Rick Adelman in queste ultime gare si giocherà molto più che l'ottavo posto per i playoffs
Tante cose sono successe in questi cinque mesi; e molte ne succederanno da qui a breve visto che i Kings stanno per fronteggiare l'ultimo gran premio della montagna della loro stagione regolare. Tre trasferte consecutive a Dallas, San Antonio e Los Angeles, sponda Clippers; la squadra del nord California ci arriva con due partite piene di vantaggio sugli Hornets e con una piccola ventata di ottimismo fondata sugli ultimi tre successi consecutivi, lontano dall'Arco Arena, a Salt Lake City, Portland e Oakland.
Non c'è dubbio però che contro tre avversarie di questo tipo si debba limitare i danni. A parole, il meno interessato alla questione playoffs pare essere il giocatore che più di tutti ci dovrebbe tenere: Shareef Abdur Rahim da mesi ha più o meno la stessa faccia che poi è quella che è stato costretto a portare a lungo dalla frattura alla mandibola. "Il motivo per il quale mi interessa così tanto arrivare ai playoffs - ha detto recentemente il giocatore - è non sentirmi più fare la solita domanda." Ovvero: cosa si prova a non aver mai giocato la post season?
Nella parabola del giocatore, che a livello personale rimane sicuramente negativa, sta l'annata della squadra: l'ex Grizzlies uscì di squadra con i Kings sul 10-17 di record in un momento molto complesso della loro stagione. Da quel giorno ha perso il posto di titolare che il suo pari ruolo Kenny Thomas aveva a gran voce reclamato già nel training camp. E l'arrivo di Ron Artest gli ha tolto ulteriore spazio.
Le motivazioni sono molteplici: "In poco tempo - spiega il guru Pete Carril - ci siamo trasformati in una squadra di giocatori di post basso. Ma non c'è spazio per tutti in quel ruolo" C'è poi anche l'altro lato del campo: difesa e rimbalzi premiano Kenny Thomas: "E' il nostro miglior giocatore per difendere uno contro uno, cambiare e muovere i piedi. - assicura Rick Adelman – Abbiamo bisogno dell'energia che porta Thomas" Quanto è facile capirlo se si considera che Sacramento ha appena vinto 106-96 contro i Clippers in una partita in cui il bilancio a rimbalzo dice 54-31 per i "losangeleni secondari".
"Shareef sta facendo tutto quello che c'è da fare per la squadra - dice senza mezzi termini Aron Godwin, il suo potente agente - Gli interessa solo vedere la squadra ai playoffs e avvicinare la lotta per il titolo. Per questo ha accettato questo nuovo ruolo." Compreso sbattersi più del solito per contribuire a contenere a 16 punti Elton Brand. E' chiaro che un giocatore che nella sua carriera è partito titolare in 638 partite su 673 si sente in cuor suo un titolare. E' altrettanto evidente che i 18 punti con 8 su 10 al tiro contro i Clippers rafforzino la sua convinzione. Ma Adelman ha scelto.
"Ovviamente ero arrabbiato - ha detto il giocatore dopo esser stato sostituito per le fasi decisive della vittoria con Golden State - ogni giocatore avrebbe voluto rimanere sul campo in una situazione di quel tipo. Però in qualche minuto mi è passata e devo ripartire." La scrollata di spalle che accompagna le parole dice però molto di più del suo stato d'animo.
In una situazione simile si trova anche Bonzi Wells, l'altra acquisizione importante dell'estate. Per lui un infortunio all'inguine che richiede tempo per essere smaltito. L'ex Portland è stato fondamentale nella vittoria di Oakland con 10 punti nel terzo periodo. Eppure tutti in squadra hanno salutato con sollievo il rientro in squadra del suo "rivale" Kevin Martin. "Non importa se stasera ha tirato male - ha spiegato Carril alla fine della partita con Los Angeles - Kevin ci dà la possibilità di essere pericolosi anche da lontano."
Sempre per quel discorso sull'intasamento in post basso che starebbe a dimostrare che già quest'estate la squadra non era stata costruita benissimo; per poi, in quest'ottica, "complicare" ulteriormente le cose con l'arrivo di Artest. Dalla parte di Martin stanno anche i numeri che parlano della sua efficacia offensiva: fra i giocatori che prendono meno di 7.5 tiri a partita il sophmore dei Kings è primo per media punti con 11.2. Tutti problemi per Rick Adelman, sempre sulla graticola. Sappiamo non da oggi che il coach è in scadenza.
"Non vogliamo pensare a queste cose - dice Joe Maloof, uno dei proprietari - prima che la stagione sia finita." I due fratelli probabilmente la decisione l'hanno già presa. Si tratterà di vedere se e in che modo dar seguito. Eventualmente coinvolgendo o no Geoff Petrie. L'impressione è che si siano definitivamente stufati di un allenatore che pensa soprattutto attacco. Da qui nascerebbero le frasi sibilline spese dal coach qualche mese fa: "Larry Brown a Detroit sembrava un genio difensivo - disse l'ex Portland nei giorni caldi dell'affaire Artest - a New York sta facendo la figura del pollo" Come dire: ditemi chi alleno e vi dirò che squadra scenderà in campo.
Statisticamente bisogna notare che dall'arrivo di Ron Artest Sacramento ha concesso più di 100 punti agli avversari solo in 6 occasioni su 32. "Non possiamo essere perfetti ogni sera - si difende ancora il coach - siamo una squadra che da poco è assieme e quindi deve crescere." Sacramento effettivamente, al di là del make up estivo, dallo scambio che l'anno scorso portò Mobley per Christie, ha sempre avuto le porte girevoli. La situazione peggiore per un allenatore.
Forse, come dicevamo, i Maloof si sono definitivamente stufati il giorno in cui svegliandosi hanno realizzato che vincono di più le squadre che difendono come gli Spurs, i Pistons o le Sacramento Monarchs, campionesse WNBA. Padronissimi delle loro azioni, visto che ci mettono faccia e soldi. Se Adelman deve uscire di scena, per quello che ha dato alla squadra, merita però una scusa migliore: dopo otto anni non si può esser lasciati a casa per tre partite andate male a inizio aprile. O per un eliminazione, più che probabile, contro San Antonio o Dallas.