Bill Cowher sventola uno dei tanti Terrible Towels che riempivano il Ford Field.
Doveva essere la partita di Jerome Bettis e di Shaun Alexander, Quella di Matt Hasselbeck e di Ben Roethlisberger. Della miglior linea offensiva nel panorama del football contro uno dei più forti schieramenti 3-4 di tutta la NFL.
Doveva essere il Super Bowl della consacrazione di Bill Cowher come miglior coach NFL dopo "voi sapete chi" e di Mike Holmgren come il primo head coach a vincere due Super Bowl con due squadre diverse.
Doveva essere il no-sex show e così è stato grazie a quei piccoli 5 secondi di ritardo con cui l'ABC ha mandato in onda lo spettacolo dell'intervallo. Frazione di tempo che ha permesso di tagliare parole, espliciti riferimenti sessuali, in due delle canzoni degli Stones. Puritana America.
Poi però puoi andare al negozio all'angolo e chiedere disinvoltamente: "Vorrei quella Glock lassù, grazie".
Ma torniamo alla partita che, detto per inciso, bella non lo è stata. Non una di quelle insomma che il canale CLASSIC di Espn riproporrà fra 10/15 anni. Ma è stata una partita incerta invece, a tratti combattuta, a tratti bruttina, che le zebre hanno parzialmente rovinato dando un tocco di attuale italianità alla vittoria degli Steelers.
Che, sempre per inciso, questa partita l'hanno vinta meritatamente ed è tutto da dimostrare che, senza gli errori arbitrali che hanno, in pratica, negato almeno 11 punti ai Seahawks, questi ultimi sarebbero stati in grado di fermare gli Steelers e dare la possibilità a Paul Allen di alzare il Vince Lombardi Trophy.
Il trofeo invece lo ha alzato Mr. Rooney ricevendolo dalle mani di quel Cowher al quale ha concesso sempre il beneficio del dubbio, tenendolo sulla stessa sideline negli ultimi 14 anni quando invece i suoi colleghi owners ne cambiavano ben 93.
Errori arbitrali a parte, che come hanno riconosciuto quelli di Seattle sono stati parte, e non esclusiva, della causa della sconfitta, il merito di Pittsburgh è stato quello di fare la giocata giusta nel momento giusto.
Tempismo. Determinazione. Consapevolezza dei propri mezzi.
Viene infatti da chiedersi se sia o meno corretto continuare a chiamare alcuni giochi di Pittsburgh "trick plays", giochi occasionali, boutades, data la loro frequenza, fermo restando l'assoluta efficacia nelle medesime situazioni. Come in occasione della ricezione da touchdown di 43 yards di Hines Ward, il Most Valuable Player della partita.
Ma gli Steelers sono stati abili a colpire dove Seattle era più debole. Nel reparto delle secondarie per esempio che, all'inizio del secondo quarto, perdeva la safety Manuel (fuori dopo un placcaggio su Ward su una reverse, dato che chiediamo di annotarvi mentalmente perché tornerà buona qualche riga più sotto) e poco dopo anche uno dei due cornerback titolari, Andrè Dyson.
Uno dei giochi chiave della partita è infatti venuto quando nella posizione di safety c'era la riserva di Manuel, ovvero Pruitt. Non ancora pronto a gestire la pressione di giocare un Super Bowl il defensive back di Seattle ha abboccato al "Fake-39 Toss X Reverse Pass (il nome del gioco designato da Whisenhunt nell'occasione) facendosi trovare fuori posizione sul lancio da TD, primo nella storia del SB, del wide receiver Randle El per Hines Ward.
La segnatura portava gli Steelers sopra di 11 a nove minuti dalla fine. Virtualmente irraggiungibili.
Era stata, quest'ultima azione, uno dei pochi momenti in cui l'attacco di Pittsburgh era entrato in ritmo. La piccola, veloce difesa di Seattle infatti era riuscita a tenere gli uomini di Cowher a tre three-and-out consecutivi con Pittsburgh che riusciva a prendere un primo down solamente nel secondo drive del secondo periodo.
A differenza di un Roethlisberger stranamente impreciso e molto più efficace con le gambe che con il braccio, Hasselbeck ha impresso un buon ritmo alla partita, trovando Jackson subito fin dall'inizio con passaggi veloci e usando molto bene le scoperture difensive degli Steelers su Jurevicius e Engram che chiudevano il primo tempo con tre ricezioni a testa.
Il problema è che questa supremazia territoriale e di gioco si è tradotta solo in 3 punti in virtù di un calcio di Brown a metà primo quarto. L'incapacità di sfruttare le occasioni ha nociuto ai Seahawks come mai in questa stagione.
Sarà stata la pressione di giocare per "LA" partita, gli schemi difensivi di LeBeau, tutti quegli asciugami gialli sventolati come fossimo all'Heinz Field fatto sta che Seattle ha commesso tanti, troppi, inusuali e costosi errori che una squadra non si può permettere mai, figuriamoci nella partita della vita.
Così è arrivato l'holding fischiato alla guardia destra Gray su una ricezione di Jackson da 18 yards, su un 3-6, che avrebbe messo, se non sanzionata, Seattle in profondo territorio Steelers. O quel pass interference chiamato a Jackson per avere poggiato una mano sul difensore su una ricezione da TD che avrebbe significato 7 punti anziché i 3 ottenuti dal già detto field goal di Brown.
Per non parlare delle quattro ricezioni malamente perse dal TE Stevens o dei due field goals sbagliati da Josh Brown, del 33% di conversione di possessi nella red zone avversaria quando in stagione Seattle ha viaggiato al 71%. Oppure di quella benedetta trattenuta chiamata a Sean Locklear all'inizio del quarto periodo che ha vanificato una ricezione di Stevens da 18 yards.
I Seahawks, sotto 14-10, a quel punto si sarebbero trovati sulle 1 degli Steelers con quattro tentativi per far prendere a Shaun Alexander il secondo trofeo dell'anno ma soprattutto quella Escalade nera che, a fine partita, era parcheggiata sulla linea delle 15 yards in attesa del nuovo proprietario.
Due azioni dopo, su una della tante situazione di terzo down (17 a fine partita) che Seattle ha avuto e la cui mancata conversione è alla base dell'efficacia del game plan difensivo di Pittsburgh, su uno dei rischi che Hasselbeck aveva iniziato a prendersi nel tentativo di riportare in gara la sua squadra, Ike Taylor intercettava un brutto passaggio per Jackson e riportava il pallone per 24 yards.
Che diventavano, sull'ennesima penalità della gara per i Seahawks (7 finali per 70 yards, quando in stagione erano stati i secondi con i Colts per minor numero di fazzoletti gialli lanciati in aria a sfavore), trentanove e rimettevano in campo gli Steelers.
Michael Smith di espn.com lo ha detto senza mezzi termini: gli arbitri hanno derubato i Seahawks. Prendendo decisioni a senso unico come le chiamate contro la difesa di Seattle già dette o come la concessione del touchdown a Roethlisberger su quel tuffo che ha lasciato più di un dubbio anche in chi scrive.
Ma da qui a parlare di derubare ce ne passa. La verità è che Pittsburgh ha sfruttato meglio le occasioni che la partita ha offerto, difendendo come al solito benissimo con le varie formazioni che LeBeau ha mostrato agli attaccanti di Seattle e mostrando quella capacità di gestione del tempo che, da sempre, contraddistingue la franchigia degli Steelers.
E che, da lunghi 10 anni, ha visto in Jerome Bettis l'interprete migliore. E il drive mangia-tempo finale non poteva appartenere che a The Bus con 7 delle 9 portate chiamate della sideline e cronometro che scorreva fino al two-minute warning quando il football tornava nelle mani dei Seahawks.
Il futuro Hall of Famer però non è mai stato un fattore nella partita così come il gioco di corsa degli Steelers. Il che, detto così, sembrerebbe un'eresia visto che Pittsburgh era andata sopra di 11 all'inizio del 3° quarto con la corsa, record per un Super Bowl, da 75 yards che Willie Parker aveva concluso in quel pezzo di campo con la scritta STEELERS.
Se si esclude infatti quella corsa Pittsburgh ha guadagnato 106 yards su 32 portate, ovvero 3.3 yds di media a portata e soli 6 primi downs conquistati ma soprattutto mai l'impressione di poter dominare una gara come era lecito aspettarsi dalla formazione guidata da Bill Cowher.
Seattle invece è rimasta aggrappata alle corse di Alexander fin quando il punteggio lo ha permesso poi, gioco forza, si è dovuta affidare al braccio di Hasselbeck. Che ha infatti chiuso con il massimo stagionale di passaggi tentati con 49 ed alcuni piccioni volanti nell'ultimo periodo.
Un Super Bowl che era stato anche ribattezzato Extra Large ma che di grande ha avuto ben poco durante la partita se non il sorriso e il viso contento, felice, espansivo di Jerome Bettis a fine partita. Profeta in patria.