moglie e le due figlie si erano abituate subito, soprattutto al clima, al mite inverno, specie se confrontato con le orribili ghiacciate del New England, con le tempeste di neve e di freddo.
Passato l'inverno ed iniziato lo Spring Training erano però cominciati i problemi, non tanto per Doug quanto per John Flaherty. Ma chi è John Flaherty?
Ex prospetto dei Red Sox, journeyman di tante battaglie dietro al piatto ed infine ex-Yankee, era stato invitato a Fort Myers, Florida (sede primaverile della franchigia bostoniana) proprio dal riapparso GM Epstein insieme ad altri due ricevitori (Josh Bard e Ken Huckaby) per cercare di sostituire Mirabelli.
Beh, che difficile sostituzione? Direbbero ironicamente in molti: catcher di riserva?
Giochi una volta alla settimana, quando il titolare ha bisogno di un giorno di riposo o quando il lanciatore avversario, nel passato, ti ha concesso doppi e fuoricampo troppo spesso. Rischi di avere addirittura delle belle statistiche.
Ma c'è un ma, anzi c'è un Timmy. Timmy è nientemeno che Tim Wakefield, IL KNUCKLEBALLER, colui che lancia con le nocche. Lancia una pallina che fluttua nell'aria, che fisicamente fa qualcosa di ridicolo, che deforma lo swing, che incasina i battitori, che altera le annate, che interferisce sulle carriere. Per farla breve: Flaherty si è ritirato dopo BEN due giorni di futili tentativi di ricevere la knuckleball, Huckaby si è infortunato e Bard…a Bard arriviamo presto.
Ma che cos'ha di speciale o di terribile questa "palla farfalla", questa flutterball?
''Someone's swing can get messed up for a week,” dice il coach di terza base degli Yankees Larry Bowa.
Se la palla fluttua come deve (ed in questi anni lo ha fatto molto spesso) Wakefield diventa difficile da colpire. Battitore dopo battitore. Inning dopo inning. Tutti a girare a vuoto e tutti a mettere su dei bei rotondi zero sul tabellone. Il problema è che se la palla volteggia alla grande ed il battitore gira la mazza tentando di colpire la farfalla mancandola il ricevitore DEVE invece agguantarla, altrimenti succede il disastro. Gli strikeout diventano palle mancate, gli out si trasformano in ''prima base gratis'' ed i corridori divorano base dopo base fino a segnare facili punti mentre il catcher annaspa nella terra rossa da qualche parte vicino al pubblico. La fiducia del lanciatore viene meno e avanti di questo passo.
Wakefield vive di knuckleball. Può lanciare 100 lanci oggi ed altri 50 domani, la knuckle si lancia lentamente e Wakes raramente vi infila una curva o una veloce tanto per rompere il ritmo, ma regolarmente il 90-95% dei suoi lanci sono knuckleballs. E il braccio non si stanca come se dovesse lanciare veloci a 95 mph. Il compito del catcher è di chiamarle, potrebbe farlo anche a voce, ma soprattutto di riceverle, di prenderle. E Bard ne prendeva, ma ne perdeva anche e dopo 5 partite di regular season era in linea per battere tutti i record di palle mancate esistenti da qui alle lune di Saturno.
''I feel horrible about what happened to Josh,” dichiara Tim Wakefield ''I know how much effort Josh put into the job while he was here.” E gli crediamo totalmente per quello che sappiamo di Wakes e del suo modo di vedere la vita.
I Red Sox non potevano aspettare ancora. E c'erano gli Yankees che stavano arrivando in città . Come lupi affamati sulle basi a correre e sfruttare ogni pallina mancata. Wakefield allineato ad un vero disastro, Bard a rischiare la figuraccia del secolo. E Theo ha dovuto agire.
E perchè proprio Mirabelli? Perchè Mirabelli era stato il ricevitore personale di Wakes per gli ultimi tre anni e mezzo. Con lui aveva vinto le Serie Mondiali e calcato i diamanti di mezza America. Una coppia affiatata.
Come scrive Bob Ryan il rapporto tra il ricevitore ed il suo knuckleballer è forse paragonabile solo a quello che c'è tra il kicker e l'holder nel football. Fiducia, conoscenza profonda, affidabilità , senso del tempo e dello spazio.
Anche altri lanciatori hanno i loro ricevitori personali: per anni Greg Maddux volle Eddie Perez dietro al piatto e non il titolare Javy Lopez ad Atlanta; l'attuale telecronista Tim McCarver divenne partner fisso del grande Steve Carlton a Philadelphia e l'anno scorso Randy Johnson rifiutò Jorge Posada, con il quale la sua ERA volava oltre 5.00, per tenersi proprio Flaherty. Ma nessuna di queste coppie avvicina il feeling che si è stabilito in questi anni tra Mirabelli e Wakefield. Doug e Wakes sono la coppia. Solo Mirabelli sa cosa dire a Wakes quando la knuckle finisce in zona ball troppo frequentemente e il controllo finisce south. Infatti ci chiediamo proprio: ma cosa gli dirà ?
Spesso, qualsiasi cosa gli dica, la knuckle sembra funzionare di nuovo ed il prossimo battitore gira goffamente al terzo strike.
''He is special,” Bowa aggiunge, riguardo a Mirabelli. ''You can see that. It has to improve Wakefield's confidence.”
E così la mattina del primo maggio il ''May Day'' (di nome e di fatto) lanciato da Red Sox Nation viene accolto. Non si può continuare con Bard dietro al piatto, serve un ritorno. Il ritorno di Mirabelli. Bard ed il prospetto Cla Meredith portano loro stessi ed una valigia con $100,000 (oppure li raggiungerà un altro giovane prospetto) a San Diego e Mirabelli prende su armi e bagagli, gambe in spalla e ritorna a Boston. Un'apparente interferenza degli Yankees nello scambio non ottiene apprezzabili risultati. Doug finisce nuovamente ai Red Sox, meno di 5 mesi dopo la sua partenza.
Ed il primo maggio duemilasei diverrà per sempre il Mirabelli Day.
Diventa il giorno di Mirabelli perchè Doug è a 3000 miglia da Boston alle nove del mattino (ormai mezzogiorno sulla costa orientale) e deve essere dietro al piatto nella città del famoso Tea Party per l'ora di cena. Non per mangiare, ma per ricevere le knuckle di Wakefield.
E allora bisogna organizzarsi. E quando si dice… ''solo in America poteva succedere''…davvero questa volta poteva succedere solo là e solo nel baseball poteva avvenire un'avventura del genere. Ed è una di quelle storie che FANNO LA STORIA di questo sport meraviglioso che interferisce nella vita quotidiana delle persone come nessun altro.
Cronaca pura.
Alle 8.30 ora del Pacifico (11.30 di Boston) il GM Towers telefona a Doug. E lui capisce subito, già dal numero che appare sul display del cellulare. Il GM non chiama alle 8.30 del mattino per chiedere che cereali hai scelto per colazione!
Immediatamente la domanda: dove? New York? Agli odiati Yankees? No? No! Allora…davvero? Certamente! Back to Boston!
''I was excited.” dice Mirabelli
Raccoglie un po' di vestiti. Saluta la moglie e le figlie. Salta su un aereo privato, lui e i due piloti. Parte dall'aeroporto di San Diego alle 10.30. L'aereo vola sopra le Montagne Rocciose, sopra le pianure, sopra la Corn Belt, sopra il Missouri, l'Illinois, l'Indiana, l'Ohio. Poi la Pennsylvania, lo stato di New York e si avvicina al Logan Airport, Boston. Oramai sono le 18.30, mancano 40 minuti alla partita.
''I'm looking at my watch, saying, 'Man, this is not going to work,' “ dice Mirabelli ''I had a feeling there was no way I was going to get from the airport here, dressed and all that, in time to make the game.”
Jason Varitek, il capitano, catcher titolare, inizia a prepararsi negli spogliatoi di Fenway Park, il suo nome viene scritto da Terry Francona nel lineup per la partita. Tek non vuole ricevere Wakes, davvero la cosa non lo attrae. E proprio contro gli Yankees.
L'aereo con a bordo Mirabelli atterra alle 18.48 ora EST. Sul tarmac della pista c'è un'auto della polizia (un SUV per l'esattezza) con il sergente David O'Leary (uno delle F Troop affittato a suon di dollari dai Red Sox per quel pomeriggio, no taxpayers dollars here, se qualcuno dubitasse!). Il sergente, passato per Fenway a raccogliere la divisa per Mirabelli verso le 17.00, fa salire Doug sull'auto, accende le sirene, infrange qualche decina di regole del codice stradale (ma la polizia può, vero?) e all'angolo tra Ipswich e Boylston Street telefona (al cellulare, guidando!): "Jack, ci siamo!" Jack è Jack McCormack, traveling secretary dei Red Sox.
L'auto gira a destra su Yawkey Way, poi Van Ness Street, e consegna il passeggero al parcheggio giocatori dello stadio, vicino all'entrata, ma proprio vicino (penso che se avessero potuto gli avrebbero fatto fermare l'auto direttamente dietro il piatto) alle 19.00 in punto.
''I knew, since they were flying me across country, that they wanted me here as fast as possible. I told Theo [Epstein] after I got traded, 'If I can make it on time, I'll play.' “
As fast as possible. Più veloce possibile.
E la divisa? Indossata nel sedile posteriore della macchina.
Mirabelli scende dall'auto, senza scarpe, solo con i fiammanti calzetti rossi (o calzette per come le chiamano gli amici lombardi).
"Shoeless" Doug Mirabelli.
Arrivano le scarpe di Dustan Mohr.
Sono le 19.09, ora di inizio ufficiale della gara e Mirabelli corre in campo.
Ovazione della folla.
Wakefield è già sul monte.
Otto lanci di riscaldamento e l'arbitro grida: "Play Ball!"
Scusami?
Otto lanci di riscaldamento?
Per un ricevitore?
Per prendere la knuckleball?
Dopo aver attraversato il continente?
Mirabelli ne manca due di quegli otto lanci!
Crederò, cavoli!
Ore 19.13: inizia la partita.
E la conchiglia? Ehm, al suo posto solo dal secondo inning.
Rischiare i gioielli per battere gli Yankees.
''There couldn't have been more pressure on me at that moment,” ha detto Mirabelli. ''You've got a Yankees series, you trade a guy to get me back because I'm supposedly the guy that can catch the knuckleball, and there's a lot of pressure out there. If I go out there and start boxing balls, I'm going to hear about it from the fans. From everybody."
Una telefonata.
Voli tutto il giorno.
Auto della polizia.
Ti cambi sul sedile, mentre le sirene impazzano.
Arrivi allo stadio.
Metti le scarpe.
A 60 piedi e 6 pollici c'è Wakefield.
Al piatto c'è Johnny Damon.
Oh! Già sei tornato, ma con chi giochi?
Oh! Certo con gli Yankees.
Ah! Giochiamo con gli Yankees oggi.
Oh! Tutto esaurito.
Oh! Se non le prendo oggi…
''I don't think I've ever been that nervous for a ballgame ever in my career,” ha detto Mirabelli, che, 34enne, è uno dei ragazzi più tranquilli che si possano incontrare.
E poi qualcuno scrive anche le storie per i film.
''Very strange night,” ha detto Wakefield. ''I probably have never seen this in my whole life. Guy gets out of a cab dressed in uni, puts his gear on, and goes right into the game. Phenomenal job.”
E Doug riceve tutto, ma proprio tutto.
Zero palle mancate.
Anche Timmy sembra lanciare meglio.
Risultato finale: Red Sox 7, Yankees 3, anche grazie alla bomba di Big Papi, ma soprattutto grazie a 7 inning favolosi di Wakefield ed al "job behind the plate" di Mirabelli.
E alla domanda punzecchiante di un giornalista: "Doug, ti sei mai fatto un giro in una macchina della polizia?"
Mirabelli ha sardonicamente risposto: "Questa è stata la prima volta da nudo."
Tutto per la knuckleball.
E domani un'altra serata interessante.
Giù nel Bronx.
Senza polizia però.
Con Wakefield e gli Yankees.