Peja e Indiana vogliono ripartire insieme
Sono passati nove mesi dalla fine dell'era Miller, da quella gara 6 con Detroit conclusasi con il commovente addio al basket giocato di Reggie, acclamato da tifosi, compagni e avversari, eppure la vera svolta, il vero cambio di pagina nella storia della franchigia diretta da Donnie Walsh sembra essere giunto solo ora con lo scambio che ha visto partire Artest per la California in cambio di Stojakovic.
L'addio di Artest era ormai certo, dati i rapporti ormai irrimediabilmente incrinati dopo la burrasca dello scorso anno seguita alla rissa del Palace of Auburn Hills; ciò che non sapevamo, erano la destinazione e la relativa contropartita.
Artest, al centro del tam-tam mediatico degli ultimi mesi, ha confessato che diverse grandi stelle, tra cui Kobe Bryant e Kevin Garnett, lo hanno contattato per convincerlo ad andare a giocare con loro, ma quando si è presentata a Larry Bird l'opportunità di portare a casa uno dei suoi pupilli, un giocatore perimetrale come pochi altri nell'NBA quale Peja Stojakovic, la trade si è fatta nonostante l'iniziale diffidenza di Ron Artest.
Il procuratore del giocatore, ai primi sentori di una trattativa con i Kings, aveva messo in dubbio il gradimento del giocatore per tale destinazione. Le cose sono cambiate con una riunione informale a tre che ha visto partecipare Bird, Walsh e Artest, nella quale il management dei Pacers ha messo in chiaro che il numero 7 sarebbe partito alle loro condizioni, pena delle pesanti azioni legali nei suoi confronti.
Detto e fatto, Artest all'Arco Arena e Stojakovic alla Conseco Fieldhouse, con buona pace dei proprietari dei Pacers che avrebbero voluto iniziare questa nuova era della squadra proprio con Artest.
Entrambe le squadre rischiano molto con questo scambio, per diverse ragioni: da un lato i Kings acquisiscono un giocatore che apporta si grande difesa, energia e motivazione, ma anche un carattere tutt'altro che facile da gestire; d'altro canto, i Pacers ricevono un giocatore il cui contratto prevede una clausola che gli permette di diventare free agent quest'estate, e che deve riscattare un anno e mezzo non giocato ai livelli a cui ci aveva abituato in precedenza.
L'eliminazione dai playoffs per mano di Minnesota nel 2004, e le conseguenti critiche di Webber verso alcuni giocatori non meglio precisati (anche se il riferimento a Peja sembrava chiaro), hanno causato delle crepe in un rapporto che sembrava indissolubile. Il serbo chiese già allora di essere ceduto, ma la proprietà si oppose ritenendolo fondamentale, e preferì spedire Webber a Philadelphia.
Ora Peja ha una nuova chance in una squadra che punta anch'essa al rilancio dopo un periodo fatto di luci ed ombre. La squadra è in piena corsa per i playoffs, ed i recenti cambiamenti nel roster hanno portato anche ad un rinnovamento nello stile di gioco, apprezzato anche dalla star della squadra, Jermaine O'Neal, il cui rientro dall'infortunio all'inguine è previsto poco prima della fine della regular season.
Carlisle, allenatore dalle indubbie doti di "knowledge" del gioco, ha fatto si che si passasse da un attacco composto prevalentemente di giochi a metà campo in post basso, ad una filosofia di squadra a tutto campo che corre, crea spazi per andare a rimbalzo e fa circolare velocemente la palla. Un gioco in cui O'Neal crede di potersi adattare sia dal punto di vista tecnico che fisico, e che permetterà a Stojakovic di ritrovare la propria dimensione.
Già nelle prime partite del serbo con la canotta dei Pacers, si sono visti dei giochi realizzati apposta per lui, con maggiore libertà in transizione e numerosi tiri in uscita dai blocchi: tutto questo ha portato, dopo un difficile periodo di assestamento che ha visto Indiana perdere sei volte di seguito, ad un contro-parziale di quattro vittorie consecutive che hanno ridato fiducia all'ambiente, ed hanno visto l'ultimo arrivato intergrarsi sempre più nel nuovo sistema.
Inoltre, la nuova linfa dei Pacers arriva dai comprimari: i miglioramenti a rimbalzo non sono dovuti solo ad un attacco allargato che crea più spazi per gli inserimenti sotto canestro, ma anche al fatto che in contumacia O'Neal, Jeff Foster e Scot Pollard, dediti maggiormente al lavoro sporco, si trovano ad avere più minuti insieme in campo. Anche Danny Granger e David Harrison stanno dando un ottimo contributo sotto le plance, mentre Fred Jones e Jasikevicius dalla panchina stanno inanellando una serie di prestazioni positive.
Rick Carlisle spera di poter mantenere questo stile di gioco anche nei playoffs, e di vedere, oltre al ritorno di O'Neal, delle prestazioni continue da parte di Stephen Jackson, al momento vero "go to guy" della squadra, ed in generale un minor accanimento da parte della sorte che continua a vedere i Pacers protagonisti di tanti, troppi infortuni (il ritiro forzato di Jonathan Bender è un vero peccato considerate le potenzialità che il giocatore aveva dimostrato nei primi anni di carriera).
La squadra è ancora un cantiere aperto, ma finalmente sembra essere tornato a regnare l'ottimismo, soprattutto perché il progetto per il futuro va concretizzandosi: i Pacers hanno giocatori di talento ed un gioco più accattivante rispetto al passato, si sono liberati delle scorie legate ad Artest, ed hanno anche spazio salariale per sperare di conquistare sul mercato quei pezzi che possono completare il puzzle di una squadra che quest'anno sarà sicuramente una mina vagante ad est, ma che dall'anno prossimo cercherà sicuramente di tornare a puntare a qualcosa di più di una semplice partecipazione alla post-season.