Nessuno è ancora riuscito a capire se il ragazzo è scarso sul serio o per finta…
Il mondo Nba è beffardo e misterioso: ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare.
Ho visto il pachidermico boscaiolo Wennington attentare all'incolumità dei ferri di piazza Azzarrita per poi vincer tre anelli come centro di back up dei leggendari Bulls.
Ho visto un viziatissimo Danilovic panchinizzato dal CBAizzatissimo Voshon Lenard, ho visto balenar aurore boreali sopra i tetti salariali del madison square Garden, ed ho visto guardie dai maroni in fiamme star alla larga dai giochi di Larry Brown; ma tutti questi ricordi andranno perduti, come la noia dissipata dalla pioggia di tiri dei Suns..
Come dunque affrontar, adeguatamente, il mondo Nba essendo un italico giovinotto infarcito di talento ed impellente brama di affrontar l'unico vero basket? In tal giuoco, bisogna aver la gran fortuna di beccar lo spot giusto nel team giusto, l'allenatore giusto per il tuo cervellino e per il tuo modo di giocare, avere la capacità di adattattarsi ma anche di non snaturare i propri talenti.
Il passaggio dal college o dall'europa all'NBA è, dunque, un totale salto nel vuoto se nel passport digitale non hai scritto Lebron James: infinita è la lista delle sorprese e dei flop.
Il sistema dei draft impedisce al baldanzoso spaghetti player di scegliersi un team adeguato a lui. La roulette di Stern decide di che morte morir o qual onda cavalcar. Risulta chiaro che se finisci nei Knicks, allenato dall' allenatore più sopravvalutato della galassia, con 2000 guardie smaronatissime in crisi di nervi, un pivot cardiopatico ed un GM maniaco sessuale, tempo un anno sei di nuovo con le caviglie nel mar adriatico..
Ovvio anche che se finisci sotto i baffi del wizard dell'Arizona, entro due anni, sarai all'all star game a far qualcosa di leggendario indossando scarpe col tuo nome sopra.
Tra questi due estremi ci son svariate possibilità di lacrime e gloria decise dai rutti del destino, dallo scintillar del talento e dallo sgraziato fato ortopedico.
Il ruolo del giovine non è cosa secondaria. Vero è che i lunghi sono merce rara e ricercatissima, ma spesso il lungo matura dopo e con fatica: tutto questo sbrodolamento sul Bargnaghi prima scelta 2006 potrebbe anche essere pericolosamente Milicizzante, soprattutto per un giocatore che sembra talentuosissimo ma ancor piuttosto scostante e di striscia.
Fondamentale dunque è il quando far il gran salto. Per quando riguarda Belinelli, già killer letale, io direi subito, sennò rischia di sedersi, di adeguarsi, di levarsi il numero 23 dalla maglia per un tranquillo 8 di una guardia razionale europea.
Rischia di fidanzarsi, di farsi infinocchiar da allenatori malati di vittorie, pronti a riempir di aria fritta le fragili menti degli atleti pur di tenerseli in squadra, rischia di perder l' entusiasmo (Smodis, Andersen?).
Parker è andato giovanissimo, ha avuto la fortuna sfacciata di beccar un team svuotato di PG e con due lunghi da panico, è cresciuto soffrendo, ma dentro un team NBA, ma poi è esploso come avete visto l'altra sera a Houston.
E' anche vero che il buon Darko ha dominato il draft da giovinetto ed ha poi vinto il premio del più grosso flop del decennio ma, è anche vero che ha dovuto subir come primo allenatore l'intristitore più potente del globo (Larry 9'000'000 USD Brown).
Oh, magari è brocco cosmico di suo (vedremo a Orlando) ma a volte succedon anche strane cose, come il caso Boris Diaw, stratristo come Hawk, e divenuto Magic Johnson nella run and Sun del baffino.
E' indispensabile tener duro almeno tre anni tollerando ogni genere di angheria ed umiliazione prima di decider di tornar a mangiar spaghetti o radicchi trevigiani. In fondo anche il leggendario Drazen Petrovic a Portland ha dovuto sorbire belle umiliazioni in tempi in cui la NBA aveva ben meno spot liberi per giocare.
Comunque una cosa è chiara, la NBA ha più squadre, molti più giocatori, quindi ora il livello di entrata in NBA è più basso qualitativamente. Molti più Europei buoni vanno ed andranno in NBA, i campionati europei hanno già perso la qualità di anni fa.
Gli stranieri USA non fanno più la differenza perché i buoni rimangon là anche a fine carriera. Quindi in fondo la NBA ora come ora è il SOLO ed UNICO campionato mondiale per club. Tutti quelli che san giocare sono lì.
C'è solo una parola d'ordine per il giovine italico talentuoso che brama la gloria cestistica: OSARE! Mollare gli ormai pietosi scenari di campionati italiani, di deserte coppe Italie, di trasferte turche e siberiane ed infilarsi in un volo TWA per il Draft 2006 a New York.
Andate fanciulli e microondizzate le retine più famose degli States, il tempo è giunto!