Wade guarda verso l'alto alla ricerca di risposte che i Miami Heat non hanno ancora trovato
Raramente il bicchiere è apparso così vuoto per una squadra che ha 20-11 di record. Non siamo impazziti: questo è il record di Miami dal rientro in squadra di Shaq O'Neal. Eppure non c'è osservatore Nba che al momento consideri gli Heat all'altezza di andare fino in fondo. Sarà per la qualità delle vittorie e, soprattutto delle sconfitte: 1-9 contro squadre in testa alle loro division, al quale va aggiunto, nel momento in cui scriviamo, lo 0-2 contro i San Antonio Spurs.
"Non penso che ci siano garanzie - ha detto Pat Riley dopo l'ultimo rovescio 112-76 contro Dallas - sul fatto che una squadra possa cambiare passo repentinamente in vista dei playoffs" Le stesse cose le aveva ripetute ai giocatori pochi minuti prima, in uno spogliatoio affranto per la peggior sconfitta della stagione. "Sono addolorato - ha continuato l'ex architetto dello show time - mi prendo la responsabilità per il piano di gara che evidentemente non ha funzionato: ho scelto questi giocatori e rimango convinto di avere per le mani una buona squadra." Sottointeso: potrebbero anche dare qualche cosa in più. Alcuni dati: il 76.5% al tiro nel terzo periodo, quello in cui i texani hanno scavato il canion decisivo, 14 punti in questo frangente per Dirk Nowitzky, Dallas ad un certo punto avanti 70-45.
"Questa sera - ha ammesso Shaq, l'unico a salvarsi con 23 punti e 9 su 12 al tiro - sono stati tre piste avanti a noi per energia: dobbiamo salire di livello contro le squadre migliori." Fatto sta che questa storia dell'energia salta fuori un po' troppo spesso. Non basta stravincere con Cleveland e battere Boston in casa se, appena ci si allontana dalla Florida, i ruggiti si trasformano in flebili miagolii.
"Credo che le altre squadre giochino - ha spiegato coach Riley - con un diverso senso di urgenza; la sfida è far capire ai miei giocatori che, continuando così, non possiamo dar nulla per scontato. Nemmeno l'ingresso ai playoffs." In quanto a raffinatezza, i giochi mentali di Phil Jackson, al confronto sono, come direbbe Shaq, "tre piste avanti".
"Non so perché non riusciamo a trovare questo atteggiamento - ha spiegato Dwyane Wade - Sappiamo che possiamo giocare con chiunque ma spero che arriveremo presto ad un salto di qualità che è necessario." E' facile capire che questi non sono i discorsi normali per una squadra che dal 20 gennaio ha vinto 7 di 10 partite.
Salvo perdere contro Phoenix, New Jersey e Dallas; squadre al vertice dei loro gironi. "I giornali fanno il loro mestiere benissimo - aveva spiegato Riley presentando la sfida con i Mavs - raccontando alla gente che non vinciamo mai contro squadre di alto livello. Sta a noi far finire questa storia nell'unico modo possibile: vincendo una di queste partite."
Parole chiare per un allenatore che però non sembra avere, al momento, il polso della squadra.
La conduzione tecnica è ancora un rebus in cui non si capisce quale ruolo spetti a Antoine Walker e, soprattutto, quale sia il piano difensivo e quali risultati abbiano dato i famosi esercizi per abituare i giocatori a rotazioni automatiche. Per adesso sul campo si vede troppa anarchia. Tanto che contro Boston ha rifatto capolino Shandon Anderson, tanto per far notare che se hai bisogno di un difensore in ala piccola è meglio metterci un giocatore con la velocità di piedi per quel ruolo.
Eppure fino a qualche giorno fa quello doveva essere il ruolo del già citato "genius".
"Questa squadra - fa sapere Riley - non è consistente come una squadra da titolo."
I giocatori, a parole, ripetono fedelmente la lezione. Però è un fatto che la linea tecnica cambia ogni settimana. Il vero problema è che difficilmente si potrà rispondere ai punti interrogativi se le sfide di cartello finiranno come l'ultima con Shaq O'Neal seduto per tutto il quarto periodo a partita virtualmente conclusa. La conduzione psicologica è l'ulteriore dilemma. Riley sta chiaramente dimostrando di indossare un vestito stretto: in carriera ha sempre allenato le sue squadre facendo dare loro il 100% dell'intensità in allenamento ed in ogni partita di stagione regolare.
Questa, sull'argomento, non risponde: l'ex allenatore di New York ci ha provato con le normali motivazioni, poi con il sarcasmo. Ora, estrema ratio, adopera la filosofia negativa parlando di improbabili scenari e eliminazioni dalla post season. Difficile che giocatori navigati come O'Neal, Payton e Mourning siano recettivi a questi mezzucci. Anche perché nessuno può pensare che questa squadra non vada ai playoffs. A dire il vero, di solito, non si mette nemmeno in discussione che una squadra col 66% record si qualifichi per la post season.
Ma, come abbiamo detto, oggi a Miami il bicchiere è mezzo vuoto.