I Rockets cercano continuità 

Da quando è rientrato dopo l'intervento al piede, Yao sta facendo la differenza…

La sconfitta con Phoenix di pochi giorni fa non è stata che l'ultima tappa di quella che sembra ormai diventata un'interminabile via crucis di 82 partite, per gli Houston Rockets.

Gli ambiziosi, e forse anche un po' utopistici, sogni estivi si sono ben presto trasformati in incubi di un fallimento totale su tutti i fronti. Ora, a tre mesi dall'inizio dei playoff, non resta che salvare il salvabile. Il record, 24 vittorie e trentuno sconfitte, certo non li fa stare tranquilli. Le possibilità  residue di entrare tra le prime otto, e cioè di guadagnarsi l'accesso alla post season, sono basse.

Paradossalmente, l'unica costante della stagione per i Rockets, è stata l'incostanza. Un' incostanza di gioco e risultati. Troppe le volte in cui Houston ha dato l'illusione di essere definitivamente uscita dal tunnel, per poi rimediare puntuale una bruciante sconfitta.

Esempio perfetto ne sono le ultime uscite. Yao e compagni, avevano iniziato il mese di febbraio con il piede giusto, sette w in otto partite, tra cui anche un massacro inflitto ai Los Angeles Clippers: 128-97.

A questo punto, tutto lasciava presagire che si era arrivati ad un punto di svolta nella stagione dei Rockets. Finalmente sembrava che il vento era cambiato. Ma passano appena due giorni ed ecco che le parti si invertono.

I nostri, da massacratori diventano massacrati. I Suns vincono la partita praticamente nel primo quarto, e si limitano a controllarla nei tre successivi. Tanto che ci scappa anche un record stagionale assoluto. Negativo, sia chiaro. Il tabellone, alla sirena del riposo dice 63 Phoenix, 31 Houston. Vale a dire, 32 punti di scarto all'intervallo. Nessuna squadra in questa stagione era riuscita a fare peggio fino ad ora. Alla fine sarà  109-75.

Nel nostro calcio quando una squadra perde prima della sosta natalizia c'è l'abitudine di dire che già  pensavano al famigerato panettone. In questo caso, si potrebbe ipotizzare che Yao e McGrady erano già  con la testa all'All star game, ma il concetto resta lo stesso: scarsa determinazione e concentrazione. Di fatto i ragazzi di coach Van Gundy non hanno giocato, nel vero senso della parola.

Ne da una conferma anche lo stesso McGrady, che in ventisei minuti è riuscito a mettere insieme la miseria di 10 punti e 5 rimbalzi: "Non abbiamo giocato con energia, e i Suns sono riusciti a portare a casa la vittoria già  nel primo tempo. Noi abbiamo gettato la spugna già  prima dell'inizio della partita."

Molto sotto le aspettative anche l'altro all star della squadra, Yao Ming, che dopo aver mostrato evidenti segni di miglioramento ha fatto un pauroso passo indietro. Probabilmente la partita di giovedì è la stata la sua peggiore prestazione stagionale. Il gigante cinese restato in campo per poco meno di venti minuti, ha tirato con un 2/7 dal campo per appena sei punti. Ma cosa ancor più preoccupante è quello 0 sotto la voce rimbalzi, che suona così grottesco per un giocatore di 229 centimetri che cattura ben 10 carambole a sera.

Jeff Van Gundy visibilmente irritato, e non poteva essere altrimenti, ha commentato così la partita dei suoi: "Non abbiamo messo niente in questa partita. Non c'è stato qualcosa in cui abbiamo prevalso sui nostri avversari" dice il coach "E quando giochi in questo modo c'è poco da fare"

La pausa per l'All Star Game, arrivata subito dopo la batosta con i Soli, è stata perciò una manna dal cielo. In questi quattro giorni, infatti, la squadra è riuscita a mettersi alle spalle l'ennesimo capitombolo stagionale e ad riacquistare quel minimo di fiducia indispensabile per far bene. Come dimostrano le belle vittorie arrivate con i Clippers (di nuovo) e i Golden State Warriors. In quella contro la franchigia losangeliana, 106-102, particolarmente in luce Yao Ming, che con 29 punti e 15 rimbalzi rende ancor più incomprensibile la prestazione di pochi giorni prima. 88-91, invece, è il punteggio con cui i Rockets hanno avuto la meglio contro la squadra della Baia. Il cinese, con un bel 22+21 (!) fa addirittura meglio di 48 ore prima, mentre McGrady non era neanche al Toyota Center a causa della morte della suocera.

Gli infortuni

Sicuramente i problemi tecnici sono legati in modo stretto anche all'incredibile serie di infortuni, più o meno gravi, che hanno colpito il team texano fin qui. I più pesanti quelli incorsi alla schiena di McGrady, che lo hanno costretto a dare forfait per ben quattordici volte. In queste quattordici occasioni, gli Houston Rockets, sono riusciti a vincere solo una volta.

Quattordici partite senza la loro stella, tredici insuccessi. Yao, addirittura, ha dovuto saltare ventuno incontri, la maggior parte dei quali a causa di un'infezione all'alluce. Derek Anderson, ora scambiato a Miami, è stato in grado di scendere in campo in appena venti occasioni, ed è tuttora in infermeria. Infermeria, per cui sono transitati anche Stromile Swift, fermo per undici partite, e Rafer Alston, diciannove.

Proprio l'ex Raptor, è però, anche una delle poche note liete in casa Rockets. Ha fatto registrare sensibili miglioramenti negli ultimi tempi. Soprattutto per quanto riguarda il giocare per la squadra. A dispetto della sua fama da egoista, infatti, ultimamente i suoi assist hanno anche superato la doppia cifra in qualche occasione.

Addirittura 13 nella vittoria per 102-88 contro gli Utah Jazz. Viene da pensare a cosa avrebbe potuto fare se gli infortuni non lo avessero costantemente limitato quest'anno"Rafer, per ora, si accontenta di 11 punti e 6 assistenze a partita. Nessuno meglio di lui tra i suoi compagni in quest' ultimo campo statistico.

Mercato

Iniziamo subito con la notizia più importante e anche più recente del mercato di Houston. Derek Anderson non è più un Rocket. Come anticipato brevemente poche righe fa nel capitolo "infortuni", infatti, l'ex Portland è stato spedito in quel di Miami, poche ore prima del termine ultimo per poter concludere i scambi fissato per giovedì scorso. In cambio gli Heat hanno ceduto la guardia rookie Gerald Fitch. Fitch, 4.7 punti di media, fin lì aveva trovato ben poco spazio a South Beach, tra le tante star alla corte di Pat Riley.

Diciamo che Fitch, non era esattamente il giocatore a cui gli Houston Rockets puntavano per cedere Anderson. E' probabile, quindi, che le condizioni abbiano forzato questa trade. Il GM Carrol Dawson aveva l'ordine di sbarazzarsi dell'ex Blazer, che ormai era in conflitto con tutti i compagni e, soprattutto, con Van Gundy. Vedendo che però il telefono non era rovente per le telefonate di possibili pretendenti, Dawson, è stato costretto a dire sì a quella che era l'unica proposta avanzata.

Anderson stava avendo una stagione a dir poco tribolata in texas. I guai fisici lo hanno tormentato sin dalle prime uscite, provocando un sensibile nervosismo poi sfociato in malcontento. Malcontento che, in verità , era presente sia da parte del giocatore che da parte della squadra. Come ci fanno capire le parole di Van Gundy pronunciate pochi giorni fa.

"Lui è venuto qui per aiutare una buona squadra a diventare ottima. E certo noi non siamo nella stessa posizione che eravamo in estate. Io sapevo che stavamo cercando di portarci a casa Bogans, e ho pensato che era l'occasione giusta per trovare un'altra sistemazione a Derek.".

Anderson stava segnando 10.8 punti e 4.2 rimbalzi a sfida.

Ma il mercato dei Rockets non è stato monopolizzato dal caso Anderson. Infatti ci sono state anche altre operazioni di entrata e di uscita. Al di la dei clamorosi rumors degli ultimi giorni che volevano il figliol prodigo Steve Francis, poi approdato a New York, di ritorno dalla Florida, il mercato di Houston ha una linea ben specifica da seguire: operazioni oculate e, soprattutto, realmente utili. D'altronde tra Yao Ming, Tracy McGrady e Juan Howard, in Texas, di prime donne ce ne sono già  abbastanza. Non è un giocatore come Francis, che la dirigenza voleva.

Seguendo alla lettera queste disposizioni, il 9 febbraio, Dawson ufficializza la trade con i Charlotte Bobcats, che porta l'ala Lonny Baxter in North Carolina, in cambio dell'ala/guardia Keith Bogans. Bogans, che in passato ha militato anche nelle file dei Magic, era alla sua seconda stagione con i Bobcats, dove stava segnando 8.7 punti a partita.

C'è da dire che al momento dello scambio l'ex Illinois era anche infortunato ai legamenti del ginocchio destro. Seppur in modo lieve. Prima della sosta per l'ASG, ha fatto in tempo a scendere in campo per quattro partite, in cui ha giocato mediamente una ventina di minuti, con 8.5 punti e 3.5 rimbalzi.

Le prime impressioni sono senz'altro positive. I Rockets, con Bogans, sembrano finalmente aver trovato l'uomo giusto da inserire nella rotazione dei lunghi, impoverita dai tanti guai fisici dei "big men". Contribuisce al giudizio, anche il fatto che la contropartita tecnica per arrivarci, è stata tutt'altro che eccessiva. Baxter non era sicuramente l'uomo- chiave nei piani di Van Gundy, e la sua partenza non ha lasciato certo un vuoto incolmabile nel roster.

Pochi giorni dopo ha lasciato la città  della NASA anche Martyn "Moochie" Norris, per la volta del North Carolina, a Charlotte, in cambio dell'ala polacca Masiej Lampe. La dirigenza ha comunicato, anche, che Chuck Hayes è stato firmato fino al termine della stagione, a differenza di John Lucas III, che è stato liberato.

I problemi di TMac

Chi ha visto l'All Star Game, chiuso dalla stella dei Rockets con 36 punti, avrà  notato come fosse particolarmente cercato dai compagni, e come gli stessi si impegnassero per regalargli il premio di MVP. Non casualmente.

Infatti, pochi giorni fa lo stesso T-Mac ha rilasciato un'intervista ad un giornale locale, in cui parlava, senza però rivelarli, dei suoi gravi problemi familiari. Un sentore che il ragazzo non stava bene, lo si aveva avuto dalle ultime uscite con i Rockets, dove si era sempre tenuto ampiamente al di sotto dei suoi livelli abituali.

Pur non essendo a conoscenza della reale entità  di questi problemi, sappiamo tuttavia che sono gravi abbastanza da non permettergli di giocare in condizioni psicologiche normali. Ora, come se non bastasse, si è aggiunta al dolore anche la morte della suocera, che non gli ha permesso di scendere in campo contro Golden State.

Le ipotesi sono varie e numerose. Qualcuno dice che la depressione è dovuta alla morte di ben otto cari negli ultimi otto anni, qualcun altro parla di questioni legate al figlio appena nato, altri ancora di una sua malattia. Intanto nella conferenza stampa al termine della partita delle stelle, è sembrato nettamente rinfrancato di spirito, tanto da scherzare bonariamente con Tim Duncan.

E' inutile dire come Tracy sia importante per questa squadra. Come è inutile dire che le sorti dei Rockets sono subordinate direttamente a quelle del loro numero 1. E' dunque indispensabile per Houston recuperare completamente McGrady se si vuole continuare a sperare nel miracolo playoff, che, con o senza T-Mac, resta in ogni caso una missione quasi impossibile.

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