Gilbert Arenas è stato uno dei giocatori più eccitanti della stagione NBA!
Siamo ormai vicini alla fine della regular season NBA e tirare le somme, almeno parziali, delle stagioni delle varie squadre comincia ad avere un senso. E allora, cosa dire degli Washington Wizards?
La risposta che istintivamente viene è, per una volta, anche la più corretta: positiva, senza dubbio.
E' infatti d'obbligo ammettere che, dopo la partenza verso Cleveland di Larry Hughes, uno dei componenti di quello che era stato ribattezzato il nuovo Big Three della NBA (prendendo l'eredità che fu di Cassell, Allen e Big Dog Robinson), i Wizards erano guardati con sospetto dagli addetti ai lavori. Con Hughes se ne andava non solo il secondo miglior giocatore della squadra, ma anche il miglior difensore del quintetto: il fatto che la sua dipartita fosse avvenuta in direzione Cleveland, e quindi verso una diretta concorrente (per di più fuori dai playoff lo scorso anno), aveva poi contribuito ad instillare dubbi sul fatto che la squadra guidata da Eddie Jordan potesse ripetere il campionato precedente.
La stagione 2004/05 aveva infatti salutato il ritorno alla post-season della squadra della capitale (che vi mancava dal '92, quando ancora c'era Chris Webber") ed il passaggio del primo turno, in rimonta, contro Chicago, prima di essere spazzata via dagli Heat di Shaq & Wade.
E invece? E invece Washington è ormai sicura della conquista dei playoff, ed appare ben salda al quinto posto delle Eastern Conference, con ancora una chance, seppur remota, di garantirsi il fattore campo nel primo turno. Per di più, questi playoff li vedranno molto probabilmente impegnati contro i Cavs di Lebron (e del fuggitivo Hughes), ora quarti, che sarebbero favoriti sì, ma non in maniera schiacciante: i presupposti per ripetere la stagione, ottima, dello scorso anno a ben guardare ci sono.
Ma come hanno fatto i Wizards a smentire ogni scetticismo? Semplice: con "the world most famous Arenas", per parafrasare la celebre definizione del Madison Square Garden ed applicarla allo straordinario Gilbert.
La guardia ex-Arizona ha trovato il modo per non far troppo rimpiangere Hughes, aumentando ancor di più la sua, già straordinaria, produzione: il ragazzo al momento viaggia infatti a 29 (V-E-N-T-I-N-O-V-E!!!!) punti di media a partita, a cui aggiunge 6 assist, 3,4 rimbalzi e 1,9 recuperi, il tutto tirando con quasi il 45% dal campo, il 36% da tre punti e l'83% dalla lunetta: numeri che parlano chiaro, e tratteggiano i contorni di una vera superstar, per di più ancora giovane (24 anni") e con ulteriori margini di crescita.
Non c'è che dire, niente male per una seconda scelta: l'ex vicecampione Ncaa (e fu probabilmente il suo infortunio, che lo costrinse ad una finale da comprimario, a spianare la strada verso quel titolo ai Blue Devils di Shane Battier, Jay Williams, Carlos Boozer, Chris Duhon e Mike Dunleavy) dovette infatti guadagnarsi un contratto garantito al training camp, dopo essere stato ignorato da tutti al draft fino alla 31esima scelta.
A posteriori, questo la dice lunga sull'imprevedibilità del draft NBA: Gilbert venne scelto dopo i vari Raul Lopez ("), Brendan Armstrong, Jeryl Sasser, Joe Forte (!), Micheal Bradley, Kirk Haston, Steven Hunter, Rodney White etc e, per di più, in un draft che è considerato tra i peggiori degli ultimi anni. E forse non tutti sanno che Gilbert (polemico già di suo") indossa il numero zero proprio in "onore" dei suoi detrattori, che tale valore, almeno a suo dire, gli assegnavano a quei tempi.
Ora, in tutta onestà , Arenas è un ragazzo un po' particolare e, come molti dei suoi colleghi, ha una certa tendenza all'autoesaltazione: detto questo, se c'è un giocatore che si è dovuto davvero conquistare il rispetto che merita, questo è lui.
Ed il guaio è che non sembra finita: nessuno nell'NBA sa spiegare la sua esclusione dall'All Star Game di quest'anno, dove certamente meritava di essere convocato e dove, grazie ad un provvidenziale infortunio di Jermaine O'Neal, il grande capo Stern lo ha subito invitato.
Tecnicamente, Gilbert è immarcabile: gioca da playmaker, ma è una combo-guard capace di agire anche in guardia (cosa che fa abbastanza spesso, al fianco di Antonio Daniels), sa passare la palla, è velocissimo, sa segnare col contatto e quest'anno ha anche partecipato alla gara del tiro da 3 punti. In pratica è l'arma totale.
Al di là di questo però nessuno ormai mette più in dubbio le doti di leader di Gilbert: è maturato ed è un uomo franchigia a tutti gli effetti, e questa è la vera grande novità .
Insieme a lui, l'altra guida della squadra è Antawn Jamison: l'ex North Carolina è l'altro reduce del Big Three, ed assicura alla squadra un'opzione in post basso più che credibile, seppur atipica, viste le sue tendenze da esterno. Jamison però non si discute, soprattutto in attacco ed in particolare nel panorama della Eastern Conference, dove è una delle migliori ali grandi in assoluto: i 20,6 punti e 7,5 rimbalzi ad allacciata di scarpe sono lì a dimostrarlo.
L'altra nota lieta della squadra è Caron Butler, l'ala piccola arrivata dai Lakers per prendere il posto di Larry Hughes: l'acquisto di Butler, che è anche buon difensore, si è rivelato importantissimo per Washington, a cui ha portato 17,6 punti a partita, intensità e rimbalzi (ben 6 a sera), il tutto in cambio del deludentissimo Kwame Brown, che, anche alla luce delle prestazioni in quel di Los Angeles, nessuno rimpiange.
In sostanza, un bel modo, per la dirigenza, di voltare pagina dopo una scelta poco fortunata, ottenendo in cambio un titolare di spessore. E' peraltro divertente pensare che fu proprio nell'anno di Kwame prima scelta assoluta che Arenas venne snobbato fino al secondo giro"
Fin qui le note liete: ma allora tutto bene? Beh, tutto tutto no.
Il problema principale, per una squadra che è terza nella Lega per produzione offensiva (alle spalle di Phoenix e Seattle), è ovviamente la difesa: qui nascono, e probabilmente finiscono, i problemi di questa squadra.
Dei primi 8 giocatori della rotazione (Arenas, Butler, Jamison, Haywood, Daniels, Hayes, Thomas e Jeffries) solo Haywood e Daniels sono giocatori con spiccate doti difensive: inoltre, mentre Daniels dopo un brutto inizio si è pian piano ripreso giustificando il ruolo, importante, che gli era stato assegnato nella rotazione dopo l'ottima stagione ai Sonics, Haywood ha francamente deluso le attese.
Dopo una bella stagione scorsa da 9,4 punti e 6,8 rimbalzi, ci si aspettava da lui la definitiva consacrazione: invece Brendan, che doveva essere l'uomo su cui fondare una difesa più solida della precedente, sta producendo solo 7,4 punti e 5,9 rimbalzi, ma, soprattutto, sta avendo un impatto limitato. Anche da Jeffreis ci si aspettava una crescita che invece non c'è stata, mentre Hayes sta facendo il suo pur senza entusiasmare.
Come si vede, le maggiori preoccupazioni, per l'ottimo coach Eddie Jordan, sono quelli riguardanti lo sviluppo futuro della squadra: mentre si è assorbito senza traumi eccessivi il divorzio da Hughes, i giovani (molti) su cui i Wizards puntano per un ulteriore salto di qualità sembrano essersi arenati (") ad un livello di tranquilla mediocrità .
E' chiaro che, con queste premesse, è difficile pensare a qualcosa di più di una qualificazione ai playoff, con possibilità di upset al primo turno: con questo Gilbert in squadra non si sa mai, ma solamente fino ad un certo punto.
Però"però è sempre giusto considerare anche il contesto in cui si svolge una situazione: mentre in altre piazze (Lakers, Boston, New York etc) una squadra buona, ma senza possibilità di anello come sono questi Wizards, non è facilmente digeribile per tifosi e stampa, per la piazza di Washington questi ultimi due campionati rappresentano anni di splendore, rispetto ad un recente passato fatto di delusioni e noia (eccetto la parentesi, se non altro interessante, firmata MJ).
Oggi i tifosi possono comunque andare al palazzo e trovare una squadra vincente, con tanti giovani tutt'ora di buone speranze e guidata da una delle stelle più splendenti del firmamento NBA, oltre che una tra le più divertenti da guardare in assoluto: per chi non aveva mai visto i Wizards fare la post-season (l'ultima volta si chiamavano ancora Bullets"), non è poco.