Gli alti e bassi dei Nets

Lawrence Frank vuole più grinta dai suoi ragazzi, specialmente quelli che vengono dalla panchina.

In una Eastern Conference dove ad oggi ci sono solamente 6 squadre sopra la fatidica quota del 50% di vittorie, le certezze sono poche e sono sempre le stesse ormai da qualche anno: dato per scontato il primo posto di Detroit, squadra sovrana di questa costa di basket e già  qualificata matematicamente ai playoffs, le contendenti rimangono rinchiuse in quel piccolo, stretto giro di nomi che ha caratterizzato le battaglie delle recenti edizioni di postseason con la presenza altrettanto ovvia di Miami e di Indiana e con la novità  di una Cleveland alla quale LeBron James ha portato finalmente un record degno di tale nome.

In questo quadro ben chiaro un'altra costante è rappresentata dai New Jersey Nets, primi nella non competitivissima Atlantic Division ma pur sempre con un 24-14 da mettere in mostra riguardante le partite giocate contro squadre della Eastern Conference e che dimostra, se paragonato alle prime della classe, che nella corsa che comincerà  a maggio anche loro possono fare la voce grossa specialmente se i protagonisti di questa stagione sapranno ripetere le prestazioni positive che hanno accompagnato la squadra di Meadowlands fino ad oggi, a patto di saper portare fuori dalle secche una squadra che nell'ultimo mese sta facendo davvero fatica.

Un dato di fatto è comunque chiaro: questi Nets hanno effettuato con successo il trapasso da un terzetto ad un altro, ovvero dapprima squadra di Jason Kidd, Richard Jefferson e Kenyon Martin che aveva fruttato due Finali Nba ed ora squadra di Kidd, Jefferson e di Vince Carter, letteralmente rinato dal suo rientro negli Stati Uniti dopo l'esilio canadese che comunque lo aveva lanciato nell'Olimpo dei grandi, e capace di formare con i due compagni prima menzionati un nuovo trio che nessuna rivale al momento può vantare al proprio interno ed in grado di creare nuove attese positive nell'ambiente.

I tre stanno fornendo un contributo fortemente tangibile, essendo responsabili di 58 dei 93 punti di media segnati dalla squadra e di tutte le giocate decisive per vincere, un contributo che molti speravano venisse ripetuto quest'anno, dopo un finale di regular season 2005 in rimonta con l'inaspettato approdo ai playoffs poi lasciati con uno sweep preso dai Miami Heat, che aveva però lasciato delle buone indicazioni in prospettiva della presente stagione regolare.

Vince Carter segna meno dello scorso anno (23.9 contro 27) perché in questa stagione deve evidentemente dividere più possessi con Jefferson, presente per sole 31 partite nel 2005 tra l'altro quando Vincredible era ancora in Canada, ma non ha perso il vizio di essere decisivo come quando recentemente messo il tiro del pareggio per andare in overtime in una partita poi vinta guardacaso contro Toronto e di collezionare singole partite con cifre da urlo, come testimoniano i 51 punti ed 8 rimbalzi messi contro Miami, i 42 e 10 rimbalzi con tanto di tripla vincente a segno sotto i "boos" dell'Air Canada Centre (ancora vittime i Raptors quindi), o come i 38 rifilati ai Cavs, tutte prestazioni coincise con vittorie dei Nets.

Solido, anzi molto solido, è il contributo del già  menzionato Richard Jefferson, ovvero l'uomo che fa della versatilità  e dell'atleticismo le sue armi migliori. Dopo aver trascorso la maggior parte dell'anno passato sulle sidelines a causa della frattura del polso, fatto che aveva interrotto un campionato con cifre tra le migliori di carriera, RJ è tornato in piena forma e sta confermando la crescita costante che lo accompagna dal suo ingresso nella lega.

Già  autore di 16 doppie doppie, è diventato maggiormente preciso in fase di conclusione dove ha registrato finora un 49% abbondante dal campo, frutto delle tante schiacciate ed entrate ma anche di qualche saltuario tiro dalla distanza, dalla quale segna con maggiore prolificità  se in posizione frontale rispetto al canestro.

Jefferson è l'uomo d'acciaio di questa squadra, colui che migliora le prestazioni quando ha minor tempo per riposare: una curiosa statistica gli attribuisce ben 22.6 punti di media in partite giocate nel cosiddetto back to back, ovvero in giorni consecutivi, media che scende drasticamente a 15.8 quando i Nets rientrano in campo dopo una pausa più lunga di due giorni consecutivi; buonissimo rimbalzista e passatore molto migliorato è anche uno dei migliori difensori della squadra ed è sempre molto attivo in tutte le fasi della gara.

Dal canto suo Jason Kidd, che per l'ennesimo anno è quella macchina da campo aperto che abbiamo la fortuna di conoscere dal 1994, è sempre colui che gestisce le redini del gioco, che rende migliori i compagni, che serve loro palloni su un piatto d'argento e colleziona punti, assist e rimbalzi quasi in egual quantità  risultando uno di quei rari giocatori capaci di influire pesantemente su una partita senza segnare necessariamente.

Simbolo della rinascita sportiva della franchigia, che dal suo arrivo ha tratto solamente profitti, Kidd sta facendo esattamente ciò che ha sempre fatto in carriera, ovvero punti in entrata (il jump shot non è mai stato il suo pane quotidiano), assists a volontà  per qualsiasi compagno e rimbalzi a iosa, categoria dove mette in riga tutti i pari ruolo con ben 7.2 carambole a serata.

Chiudono il quintetto Nenad Krstic, recentemente protagonista di un 11/11 dal campo nel deby contro i Knicks ed esploso in una gara da 29 punti e 13 rimbalzi contro Chicago, che è il quarto ed ultimo Net in grado di segnare in doppia cifra, il quale atteggiamento sembra essere più deciso e grintoso rispetto alla già  buona annata da rookie dove aveva esordito tenendo 10 punti di media dando però sospetti di "morbidezza", e Jason Collins, che sta producendo molto poco sia in fase offensiva che in fase difensiva, trovandosi peggiorato in tutte le categorie statistiche possibili ed ormai soppiantato da un elemento più anziano ma più utile alla causa come Cliff Robinson.

Con questi presupposti New Jersey dovrebbe avere maggiore successo, specialmente in una Conference dove le vittorie non fioccano affatto come neve ma dove per l'ennesimo anno la differenza con l'altra costa sembra abissale e dove la competitività  è di livello ancora troppo più basso rispetto alla West Coast: perché, allora, questi Nets vanno a corrente alternata? E perché la squadra sta facendo così tanta fatica per tenere la testa della Atlantic Division, il raggruppamento più debole dell'intera Nba?

Un dato significativo è rappresentato dal fatto che i quattro giocatori presi sinora in considerazione hanno una media-presenza in campo altissima, che oscilla dai 30 minuti di Krstic ai 40 di Jefferson, passando per i 37 di Kidd e Carter.

Questa considerazione ci fa intuire quale sia la natura delle problematiche legate al non riuscire a tenere un vantaggio che sia uno nei secondi quarti, dove New Jersey tira con percentuali molto basse e dove spesso e volentieri prende dei parziali dall'avversario anche in doppia cifra, non sempre recuperabili e che in ogni caso provocano un enorme dispendio di energie fisiche e mentali.

Il fatto è che le seconde linee dei Nets non riescono a supportare a dovere i titolari e vengono puntualmente surclassate dalle panchine avversarie, che non trovano grossi ostacoli dovendo fronteggiare o i titolari già  spremuti a dovere dal primo quarto e mezzo di gioco o i sostituti a disposizione, che si contano praticamente sulle dita di una mano e non sempre hanno l'esperienza necessaria per tenere il campo tra i professionisti.

Escluso Cliff Robinson, 38 anni e non sentirli, non c'è molto. Antoine Wright e Scott Padgett, che tirano con il 38%, sono il primo un giocatore molto promettente ma ancora acerbo ed il secondo uno specialista che ha perso la fiducia nel suo tiro da fuori e senza di quello non può offrire molto altro; Jacque Vaughn deve preoccuparsi più che altro di non fare danni in assenza di Kidd cercando di gestire i palloni ma non essendo esattamente un mostro nel costruire e nel finalizzare l'azione, mentre Jeff McInnis, utile perché spesso segnava in doppia cifra, per un po' starà  a guardare dopo l'infortunio riportato alla cartilagine del ginocchio che dal 16 gennaio scorso lo tiene a bordo campo.

Con questa struttura i Nets segnano circa 93 punti a partita, non molti pensando all'inversione del trend di quest'ultimo biennio dove si segna di più, e sicuramente non sufficienti a coprire i 94 abbondanti che la squadra subisce di media.

I numeri in questo caso parlano chiaro: quando l'attacco supera i 100 punti i Nets vincono quasi sempre (15-3), quando questo non avviene la faccenda si fa dura e si scende a 6-11.

L'annata dei Nets è ad un punto fermo: la squadra ha perso 5 delle ultime 7 uscite sul parquet perché, è evidente, siamo nella parte finale della stagione e la stanchezza si fa inevitabilmente sentire ed il livello delle prestazioni sta scemando; una settimana fa New Jersey ha preso 25 punti di distacco dai Sacramento Kings dopo aver letteralmente scherzato con gli avversari nel corso del primo quarto dove tutto girava a meraviglia per poi sciupare il tutto, mentre una notte più tardi hanno aiutato i Chicago Bulls ad interrompere una striscia di sconfitte che era arrivata ad otto partite sbagliando 11 delle prime 12 conclusioni tentate dal campo ad un certo punto del quarto periodo.

Per ovviare al tutto si sta pensando a qualche aiuto dall'esterno, si sta contattando qualche free agent ma le mosse potevano anche essere fatte prima della deadline per gli scambi, quando c'era maggior opportunità  di allungare la rotazione. Fallito l'aggancio con Tim Thomas, poi finito a Phoenix, i Nets hanno mollato per strada l'esperimento fallito di Marc Jackson, il giovane Linton Johnson, ed ottenendo da New Orleans Bostjan Nachbar, altro giocatore sul quale circolano molti, troppi dubbi e la cui scarsa esperienza ad alti livelli non può certo giovare alla sua nuova squadra.

In questo contesto, Rod Thorn sembra la persona più confusa del gruppo:

Stiamo portando avanti colloqui con diversi free agents, ma qualcuno di questi è in grado di aiutarci più di quanto non stiano già  facendo i ragazzi che abbiamo ora? Ancora non siamo arrivati a determinare una risposta a questa domanda, speriamo di riuscirci presto.

I giocatori stanno ora tentando di raggrupparsi e ricominciare daccapo, aggrappati per un ciuffo d'erba alla terza posizione assoluta della Eastern, ma le cose sarebbero ben diverse se il nuovo formato a tre divisions tornasse ad essere quello tradizionale dal prossimo campionato come sembra possa avvenire.

La prima risposta è arrivata con la vittoria convincente contro gli Hornets, che ha dato tra le altre cose la soddisfazione a Lawrence Frank di essere il terzo coach della franchigia a conquistare le 100 vittorie in carriera, e la chiave è stata proprio la partecipazione delle seconde linee.

Ha affermato Jason Kidd:

Il nostro modo di eseguire gli schemi è stato sotto scrutinio severo, era ora di tirare fuori una bella prestazione; ci supportiamo uno con l'altro e stasera abbiamo dato l'esempio di come si vince una partita grazie ai ragazzi della panchina, che sono entrati in campo ed hanno fatto il loro dovere aiutando noi titolari.

Seguiranno altre 11 partite su 19 da giocarsi contro contenders per i playoffs, decisive per vedere se i conti torneranno oppure per capire se è stata solo un'altra buona, promettente annata e nulla più.
Quando poi arrivano i playoffs, non si scherza più.

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