Un'immagine che vale più di mille parole
"Larry Brown ora non è diverso dai suoi giocatori. Sovrapagati, sottoperformanti e che stanno rubando i soldi al proprietario James Dolan. Isiah Thomas ha assemblato pezzi inadeguati durante la sua catastrofica gestione. Ma il più grande pezzo inadeguato che Thomas abbia aggiunto al suo mosaico è l'allenatore. Inadeguato e sopravvalutato."
Chi vi scrive non ha più parole per descrivere quello che sta accadendo in casa Knicks, per questo si è affidato in apertura alle parole di Marc Berman, reporter del New York Post. A nulla è servito, per ora, l'arrivo di Steve Francis, candeggiato tra l'altro da Brown stesso. Tre gare sono ovviamente poche per valutare l'eventuale impatto positivo dell'ex-Magic, ma per lo meno ci si poteva augurare che Brown iniziasse finalmente ad allenare questa squadra. Invece niente, tre partite e tre starting five diversi, una volta Jalen Rose in panca, l'altra tocca all'ultimo arrivato, poi è il turno di Malik Rose titolare contro Tim Duncan. Più di prima e peggio di prima in quanto a confusione.
Brown ha ammesso di aver perso lo spogliatoio. Per quanto ci riguarda, visto il suo operato fin dalla prima gara stagionale, lo ha avuto in mano per fin troppo tempo, se è vero che quella ormai famosa striscia di sei vittorie consecutive non è poi così vecchia, con quel quintetto giovane frutto della pressione ambientale e non delle reali convinzioni del coach; inutile rivangare la questione, visto che di questo vi abbiamo già resi partecipi in altri report.
A ventisei partite dalla fine, con un record di 15 vinte e 41 perse (perfettamente in linea per battere la peggior annata della franchigia, 21-59) e la sempre più sinistra possibilità di regalare il pick numero uno del prossimo draft ai Chicago Bulls, c'è davvero da chiudere baracca e burattini, facendo finta che la stagione sia finita qui, proiettandoci all'estate, quando inizierà la corsa a Kevin Garnett. Questo è l'unico sprazzo di luce in tante nubi nere, nerissime.
I Knicks si presenteranno alla grande battuta di caccia per "Il Bigliettone" con venticinque milioni di dollari di contratti in scadenza (Jalen Rose e Maurice Taylor), tre giovani rookie interessantissimi (Channing Frye, David Lee e Nate Robinson) e qualche eventuale assets tecnico più stagionato (Steve Francis e Stephon Marbury). Tutta roba, insomma, che potrebbe fare gola ad una franchigia che punta alla ricostruzione, ripianando il salary cap con i contratti ed aggiungendo giovani futuribili e personaggi che potrebbero far vendere qualche biglietto in più in attesa di tempi migliori, ossia il recente vincitore della gara delle schiacciate Robinson e Marbury piuttosto che Francis.
Attualmente poche franchigie possono offrire di più (se è vero che Marbury e Francis non hanno molto mercato, ma Houston ha strappato Tracy McGrady ad Orlando con Mobley e Franchise), sempre nell'ipotesi che Minnie voglia davvero passare attraverso un processo di ricostruzione serio e sensato, non agendo alla Toronto, la quale svendette Vince Carter ai Nets per una contropartita ridicola. Oltre a KG, sul mercato dovrebbero esserci pure giocatori come Jermaine O'Neal ed Allen Iverson. Sognare stavolta è più che lecito, viste le premesse.
Se la bontà o meno di questi venticinque mesi di Thomas da General Manager dei Knicks sarà messa definitivamente in discussione in estate, azzerati in pratica solo ora i disastri di Scott Layden sempre però agendo alla newyorkese, lo stesso non si può dire di Brown. Con lo spogliatoio contro ed un roster che non subirà molti scossoni nel mercato se non quelli auspicati in precedenza, sarà dura ripianare le divergenze e ripartire da capo.
Un passo verso l'allenatore gente come Marbury, da sempre "all alone" per definizione, lo aveva fatto: è il coach che ha continuato a remare contro, togliendo i giocatori che stavano facendo bene quando si era in vantaggio ed accorciando invece la rotazione quando si stava perdendo, additando tutti pubblicamente fino alla famosa riunione nell'albergo di Milwaukee in cui i giocatori hanno chiesto di smetterla con questo atteggiamento. Visto però che la roulette delle rotazioni continua senza sosta e non si intravede un benché minimo tentativo da parte di Brown di stabilizzare la situazione, il futuro in questo senso non appare certo più roseo del presente, anzi.
I mugugni, per inciso, continuano: "abbiamo troppi giocatori giovani, adesso", ha tuonato Brown l'altro ieri (tuonato si fa per dire, l'espressione è quella di un pugile ciondolante a fine carriera, ndr). Di solito, in un roster in cantiere aperto, avere giovani - tra l'altro di belle speranze - è da sempre visto come un bene, soprattutto in una New York da sempre additata di essere storicamente vecchia e poco futuribile. Ogni coach si sfregherebbe le mani, vuoi per il poter plasmare questi rookie, vuoi per l'eventuale valore di mercato: invece no, Brown si lamenta anche di questo.
Poi vai a vedere la rosa attuale e leggi che Jalen Rose ha 33 anni, Malik Rose e Maurice Taylor 30, Marbury e Francis 29, Richardson 26 e ti accorgi che poi questa gioventù millantata dall'allenatore è molto relativa. La solita lamentela alla Brown, insomma, che tra l'altro sapeva benissimo quale roster sarebbe andato ad allenare quando ha firmato quel lauto accordo contrattuale che ci rifiutiamo di quantificare per l'ennesima volta.
La rottura è evidente, con i giocatori che vogliono correre, mentre il coach vorrebbe giocare a metà campo e chiamare tutti gli schemi. Nella prima gara con Francis, i Nets sono andati subito avanti 20-4, con i Knicks a giocare da fermi. Appena hanno potuto correre, a partita quasi in ghiaccio ma con la voglia di non farsi umiliare nel punteggio, con un quintetto che citava Marbury-Francis-Jalen Rose-Frye-Curry, nel quarto periodo è arrivato un parziale che diceva 11-0.
Difficile dire chi ha ragione, anche se almeno qui Brown ha detto una cosa sensata: "Non abbiamo attualmente una difesa interna che ci permetta di correre. Se vuoi correre, serve una stoppata, una palla rubata, insomma fermare l'avversario e ripartire immediatamente" ed infatti le transazioni offensive del parziale contro New Jersey sono nate quando Eddie Curry ha finalmente utilizzato il suo corpaccione non solo nella metà campo avversaria.
Sull'argomento, comunque, gli opposti partiti del "Deve adeguarsi a ciò che ha" e del "Devono adeguarsi al coach, leggetevi il suo curriculum" stanno mettendo via cappa e spada, dal momento che il palese atteggiamento di Brown nel non allenare ha sedato anche i suoi più strenui difensori: se NON allena, come si fa a discutere sul COME dovrebbe farlo?
Anche il più assiduo sostenitore di Brown, all'interno dello spogliatoio, ha mollato gli ormeggi, allineandosi con gli altri. In campo sono tutti svogliati, sanno che intanto se fanno bene o male la rotazione sarà di dodici uomini, che il giorno dopo potrebbero marcire in lista inattiva anche sfornando una tripla doppia. Onestamente, non ci si capisce più nulla. Le ipotesi avanzate sono innumerevoli: sta sabotando per far cacciare Thomas o per essere cacciato lui. Addirittura si inizia a scommettere tra quante partite darà le dimissioni (cosa improbabile dato che salvo strani accordi dovrebbe rinunciare al restante stipendio).
Difficile trovare una sola ragione affinché un tifoso dei Knicks continui a seguire la sua squadra fino a fine stagione. Sfumati tutti gli obiettivi, ci si augurava di rimboccarsi le maniche e mettere le basi tattiche prima che tecniche per la prossima stagione, cercando da qui alla fine di vincere più partite possibile così da non regalare un pick alto ai Bulls. Visto che Larry "Clown" Brown non ha intenzione di fare ciò per cui viene profumatamente pagato, non resta davvero che piangere.