I Bucks sono la tipica squadra del sommerso NBA, con tanto talento poco conosciuto…
Metti una partita NBA in cui le alterne fortune causano un testa a testa delle due squadre nei minuti finali. Tra il pubblico sale la suspense ed i giocatori sono destinati di là a breve a rivelarsi per quella che è la loro più vera natura.
Armageddon
Il Giorno del Giudizio, secondo la mitologia giudaico-cristiana; che alla fine dei tempi si svolgerà proprio nella piana di Megiddo (in Palestina, eh si, quando si parla di coincidenze ; se un evento è drammatico e segna il futuro dell'umanità pare non possa svolgersi altrove…). E tutti gli uomini saranno divisi tra coloro che avranno meritato la salvezza e coloro che saranno dannati per l'eternità . Evento "senza domani" se mai ce ne fosse uno" .
Avete mai pensato che ci sono momenti nella nostra vita in cui siamo costretti a scegliere? E compiendo una data scelta, a rivelarci per quel che siamo? In tante occasioni ci è permesso evitarlo, mostrarci neutrali rispetto a una data situazione ma certe volte" certe volte proprio no, non possiamo ; dobbiamo prendere in mano la situazione, se ne siamo capaci, ed affrontarla, sacrificando, se è il caso, anche i nostri interessi o addirittura la nostra vita in nome di qualcosa in cui crediamo, oppure… .
Oppure possiamo rifiutarci, possiamo rinunciare, possiamo passare la patata bollente ad un altro, che se la sbrighi, fedeli non ad un principio ma all'istintiva salvaguardia della propria integrità , della propria posizione sociale o relazionale o lavorativa che sia.
E' il caso di chi ha combattuto una guerra, espressione più terribile del fato che non lascia scelta, eroi o vigliacchi, combattere o disertare.
E' il caso di chi si trova a dover scegliere se accettare un'ingiustizia o denunciarla e combatterla, magari da solo contro una maggioranza ostile, nei più diversi ambiti.
Così è la vita, che ci volete fare… avete progettato e disposto per restare tranquilli nel vostro cantuccio, che vi si lasci in pace, senza dovervi mostrare eroi o vili in nessuna situazione ; vi piacerebbe e per un po' magari ci riuscite, ma prima o poi il destino vi viene a cercare, per farvi la fatidica domanda che richiede obbligatoriamente risposta : “Chi sei tu, veramente?”
E allora vi tocca uscire dal vostro rifugio, dove il fato vi ha scovato, e venir proiettati magari su un campo di basket, nel playground più fatiscente della terra oppure sul parquet di una franchigia NBA, proprio quando i giochi si fanno duri e tocca ai duri cominciare a giocare, sempre che di duri si sia in presenza.
Vi siete mai chiesti quanto il basket sia la metafora della vita? Non credo ci sia uno sport che sia così ricco di sfaccettature, che consenta una tale quantità di interpretazioni, come del resto la vita stessa.
Non esiste il pareggio innanzitutto, non potete essere camaleonti in campo ; il gioco, gli avversari, vi smascherano all'istante. Potete essere leoni o soltanto gazzelle ; in ogni caso ci si accorgerà di voi, che vogliate o no, e sarete conosciuti per quelli che vogliono l'ultimo tiro o quelli che, con palla in mano al momento decisivo, la passano al compagno perché tenti lui la sorte e si prenda gli onori o le critiche.
Ecco, c'è chi quella palla non la passa e prende il tiro che il destino e il team gli hanno affidato, e lo mette…o magari no, perché solo chi non tenta può evitare l'errore.
Nessun grande tiratore non ha mai sbagliato un tiro decisivo, prendetevi le statistiche e controllate voi stessi. Non Jordan, il più grande talento mai espresso da questo gioco e il più vincente anche, ha avuto serate negative e nei primi nove anni di NBA di tiri decisivi ne ha sbagliati, anche se non tantissimi.
Non Bird, di cui Magic Johnson diceva di aver paura perché, se avesse potuto disporre del pallone per vincere, lo avrebbe messo certamente dentro. I tiri at the buzzer di Larry Legend non si contano, e l'alone di infallibilità che lo contornava non è stato scalfito dai pochi ma significativi errori che ha commesso.
E neppure Magic Johnson, che ha fallito nella gara 7 delle Finali 1984 un tiro libero decisivo, non solo per la partita, ma per tutta la serie, andata poi ai Celtics. Ma che nel 1985 ha avuto una seconda occasione e si è preso la rivincita decidendo, in gara 6 contro i biancoverdi, la partita e la serie a proprio favore con un “gancio cielo”, marchio di fabbrica del compagno Jabbar.
La fiducia che questi tre grandi campioni hanno dimostrato di avere in sé stessi non nasce dalla infallibilità , perché essa non esiste ; tutti sbagliano, anche loro, loro soprattutto. Ciascuno di loro ha sopportato la frustrazione di perdere una gara per un proprio tiro allo scadere andato fuori e non dentro. E non una sola volta.
Anche Reggie Miller, longilineo tiratore dei Pacers è stato capace di segnare due triple consecutive in una finale di Conference contro New York in pochissimi secondi, ma ha anche sbagliato tanti altri tiri "at the clutch".
Il loro segreto, se mai di segreto si possa parlare, sta nell'accettazione del fatto che la vita va così, ci sono partite che si vincono e altre che si perdono, ci sono palloni che entrano e altri che non entrano, ma rifiutare di giocare un pallone decisivo, rifiutare un tiro, è un po' come rinunciare a quello che la vita ti mette davanti, rinunciare a vivere, insomma.
Se mai, conviene allenarsi duramente e costantemente, in modo da accrescere le proprie capacità di segnare "quel" tiro e così rafforzare anche la propria fiducia nel riuscire a farlo.
Questa regular season 2005-06 ci sta però mostrando una squadra in grado di vincere al fotofinish un numero di gare che sta diventando via via più consistente.
Non è sempre lo stesso giocatore a vestire i panni del clutch scorer, ma diversi membri della squadra hanno saputo alternarsi in questo ruolo cruciale.
Non si tratta di un team di primo livello, insomma non stiamo parlando dei Pistons e neppure della sorpresa Dallas, giunta al tredicesimo successo consecutivo, ottenuto però spesso asfaltando i malcapitati avversari di turno.
Il record di questa franchigia, 25-23, di poco superiore al fatidico 50%, assicura al momento un posto nei playoffs che è però tutt'altro che definitivo.
E neppure si tratta di una franchigia dal pedigree immenso. Presente nella NBA fin dai suoi albori, non ha però quasi mai recitato, se non negli anni 70 con Oscar Robertson prima e Jack Sikma poi, un ruolo di primo piano.
Non vi gioca il campione emergente di turno, anche perché oggidì non sono tantissimi e giocano in franchigie come Miami, Cleveland, Denver e Toronto.
Insomma, i Milwaukee Bucks 2006 possono essere definiti "The Clutch Team" per eccellenza, in virtù delle 12 partite concluse per 3 punti o meno, tra le quali 4 nell'overtime.
Di queste gare, i Bucks sono riusciti a vincerne ben 8 grazie alle prodezze di giocatori magari non sempre eccellenti, ma ai quali non fa di certo difetto quella capacità di accettare e disputare le sfide di cui parlavamo poc'anzi.
Certo non stiamo parlando di superstar, se si eccettua la guardia Michael Redd, ottimo esecutore pagato però come una stella (anche parecchio luminosa, a giudicare dalla quantità di presidenti defunti che percepisce il nostro), che viaggia alla media di 25,1 punti (tirando con un ottimo 40% dai 7 e 25), a cui aggiunge 4,50 rimbalzi e quasi 3 assist per gara.
Si tratta di ottimi giocatori, come Bobby Simmons e Mo Williams che, sulla base delle loro ottime percentuali, assieme a Redd sono attualmente annoverati tra i migliori 25 tiratori dall'arco dei tre punti e che, quando il gioco lo richiede, sono stati finora bravi a vestire i panni di clutch scorers e come detto anche di match winners.
Il più improbabile risolutore però è stato il rookie Andrew Bogut, sia perché il ragazzo australiano è un centro, sia perché si tratta appunto di un giocatore alla prima esperienza tra i pro.
Nonostante questo, con enorme faccia tosta, il ragazzone si è buttato nella mischia ed ha stoppato un tiro di Jason Terry "at the buzzer", garantendo ai suoi la vittoria all'overtime sui Mavericks per 113-111 a fine novembre (quando ha pure preso 14 rimbalzi, record personale, strappando per una volta all'ottimo Jamal Magloire la palma di miglior rimbalzista della squadra).
Non pago di aver deciso la partita con un'azione difensiva, Bogut ha voluto mostrare che anche dall'altra parte del campo sa dire la sua ed ha aspettato di avere di fronte nientepopodimeno della corazzata dell'Ovest, i campioni in carica di San Antonio, il 20 dicembre scorso, per sancire la vittoria della propria squadra con un tiro ravvicinato, quasi un tap in, dopo aver ricevuto palla sulla rimessa laterale, che ha decretato il 109 a 107 per i Cerbiatti.
Se affrontate i Bucks, quindi, e siete così bravi da condurre la gara, occhio a tenerli a distanza in vista del traguardo, perché la zampata assassina vi potrebbe essere sferrata da più di uno di loro, giocatori che sanno prendersi la responsabilità di "quel" tiro, perché sanno che dopotutto stanno giocando il gioco più bello del mondo e ci tengono a giocarlo