Gary lingua lunga

Miami s'è sbarazzata dei Bulls ma Gary Payton continua a faticare nel ruolo del veterano di qualità 

"Ma cosa vuole questo Payton? In un mondo perfetto sarebbe già  stato costretto ad andarsene su una carretta del mare così velocemente da non riuscire nemmeno ad augurargli buon viaggio; è troppo vecchio, lento e non sa tirare. Payton dovrebbe solo stare zitto perché non vale la pena d'averlo con tutti i problemi che porta." Dave Hyde, al contrario del suo cognome, non si nasconde per commentare sul Sun Sentinel l'ultima bravata dell'ex guanto di Seattle.

L'abbiamo vista tutti, complice la diretta televisiva "urbi et orbi" di domenica scorsa:
Wade che scarica nelle stringhe del suo compagno, il diverbio visibilissimo e non certo tenero fra i due. Poi, una volta tornati in panchina per il time out, la seconda puntata, Pat Riley che non riesce a parlare, fino a quel mezzo "ruggito" di Walker e alle due paroline di O'Neal: "Finitela!", più rivolto a Gary che a Dwyane.

Molti osservatori Nba, soprattutto quelli che già  da settembre parlavano di un gruppo con troppe teste matte, hanno preso quel frangente come il segnale di tutto quel che c'è sotto: altri hanno provato a tirar acqua al loro mulino. "Penso che questi atteggiamenti siano un vantaggio per noi - ha dichiarato Chris Duhon dopo gara4 - anche se sono una squadra molto esperta e quindi non possono certo lasciarsi condizionare più di tanto da queste cose."

E' passato qualche giorno, nel frattempo gli Heat si son tirati fuori dalle sabbie mobili di una serie che si stava complicando; ne è bastata una dominante di Shaq in trasferta perché cambiasse l'equazione. Ciò non toglie che molte delle fortune di Miami, non lo si scrive per la prima volta, dipenderanno dalle lune del supportin' cast voluto da Pat Riley.

Di questo supportin' cast l'ex playmaner di Seattle non è sicuramente il più bravo ad apparire simpatico; gli Heat però gli chiedono di essere efficace in una posizione cruciale per i destini della squadra. All'orizzonte, sempre che le cose vadano come tutti si aspettano in rosso nero, ci sono Kidd, Billups.

Al diciannovesimo anno della sua carriera da professionista il playmaker di Oakland sta cercando di fare quel che molti campioni hanno fatto prima di lui; reduce da un passato da uomo franchigia per i Sonics, Gary deve provare a vincere il titolo da uomo di complemento. "Gary - ha spiegato recentemente George Karl, suo ex allenatore degli anni migliori nello stato di Washington e per un breve frangente meno fortunato ai Bucks - non gioca per le statistiche ma per la squadra. A volte magari è un po' arrogante e può dar l'idea di essere difficile da gestire. Ma credo che sia uno dei giocatori più vincenti degli ultimi 10 anni."

I casi della vita hanno voluto che nel periodo migliore della sua carriera Payton sia stato un vincente votato alle cause perse: c'erano Stockton e Malone nella Western Conference. Ci sarebbe comunque stato Michael Jordan come nel '96, anno della finale Nba. Il picco di questa situazione si raggiunse nel '98 con i Sonics impegnati in gara4 al Forum contro i rampanti Lakers di Shaq O'Neal e Nick Van Exel: Payton gioca una partita fantastica da 30 punti, la impreziosisce con una tripla da 9 metri, allo scadere di "un 24 secondi", che è il manifesto programmatico della sua faccia da playground. Eppure la sua squadra non regge l'onda d'urto di Shaq O'Neal e dei suoi 39 punti in faccia a Jim Mc Ilvaine e Sam Perkins.

L'abito che Payton indossa attualmente viene dalla sua prima e unica stagione a Los Angeles: ruolo da play di riferimento. Perché nel frattempo i 37 anni gli hanno tolto il ruolo da titolare. La situazione è la stessa di due anni fa: un pivot dominante da servire con continuità , una guardia tiratrice efficace con la palla in mano. Per Payton rimangono le briciole in un team che deve concedere spazio offensivo anche ad Antoine Walker.

Il giocatore, non da adesso, appare in difficoltà . "Gary - continua Karl - ha bisogno dei suoi spazi offensivi e di giocare a ritmo alto. A Los Angeles non si è trovato con gli schemi di Phil Jackson, non è riuscito a ritagliarsi un ruolo. Perché non ha avuto abbastanza la palla fra le mani." Un appunto che forse Riley avrebbe dovuto considerare prima di fare le sue scelte.

Il 5 novembre Miami perde a Milwakee e Payton sbotta contro quel che ben presto diventerà  il suo ex allenatore: "Qui mi chiedono determinate cose - dichiarò ai giornalisti facendo tra l'altro capire di non essere del tutto convinto d'essere la riserva di Jason Williams - e io eseguo, ma c'erano alcuni mismatch che non abbiamo sfruttato." La visione individualistica del basket di un giocatore che pensa ancora come se fosse nel "prime" della sua carriera: Payton quella sera avrebbe voluto andare in post basso e attaccare TJ Ford, perché quelle sono le sue caratteristiche.

Peccato che agli Heat le priorità  siano altre.
Peccare di superbia è abbastanza comune nella Nba, il problema è farlo quando sostanzialmente non si da quello che il coach vorrebbe da te: difesa, Kirk Hinrich ha chiuso con 23 punti una serie in cui spesso i Bulls hanno scelto di attaccare con l'uomo di GP, e tiri piazzati.

"Non è un grandissimo tiratore ma tende a segnare i tiri importanti - continua Karl sul suo ex playmaker - in difesa quando è concentrato può ancora fare un ottimo lavoro sulla palla."
Sappiamo tutti che non è vero; perlomeno non più. Il Payton migliore in questo fondamentale lo abbiamo lasciato alla serie di primo turno con gli Utah Jazz del 2000; una delle tante cause perdenti che non gli si possono imputare. Le gambe, ma sarebbe strano il contrario visti i suoi 37 anni, non gli consentono più di mettere grande pressione sull'avversario. Il suo modo di passare sui blocchi poi è sospetto, anche senza tirare in ballo la sua concentrazione.

Eppure Payton sarà  comunque importante per la squadra; è destino dei giocatori come lui. Se le cose andranno male, sarà  uno dei simboli per la disfatta. Al momento è difficile immaginare che possano andare bene senza che da lui arrivi un contributo perlomeno accettabile. Nella classifica dei campioni assoluti che han dovuto riciclarsi in giocatori di ruolo per essere importanti a fine carriera, al momento l'ex Lakers non è ai piani alti.

Ma lo sport è solo attualità . Sotto con Jason Kidd, la vera rivincita non è farsi che Hyde si rimangi quel che ha scritto: c'è un titolo da vincere.

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