Dalla maglia non sembrerebbe, ma Shaq O'Neal è ancora l'uomo chiave per i Miami Heat
Qualcuno s'è affrettato a parlare di declino. Di certo, in questa stagione lo Shaquille O'Neal cui siamo abituati lo abbiamo visto pochissimo. Nelle ultime gare però è cambiato qualcosa: ne sono una testimonianza i 35 punti segnati recentemente contro Charlotte: in una gara vinta al supplementare 106-105, Shaq ha dato un segnale forte realizzando gli otto punti di Miami nel supplementare.
Il giocatore è sempre stato un forte argomento di discussione e lo sarà ancora di più per i prossimi anni di contratto. Ora che però ci stiamo avvicinando alla fase decisiva della stagione, il rendimento di O'Neal sta crescendo. Gli Heat hanno vinto le ultime dieci partite giocate; l'ex Lakers nel mese di febbraio ha tenuto una media di 21.2 punti a partita. Un altro dato fondamentale: subito prima della pausa per l'All Star Game è venuta la vittoria sui Pistons in cui Shaq ha segnato 31 punti in 37 minuti. Alla ripresa del campionato sono arrivati 58 punti nelle due gara con Seattle e Toronto.
L'obiezione in questi casi è dietro l'angolo: Pistons a parte, le avversarie non fanno parte dell'elite della lega. Vero ma riduttivo, a meno di non considerare il dato numerico l'unico segnale degno di considerazione.
Dal punto di vista della mobilità in questo momento Shaq non è nemmeno lontano parente del giocatore che è rientrato dall'infortunio alla caviglia. La ragione è una sola: la perdita di peso.
Ufficialmente si parla di un calo da 340 a 326 libre. Tutto questo significa che Riley alla fine ha segnato un punto a suo favore: "La questione del suo peso – ha spiegato recentemente l'allenatore di Miami - è fondamentale per il suo rendimento. Specie se consideriamo la massa corporea che si porta dietro. L'importanza di quest'aspetto crescerà ancora se vorrà essere efficace per tutti gli anni del suo contratto." Che sono ancora quattro.
Fonti interne alla squadra fanno sapere che O'Neal ha accettato, non completamente convinto, di "mettersi a stecchetto". Le sue dichiarazioni ufficiali sono sempre le stesse e difficilmente cambieranno prima della fine della sua carriera. "Verso la fine della partita (con gli Heat in decisa rimonta ndr) - ha spiegato il pivottone dopo la vittoria con i Bobcats – stavamo facendo un po' di casino in attacco: ho detto ai miei compagni di stare tranquilli e di darmi la palla."
Tutto vero: Shaq è stato ben poco incisivo nella prima parte, 3 su 8 dal campo, quando gli esterni di Charlotte hanno tenuto in mano la gara. Col passare dei minuti è diventato incontenibile.
Una necessità precisa d'altronde, vista l'assenza di Wade per un infortunio al polso. Contro Charlotte, O'Neal ha giocato 41 minuti, suo record stagionale, risultando decisivo nel finale. Un punto a favore della sua condizione fisica, più volte messa sotto accusa nell'ultima stagione.
In tutto questo c'entrano anche gli aggiustamenti tecnici voluti da Pat Riley che cerca di servirlo sempre, a differenza di quel che succedeva qualche mese fa, già in movimento. "Chiedo sempre ai miei giocatori di creare qualcosa - ha detto recentemente il coach col gel – per prima di andare da lui. Tenere sotto pressione la difesa è fondamentale per sfruttare al meglio le nostre armi."
Sull'effettiva forza del giocatore, all'arrivo del suo 34° anno, il confronto è sempre aperto: "Shaquille - assicura ancora Riley - è un giocatore di grande tecnica, grande tocco e intelligenza. Con gli anni ha imparato a incidere sulle partite in molti modi diversi." Tradotto: ora che il dominio fisico del pivot non è paragonabile a quello del giocatore che nel 2001 brutalizzò i playoffs, si notano aspetti diversi di O'Neal. E' una sindrome tipica dei grandissimi giocatori nelle ultime fasi della loro carriera: un esempio per tutti il Michael Jordan delle sue due ultime stagioni a Washington.
Un dato fa riflettere più di tutti gli altri: O'Neal ha una media di 25 punti a partita giocate con due sere di riposo alle spalle. E' facile capire che l'energia complessiva a disposizione dell'ex Magic è il fattore fondamentale. E' stato così nelle ultime due edizioni dei playoffs. Forse per questo motivo già ora Dwyane Wade, appena rientrato e autore di 40 punti contro gli Wizards, è il padrone dell'attacco degli Heat.
Ciò non toglie che larga parte del destino della squadra della Florida sui playoffs sarà determinata dalla capacità del "Diesel" di lasciare il segno.