Ward, il sorriso al potere

Hines Ward festeggia col figlio Jaden

Ci sono dei successi che non nascono per caso, ma vengono da lontano. E' il caso del quinto anello dei Pittsburgh Steelers, ma anche quello del titolo di Super Bowl MVP andato ad Hines Ward. Un anno fa l'ex 'slash' uscito dal college di Georgia il sogno della finale lo aveva sfiorato, e dopo la sconfitta con i Patriots nel Championship della AFC, il giocatore più sorridente del pianeta pianse.

Per Jerome Bettis, che qualche minuto prima negli spogliatoi aveva fatto capire ai compagni di volersi ritirare, ma anche per quel sogno che una squadra, un'intera organizzazione, furono costrette a rimandare ancora una volta.

La lunga strada verso Detroit inizia in quel momento, con Ward in lacrime che davanti ai microfoni guarda nel vuoto e continua a ripetere "non ce l'abbiamo fatta". Dodici mesi dopo c'è l'abbraccio con The Bus sul palco del Super Bowl XL, c'è il Vince Lombardi Trophy riportato a Pittsburgh dopo 26 anni, c'è la gioia personale di essere il Most Valuable Player della Partita per eccellenza. Un titolo ottenuto dopo un ballottaggio ristrettissimo, vista la mediocrità  generale del Super Bowl, ma è un titolo che fa capire come lo sport, spesso, sia ancora sacrificio e determinazione.

Ward nel draft del 1998 si presenta come wide receiver con un passato da quarterback. Molti lo considerano uno 'slash' puro, è ben al di sotto della statura media dei ricevitori della NFL e nei drill non mostra un atletismo devastante.

Scende al terzo giro, viene preso dagli Steelers e nell'anno da rookie gioca da #4 raggranellando 15 ricezioni per 246 yds ed un end-around da 13 contro Cincinnati nella penultima partita di regular season. Di mete non se ne parla. A molti sembra un giocatore incompleto, con ottime mani ma ostacolato da un'inadeguatezza fisica. Insomma, l'errore che nella storia ha portato a sottovalutare centinaia di fenomeni veri.

Tra quella stagione da novellino e la notte del 5 febbraio, c'è la crescita continua di un giocatore tra i più completi della lega. Un ricevitore capace di mandare Ben Roethlisberger a chiudere un primo down bloccando un colosso come Orpheus Roye, uno in grado di rialzarsi con un sorriso a 32 denti dopo aver preso un colpo terrificante da John Lynch.

Un fuoriclasse che la notte del 13 novembre 2005 fece impazzire la difesa di Cleveland togliendo a Sua Maestà  John Stallworth lo scettro di miglior 'WR' nella storia di Pittsburgh in fatto di ricezioni. E nei libri dei record di franchigia lui, Ward, è sempre lì, nelle primissime posizioni. Ora davanti, ora appena dietro a gente come Stallworth, Lynn Swann o Louis Lipps.

E nel suo primo Super Bowl Ward ha sì sentito l'emozione, mancando due ricezioni semplici quanto pesanti, ma è riuscito comunque ad essere decisivo tenendo in punta di dita, e in corsa, una palla arrivata a 20 centimetri da terra.

Nella giocata più spettacolare della serata Ward si è fatto trovare come sempre al punto giusto nel momento giusto raccogliendo e portando in meta un end-around pass di 43 yds partito dal braccio di Randle El, la fotocopia esatta del terzo touchdown realizzato nella notte del record contro i Browns. Ma Ward, probabilmente, ha messo l'MVP in bacheca grazie al pallone catturato a 2 metri dalla linea di meta su una pericolosa 'invenzione' di Big Ben.

Un missile che ha incrociato il campo e che solo per la bravura del n.86 non è finito tra le mani di Michael Boulware. Un lancio azzardato, che Ward ha trasformato in una delle giocate più importanti della partita gettando le basi per la successiva meta, importante quanto contestata, di Big Ben.

Super Bowl MVP meritato da Ward?
A guardare la sua stagione, la sua carriera, la risposta affermativa è obbligatoria.

Se si prende in esame la sola partita di Detroit forse qualche dubbio può nascere. Il fatto che sia andato a Ward non è un errore, sia chiaro, ma forse per la prestazione complessiva Randle El lo avrebbe meritato maggiormente.

Tre ricezioni per 22 yds dicono poco, ma a queste l'ex quarterback del college di Indiana ha aggiunto una palla perfetta lanciata sulla corsa per la meta sull'end-around e un placcaggio da applausi su Kelly Herndon, rincorso per oltre 70 yds - oltretutto partendo dalla parte opposta del campo – dopo l'intercetto nella redzone a Roethlisberger. Una partita di carattere, come quella di Casey Hampton, andato ben oltre i numeri (4 tackle ed u la firma su uno dei 3 sack subiti da Matt Hasselbeck).

Alla fine il solito macchinone è andato a Ward, che con 5 ricezioni è rimasto ben lontano dalle 11 che lo scorso anno avevano permesso a Deion Branch di strappare il titolo MVP al solito Tom Brady eguagliando il record del Super Bowl stabilito da Jerry Rice. Comunque la si veda questo resta un riconoscimento importantissimo anche per un altro motivo.

Negli ultimi anni le due squadre che vinsero il Super Bowl grazie principalmente a difese dominanti, Tampa Bay e Baltimore, al Grande Ballo sfornarono MVP proprio dal reparto difensivo (Dexter Jackson per i Bucs e Ray Lewis per i Ravens).

Ward, nonostante la serata no di Roethlisberger e dell'attacco black'n'gold in generale, è riuscito comunque a tirare fuori il carattere, a dimenticare qualche errore e a risultare, a conti fatti, determinante. E questa, anche quando non si gioca la miglior partita in carriera, è la caratteristica dei fuoriclasse.

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