Rip Hamilton e i Pistons sono i favoriti per il titolo NBA…
Come ogni anno, in corrispondenza del singolo evento sportivo più seguito del pianeta, il Superbowl, l'NBA si appresta a celebrare la partita delle stelle (mai come quest'anno sarà dura per i coach decidere chi lasciare a casa, se pensiamo che neanche un papabile MVP a fine stagione come Chauncey Billups ha il posto garantito), e per addetti ai lavori e spettatori è tempo di fare un primo bilancio della stagione in corso.
Partendo dalla costa Atlantica, se guardiamo i "freddi numeri" delle classifiche, viene da pensare che la riconferma di Detroit come pretendente al titolo ad Est sia una pura formalità ; ciò che preoccupa è che anche i segnali che vanno al di là dei numeri sembrano delineare una corsa senza troppe difficoltà per i vice-campioni del mondo.
Miami, considerata ai nastri di partenza alla pari se non addirittura superiore rispetto ai Pistons, con gli innesti sulla carta eccezionali di Williams, Walker e Posey, sta deludendo oltre le attese, e viene da chiedersi come mai un coach così attento alla fase difensiva come Pat Riley, che ha preso in mano le redini della squadra da ormai quasi due mesi, non abbia preso in considerazione il fatto che inserire dei giocatori tanto talentuosi in attacco, quanto pigri difensivamente, avrebbe reso una groviera quella difesa che l'anno scorso aveva portato gli Heat ad un passo dalle finali.
New Jersey ha un trio di tutto interesse come quello formato da Richardson, Kidd e Carter, ma dietro questi tre grandi giocatori c'è ben poco, ed anche se titolo divisionale non dovrebbe sfuggire, non sarà facile superare i primi due turni di play-off. LBJ migliora costantemente, e quest'anno i playoff non sfuggiranno ai Cavs, ma forse ciò che solletica le fantasie degli appassionati è ciò che "King James" deciderà di fare a fine stagione quando il suo triennale da Rookie scadrà : si parla dei Knicks, ma visti gli ultimi episodi della telenovela della Grande Mela, verrebbe da augurarsi che ciò non accada, anche se un maestro come Larry Brown potrebbe dare tanto a Lebron, specie nella fase difensiva che "the Chosen One" non sembra ancora masticare con facilità .
Per il resto, la Eastern Conference è una landa desolata di squadre sotto il 50% per cento di vittorie, con l'eccezione dei Pacers che si dimenano tra infortuni, scambi di mercato e polemiche all'interno dello spogliatoio che stanno alterando le prestazioni di una squadra che potrebbe ambire alla finale di Conference.
All'Ovest, come d'altronde dalla fine dei mitici Bulls di MJ del 1998, si respira un'aria diversa. San Antonio si conferma squadra granitica soprattutto a livello psicologico, anche se quest'anno sembra aver perso qualcosa rispetto a quei Pistons sconfitti in gara 7 lo scorso anno in una delle più belle serie finali degli ultimi anni.
Dallas, grazie a forze fresche come Howard al posto di giocatori in fase discendente come Finlay, ed un allenatore che ha dato alla squadra grande equilibrio come Avery Johnson, darà battaglia fino all'ultimo agli Spurs per il titolo di division, e sicuramente anche nei playoff. Phoenix, in attesa del ritorno di Amare Stoudamire, si trova comunque in testa alla Pacific, seguita dagli ottimi Clippers, e con qualche giocatore di rendimento in più come Kurt Thomas e Raja Bell sembra aver aggiunto armi a quell'arsenale che l'anno scorso li ha portati alla finale di Conference.
I Lakers, autori in estate di uno scambio con Washington tra Caron Butler e Kwame Brown che ha lasciato perplesso più di un osservatore, si affidano sempre più a Bryant (e d'altronde come dargli torto visti i numeri che il figlio di "Jelly" Bean sta inanellando?) ma il cast di supporto man mano che la stagione avanza dimostra le sue lacune, e quindi per quest'anno difficilmente i californiani potranno festeggiare qualcosa in più di un ritorno ai playoffs. La North-West Division sembra essere l'unica componente che stona nel quadro sin qui delineatosi ad Ovest.
L'unica squadra che al momento supera il 50% di vittorie, e non senza difficoltà è Denver, che vive di alti e bassi, mentre le altre quattro, a partire da Minnesota (che tristezza vedere un Garnett relegato alla lotta per uno spot nella post-season, da amirare l'orgoglio con cui si ostina a voler rimanere a Minneapolis, ma almeno una volta lo vorremmo vedere giocare per l'anello!) passando per Seattle che ha vissuto un'estate nella quale tutto ciò che di buono era stato fatto per costruire un'ottima squadra da corsa le è stato portato via, arrivando agli ex "Jail-Blazers" in piena fase di ricostruzione e quindi non giudicabili in questa stagione.
La nostra analisi di questa prima metà della stagione merita di soffermarsi su due squadre che finora hanno deluso oltre le aspettative: Houston e Sacramento. Houston può in parte lamentarsi per i numerosi infortuni che stanno affliggendo la squadra, ed in particolare il grande T-Mac, ma per il resto la conduzione tecnica lascia a desiderare: Van Gundy, convinto assertore di un attacco ragionato e di una difesa arcigna, si trova a cavalcare una squadra in cui il leader spesso e volentieri non aspetta più di 5 secondi per prendersi un tiro, ed un Front Court formato da giocatori che possono dare molto di più in fase offensiva che in quella difensiva.
L'altra delusione, anche se in parziale fase di ricostruzione, è Sacramento: una squadra che dopo l'ultimo scambio presenta un quintetto con Bibby, Wells, Artest, Abdur-Rahim e Miller, più panchinari del calibro di Garcia, rookie più che interessante, non dovrebbe trovarsi a lottare per un posto ai playoff, ma per le leadership della division insieme a Phoenix. Certo Artest non è un personaggio facile da assimilare al resto del team, e forse il tempo vedrà crescere questi Kings, ma i risultati al momento non premiano il pur ottimo GM Peotrie.
In conclusione, una nota di merito per il probabile rookie dell'anno, Chris Paul. Capitato nella squadra più disastrata della lega anche dal punto di vista ambientale visti gli sconvolgimenti portati dall'uragano Katrina che costringono la squadra a giocare le partite interne ad Oklahoma City, e con un'ombra scomoda come quella del "Barone" sulle spalle, il play ha saputo prendere in mano le redini della squadra, che ha già superato il numero di vittorie ottenute in tutta la stagione 2004-2005. Guarderemo con interesse lui e le altre stelle che allieteranno l'all-star game di Houston.
A presto, cari amici appassionati dello sport più bello del mondo!