Who’s hot, who’s not

Quando si tratta di arrampicarsi al freddo, Shaq è sempre il numero 1

Chimica o non chimica, questo è il problema. Nell'ultimo numero s'era parlato del vento freddo, misto di delusione e critiche, che ha soffiato sul gruppo dopo le due sconfitte contro San Antonio e Phoenix. Le critiche non si sono arrestate, gli Heat, almeno a parole, hanno fatto quadrato per respingerle.
Stravincere contro i Cleveland Cavs è un bel modo per darsi fiducia, specie se con 4'55" da giocare nel primo tempo sei sopra 46-21 e, per la prima volta sei riuscito a limitare la stella avversaria.

"Siamo una squadra che ha talento - ha spiegato Pat Riley a partita conclusa, vittoria 101-73 - e che si deve lasciar guidare da questa caratteristica. Ma arrivati a questo punto della stagione dobbiamo tutti fare un salto di qualità  e, francamente, non vedo ragioni perché non avvenga."
Charles Barkley e Greg Antony sono serviti. In settimana i due ex giocatori, ed ora fra i principalianalisti d'America, hanno espresso un concetto molto chiaro: Miami in questo momento non ha molte chance di vincere il titolo.

"Non sono preoccupato. - ha spiegato recentemente Shaquille O'Neal - Mi è capitato di fare la finale con ottimi record in stagione regolare, con record così così e il con quinto posto. Ora siamo secondi quindi va bene. Non è gennaio il mese per dare un giudizio." Verrebbe da chiedersi cosa siamo qui a fare anche perché può alzare la mano chi ricorda una finale giocata da una squadra di Shaq, partita col quinto posto in stagione regolare.

"Abbiamo avuto tanti infortuni - ha spiegato Haslem, uno dei reduci della passata stagione – il cambio di allenatore: tutto questo ha reso più lungo il processo di assemblaggio della squadra. Ma abbiamo il talento necessario per battere chiunque in questa squadra." "Si tratta di ritrovarci tutti - ha ribadito Payton - essere in salute e cominciare a vincere partite e prendere fiducia. Possiamo avere un record di 21-9 dalla pausa dell'All Star Game in poi. Abbiamo il talento per farlo."

Questa panoramica di opinioni più o meno attendibili lancia un paio di interrogativi. Il primo: qual è il nesso tra vincere 20 partite e avere una reale possibilità  di arrivare in fondo nei playoffs? "E' una questione di ritmo", sembra risponderci lo stesso Payton. Vero fino ad un certo punto perché nei playoffs devi fornire un rendimento mediamente alto per vincere almeno 4 partite su 7 contro avversari del tuo livello. In stagione regolare invece può capitare di giocare un orribile primo quarto, segnare 30 punti contro i Bobcats e vincere comunque, 91-85, grazie al talento di Shaq e Antoine Walker.

Per questo motivo sarà  importante giocare molto bene da qui alla fine ma anche cominciare a vincere partite come quella di Dallas del 4 febbraio e le successive sfide con Detroit del 6 febbraio, 22 marzo e 6 aprile. Perché di questo si tratta: avere continuità  fisica e mentale per giocarsela davvero con le principali avversarie che si incontreranno in post season. Solo raggiunta quella continuità , come dice O'Neal, "conta relativamente arrivare secondi o terzi."

Seconda domanda: il talento a questa squadra non manca, ma la chimica? Ne sa qualcosa James Posey che ha appena contribuito a limitare Lebron James e s'è votato completamente alla causa della sua squadra. Due anni fa, l'ultima stagione completa del giocatore a Memphis, Posey aveva un rapporto di 1 a 2.5 fra tiri da 3 e da 2. L'ex Denver era sostanzialmente un penetratore. Quest'anno su 266 tiri dal campo, Posey ne ha presi 199 dall'arco, segnando col 43.7%. Il giocatore era stato preso per ragioni difensive, ha finora abbastanza deluso sotto il suo canestro, ma sta eseguendo molto bene quello che serve all'attacco di Miami.

Non è difficile capire cosa serve al sistema per funzionare: c'è un pivot che non sarà  più dominante coma qualche anno fa ma chiama ancora il raddoppio. Sul perimetro c'è un penetratore incredibile con l'idiosincrasia per il tiro da tre come Wade. Evidentemente agli altri rimangono in gran parte conclusioni piedi per terra dagli scarichi. E se l'area dev'esser libera per il lavoro della coppia, più da lontano arrivano queste conclusioni, meglio è.

Gary Payon ha finora preso 142 triple su 336 tiri complessivi. In stagione sta tirando con il 33.8% da tre, qualcosa meglio del 33.3% del 2004, nella sua unica e disgraziata campagna ai Los Angeles Lakers. Antoine Walker ha asciugato molto il suo gioco: nel 2004 a Dallas si regalò 1129 tiri dal campo in 82 partite con 305 conclusioni da tre e un tragico 26.9%. Quest'anno, giocando meno, fermando meno la palla, si attesta a 222 triple su 516 tiri totali. La percentuale da tre, non a caso, è la migliore degli ultimi anni con il 36.5%.

Questo per dire che, al momento, persistono ancora forti dubbi sull'efficiacia di questi giocatori in rapporto a cosa viene loro chiesto. Per non parlare poi della difesa, per entrambi non ancora pervenuta.
In un contesto di questo tipo il meno peggio è il povero Jason Williams che tira con il 40% da 3 e tende a girare al largo dall'area.

Tutte quelle conclusioni in palleggio di Walker in area, tutte le virate di Payton che, non dimentichiamo, ha sempre avuto nel post basso la sua principale arma offensiva, non fanno necessariamente il bene del sistema offensivo di Miami.

Sono tiri di grande talento. Ma sono tiri non necessariamente giusti per vincere il titolo. Questo equivoco dovrà  essere affrontato prima o poi; a patto di non chiedere a Shaq e Wade di cambiare il loro gioco. Anche se siamo solo a gennaio sarebbe un problema molto più grande.

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