The Isiah’s Folies

Thomas presenta il suo ultimo acquisto, una scena già  vista…

Una volta c'era il "Mercante in fiera", un gioco di società  che si faceva spesso durante le festività  natalizie" ; tutti i parenti e gli amici radunati in un grande soggiorno, meglio se con un bel fuoco scoppiettante nel camino.

Si acquistavano delle carte che poi si rivendevano ad un prezzo possibilmente più alto e vinceva il gioco chi faceva maggior fortuna.

Poi è venuto il "Monopoli" ; pur se in ambito ludico, ha reso edotta la popolazione media circa la legge della domanda e dell'offerta, fulcro dell'economia moderna all'occidentale : una merce o una prestazione vale tanto quanto è alta la competenza della persona o elevato il valore della merce stessa o grande la domanda per quella prestazione o quella merce.

Ma quando si parla di economia mondiale, di domanda e di offerta non si può evitare di citare la Borsa di Wall Street, ultimo e più munito bastione del capitalismo occidentale : si compra e si vende di tutto, dall'avena all'oro, passando per il petrolio ed i generi alimentari.

I sacerdoti di questa specie di culto sono i cosiddetti brokers, figure mitologiche aventi giacca, cravatta e testa di squalo, che si agitano come ossessi, gridano scompostamente solo due parole ("compro" e "vendo") e ripetono almeno seicento volte ogni ordine che danno fino a che l'interlocutore, a sua volta bersagliato da centomila altre grida tipo queste, inizia a sbarrare gli occhi, con la schiuma alla bocca. E la transazione può dirsi conclusa.

Se alla voce economia leggi Wall Street, allora Wall Street deve per forza corrispondere alla città  ove si trova, quella New York tra favola e realtà , immortalata nei musicals e nei film che hanno contornato la Grande Mela di un alone di leggenda.

Leggendari i suoi quartieri, da Manhattan al Bronx, passando per Chinatown e Little Italy ; il povero e malfamato Queens o l'eccentrico ed artistico Greenwich Village o ancora Hell's Kitchen, troppo spesso legata a vicende agghiaccianti in cronaca nera.

Leggendari anche i suoi abitanti, gli ebrei, commercianti e professionisti, tutti più o meno ricchi, gli italiani e gli irlandesi, i cinesi e tutte le altre minoranze, gente disperata che all'ombra della statua della Libertà  ha trovato una speranza per il proprio futuro.

E poi i neri afroamericani, ad Harlem e non solo, che riempiono le strade con la loro musica, ieri il blues ed il soul, sofferenza e tristezza condite da una giusta dose di speranza, oggi il rap, rabbia e frustrazione per una speranza spesso delusa da una vita sempre più dura ; parole crude, scandite a velocità  luce su una base melodica spesso di gran livello per un mix di successo che a più di un rapper ha permesso di fare fortuna e garantirsi davvero un futuro migliore. Uno per tutti? 50 Cent. Un altro ? Nas. Gli altri ve li cercate da voi".

Leggendari i playgrounds, a cominciare da quello più celebrato, noto anche per un famoso torneo estivo annuale che vi si svolge, quello del Rucker Park.

Quando un ragazzo di colore domina qui, entra nella leggenda e mai con il proprio nome, sempre con lo pseudonimo da combattimento : gente che forse non ha calcato mai i palcoscenici importanti come Earl Manigault, "the Goat", che molti considerano il più forte mai visto, capace di giocare in testa a Kareem Abdul Jabbar.

Oppure giocatori che ancora oggi sono professionisti acclamati, alcuni addirittura profeti in patria come Stephon Marbury che, dopo la carriera universitaria a Georgia Tech, ha vestito la casacca dei Wolves, dei Nets, dei Suns ed ora gioca per i Knicks al Madison.

Grande Vecchio, il Madison Square Garden… .
Se non fosse un vecchio e famoso palasport, avrebbe potuto essere di certo una cattedrale e per certi versi lo è. Dello spettacolo e dello sport, dell'hockey come del pugilato ; e del basket, centro di culto dove si pratica il rito della palla a spicchi, il buon basket universitario o quello molto meno buono e soprattutto meno vincente dei professionisti di oggidì.

Vi gioca St. John, vi si svolgeva il National Invitational Tournament, NIT per gli appassionati, quando ancora era di pari lignaggio rispetto all'altro e più famoso torneo post stagionale universitario, quello NCAA.

Dal 1946 è la casa dei New York Knickerbockers, oggi semplicemente Knicks, che sembrano esser stati colpiti da una maledizione simile a quella che colpì i Boston Red Socks di baseball e che è durata quasi un secolo, fino a che lo scorso anno non è stata infranta.

Mai più vincenti dopo il 1973, qualche post stagione esaltante a cavallo degli anni ottanta e novanta, era l'epoca di John Starks e Xavier McDaniel, Larry Johnson e soprattutto il centro di Georgetown, Pat Ewing, diretto in gioventù da Rick Pitino e nella maturità  da Pat Riley e poi Jeff Van Gundy.

Dopo di allora il vuoto più assoluto ed un continuo dispendio di risorse economiche, nel vano tentativo di spezzare la maledizione che vuole i Knicks perdenti e lontani dalle posizioni che contano.

Una continua girandola di giocatori, allenatori e managers, una fortuna in danaro solo per ottenere sempre lo stesso risultato : una squadra mai competitiva ed in realtà  mai del tutto squadra.

Giocatori bocciati in tronco e ceduti senza dar loro la possibilità  di migliorare, altri ritenuti al di sopra di ogni critica da una stampa faziosa e spesso incompetente.

Periodi in cui si volevano i Knicks duri e cattivi, volte in cui li si desiderava brillanti e spettacolari.

Oggi largo ai giovani, domani solo gente esperta, perchè il basket a New York non è mai grigio, solo bianco o nero.

"In medio stat virtus"

Lo so, avete in odio il latino, però fermatevi un momento e fateci caso, quando vien fuori una perla di saggezza, spesso è nella lingua degli avi e questa volta non fa eccezione.
La virtù sta nel mezzo.
Ma anche questa volta a New York se lo sono scordato…

Perché?
Vediamo".

Due anni fa viene nominato GM Isiah Thomas, il Bad Boy di Detroit. Centro ! Entusiasmo alle stelle, è colui che solo può riportare in città  quel titolo che manca dai tempi di Bradley, Debusschere, Frazier e soci.

Un grande giocatore ed un grande playmaker del passato, che si presenta con un libro sotto il braccio. Non è un libro qualsiasi, di quelli che leggete quando avete un attimo per voi e desiderate rilassarvi : è una sua creazione, lo ha scritto lui : è un promemoria, anzi una relazione programmatica, il cui titolo dice tutto : "Eight plans for winning the game of business"…Mamma mia, numeri…

Messo a capo della lega minore CBA, che esisteva già  quando lui non era ancora nemmeno alle prese con Coach Knight ad Indiana University, la fa fallire a tempo di record e ne esce pulito come un panno di bucato lavato e candeggiato e scrive di queste otto maniere per vincere il gioco degli affari… Lui !!!

Chi altro avrebbe potuto ingaggiare uno così se non i Knicks?

Forse, suggeriscono i ben pensanti, forse ha voluto esprimere in questo libro quanto ha appreso da quel fallimento e questa lezione “Zeke” Thomas è intenzionato a portarsela dietro ai Knicks… o forse no… .

Trades che rendono un già  sofferente salary cap di color rosso carminio (con Thomas leggero e noncurante rispetto a questo…ehm… trascurabile dettaglio) ; numerosi giocatori fotocopia gli uni degli altri ; totale assenza di giocatori di impatto in certi ruoli (i lunghi : il volenteroso ma giovane Frye e i sempre svogliati Sexy James e Curry non sembrano una frontline proprio invalicabile…); basta così?

No? e che dire della scelta di un allenatore che più inadatto a gestire un vespaio del genere non si potrebbe trovare ? Il coach Brown è quello che richiede una trade al giorno per levarsi da torno il giocatore che in quel momento non lo aggrada, colui che arriva a dimettersi più volte in un mese e che, al di là  dell'indiscusso genio, è sempre stato esigentissimo, impaziente e capriccioso durante la sua carriera ; ci mancava solo lui in questi Knicks… .

Così va il mondo e qualunque bipede dotato di normale intelligenza e di ego nei limiti della norma avrebbe desunto che queste otto vie portano ovunque meno che a vincere qualcosa, neppure una partita a briscola, che la situazione si è fatta grave e che per arrivare a qualche risultato bisogna fare umilmente autocritica e cercare di trovare il modo per salvare capra e cavoli.

Ma non l'ineffabile Isiah che, in vista della Trading deadline del 23 febbraio, di oggi insomma, ha proposto scambi a mezza NBA per cercare di acquisire giocatori “vincenti”, costi quel che costi (per costare…costa e parecchio, anche…chissà  cosa ne pensa il proprietario dei Knicks").

Due settimane fa ha ceduto Antonio Davis, esperto centro di buona caratura, a Toronto, allo scopo di portare nella Grande Mela il talento (e l'egoismo, per tacer delle bizze") di Jalen Rose.

Gli increduli canadesi si sono fregati le mani, felici per aver ricevuto un contratto da 13 milioni di dollari, che scaricheranno a fine anno liberando il salary cap (Davis era all'ultimo anno di contratto) e per aver ceduto 15 milioni di ex presidenti e un giocatore con due anni di contratto e mille problemi.

Ogni commento appare superfluo, soprattutto se si considera che Jalen Rose entra nei Knicks in una rotazione con 5 giocatori di spicco (Marbury, Crawford, Q-Rich, il giovane e promettente Nate Robinson e lui stesso) per tre ruoli esterni.

Secondo la Legge di Murphy, "Se qualcosa potrà  andar male, certamente lo farà " (o se preferite : solo chi tocca il fondo può cominciare a scavare ; lasciamo anche qui spazio alla vostra libera interpretazione).

Così ieri è rimbalzata da New York la notizia ufficiale dell'ultima follia di Thomas, che ha pensato bene di cedere Trevor Ariza (circa 600 mila dollari in scadenza) e Penny Hardaway (un giocatore alla frutta e 15 milioni di dollari in scadenza che si è tenuto caro per due anni e ceduto quando tenendolo poteva poi scaricarlo dal cap…)a Orlando.

In cambio di chi? chiederete voi… ; nientepopodimeno che in cambio di Steve Francis, estroso, funambolico, caratteriale play guardia ex Houston, mai giocatore franchigia a Orlando, che anzi ha preferito mettere il broncio e farsi cedere, assieme al suo contratto che recita 13 milioni di dollari per tre anni.

Insomma, proprio quel che ci voleva per i Knicks : ora a ruotare nei tre ruoli esterni sono in sei, l'ambiente sarà  sereno e rilassato di certo, dato che tutti i ragazzi sono pronti a cedere il posto al compagno più in forma o a cedergli un tiro, se lo vedono smarcato.

Finalmente una gran difesa, fatta di sforzo ed abnegazione, in cui i lunghi potranno esaltarsi, visto che in attacco, oltre a far blocchi e prendere rimbalzi, resterà  loro il tempo per una bella partita a dama, tanto di palloni non ne vedranno neppure l'ombra.

Data la facilità  della gestione del tutto, coach Brown potrà  finalmente rilassiarsi, visto che tanto in campo la squadra andrà  praticamente da sola, fedele alle sue consegne, his way or highway (a modo suo o fuori dalle scatole insomma…), senza lasciare spazio a interpretazioni personali, come del resto finora. (si, si, eccome…)

Tutto a posto no?
Ovvio che no, visto che in realtà  la situazione è più o meno opposta a come è stata appena, scherzosamente ed ironicamente descritta.

Senza contare che il bilancio dei Knicks, sopra il cap di una sessantina di milioni di presidenti estinti, ha già  assunto una nuova tonalità  di rosso, il "rosso disperato".

Però rimangono ancora alcune ore alla scadenza degli scambi e una nuova mossa di Thomas non è da escludersi…cosa dire?

Provaci ancora, Zeke !!!

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