Gilbert vola come Superman, ma questo non basta ai Wizards per ripetere la stagione scorsa.
In un periodo in cui Mr. Bryant sta apertamente sfidando i record di Wilt Chamberlain, LeBron James sta producendo la miglior stagione in carriera e Allen Iverson continua a fare cose che non dovrebbe poter fare su questo pianeta, è sinceramente difficile nominare un ipotetico Mvp di metà stagione, come è difficile stilare un elenco di quali potrebbero essere le migliori guardie che stanno giocando questo campionato: come per ogni selezione si rischia di lasciare fuori qualcuno immeritatamente, ed in questo momento, viste le prestazioni offerte, Gilbert Arenas avrebbe pieno diritto di essere un candidato serio a miglior giocatore dell'anno se non fosse penalizzato dai risultati ben al di sotto delle aspettative che stanno arrivando a Washington, dove i suoi Wizards sono attualmente secondi nella propria division con un record (20-22 al momento in cui scriviamo) leggermente al di sotto del .500 ma appesi alla corsa ai playoffs da un filo sottilissimo, ben poca cosa rispetto ad un 2004/2005 che aveva visto 45 vittorie, l'approdo alla postseason ed il superamento del primo turno grazie alla bella serie giocata contro i Bulls, contro i quali lo stesso Gilbert vinse gara 5 con un tiro allo scadere.
La grande annata scorsa, che ha risvegliato l'interesse ormai disperso della Capitale per l'Mci Center, è stata sospinta dalla prima stagione pienamente convincente di Arenas, un giocatore di immenso talento che per un motivo o per l'altro aveva creato molti problemi sia a Golden State e sia alla sua prima stagione a Washington, perdendosi in quei piccoli difetti di immaturità che lo hanno contraddistinto dal suo passaggio a professionista; conosciuto come giocatore decisamente egoista, tendente a strafare ed a creare grane con i compagni, alcuni dei quali ha ritrovato a Washington, Arenas è da sempre un realizzatore di primissima fascia ed un risolutore di partite, capace di avere gli attributi per infilare il tiro della vittoria.
La sua esplosione definitiva di un anno fa si sta protraendo ancor più rumorosamente in questo campionato, il suo quinto nei pro, ed anche quest'anno ha migliorato la sua media realizzativa, arrivata a superare di poco i 28 punti a serata collocandosi di fatto come quarta assoluta nella graduatoria degli scorers; questo riuscendo anche a mettere assieme anche 6 assist a gara, 0,9 in più rispetto alla media registrata un anno fa, dato che fa comprendere quanto il ragazzo si stia impegnando per dimostrare che la palla la sa anche passare, nonostante abbia difficoltà a rinunciare alla conclusione, bella o brutta che sia.
Che Gilbert stia giocando l'annata della vita è intuibile dai suoi numeri individuali, semplicemente sconvolgenti: nelle 41 partite finora disputate, 20 sono stati gli incontri con 30 o più punti a segno, oltre a 5 gite oltre i 40 con tanto di career high messo a segno nella sconfitta contro gli Heat il 30 dicembre scorso con 47 punti.
I Wizards, grazie a lui, hanno sconfitto avversari importanti come gli Spurs (43 punti con 15/20 dal campo) ed i Pistons (39 punti ed 8 assist ad Auburn Hills) nonché i Phoenix Suns, contro i quali Gilbert ha messo a segno 41 punti con 6/9 dalla lunga distanza; inoltre, la guardia proveniente da Arizona ha risolto entrambi i confronti giocati contro Boston, chiudendo in ambedue i casi la gara con due tiri liberi dopo essersi procurato il fallo in entrata a tempo sostanzialmente scaduto.
Leggendo queste cifre, sembra che parte degli egoismi e le testardaggini del giocatore se ne siano andate, seppur margini di miglioramento ce ne siano ancora come dimostrato dalle osservazioni e dalle raccomandazioni continue di Eddie Jordan, che in certe serate non riesce a mandare giù la selezione delle sue conclusioni e la sua tendenza ad effettuare passaggi lunghi prontamente intercettati dagli avversari, come testimoniano i 155 turnovers sinora commessi che se ripetuti nella seconda parte di stagione gli farebbero peggiorare il career high di sempre.
Ma ai suoi critici, Gilbert ha risposto da persona matura, non certo facendo scioperi di tiro come fece in passato; ha risposto con prestazioni da vero All Star, con partite giocate da vero leader della squadra sotto il peso delle responsabilità utilizzando le stesse armi di sempre, principalmente il bruciante primo passo per battere il marcatore e quindi con l'appoggio a canestro, magari accompagnato da un fallo che egli è in grado di prendere grazie all'abilità fisica nel tenere il contatto.
Eppure questo suo fantastico anno personale non è stato sufficiente per far volare alto questi Wizards, alle prese con un mese di novembre partito con 5 vittorie su 6 partite e proseguito con 5 sconfitte consecutive, per non parlare di un dicembre dove il calo dei singoli è stato fin troppo evidente.
Ma quali sono allora i problemi che impediscono a Washington di emergere nella debole Eastern Conference?
Lui ha una sua opinione in merito: "Se devo dare un voto alla nostra prima parte di campionato, do un D+ (che in America non è un bel voto). Siamo molto meglio di quello che dimostriamo di essere in campo, siamo partiti forte e poi ci siamo persi senza che nessuno sappia davvero il perché. Abbiamo collezionato 20 vittorie è questo non è disastroso ma per le potenzialità che abbiamo dobbiamo per forza giocare meglio, non c'è altra soluzione."
Il primo motivo individuabile può essere la gestione del mercato: i Wizards perso Larry Hughes, 22 punti, 6 rimbalzi e quasi 5 assist a partita, che ha preferito la più allettante offerta, sia economicamente che per la possibilità di giocare con LeBron, dei Cleveland Cavaliers.
Un anno fa, il trio composto da Arena, Hughes e Jamison aveva giocato a livelli altissimi e la solidità delle prestazioni dei tres amigos aveva portato a diverse striscie vincenti che ne avevano composto il record positivo, tra queste compresa una serie di 7 successi consecutivi con i quali la squadra aveva iniziato il 2005.
Colui che doveva praticamente sostituire Hughes, Antonio Daniels, dopo una stagione di riscatto a Seattle pareva essere l'uomo giusto per dare atleticità , regia (tatticamente importante per consentire a Jordan di schierare Arenas ogni tanto da 2) ed impatto venendo dalla panchina, ma le sue prestazioni stagionali ci hanno raccontato di un giocatore estremamente in difficoltà che sta performando nettamente al di sotto delle aspettative.
Daniels è stato preso sul mercato della free agency dopo un campionato terminato con 11 punti ed oltre 4 assist in 27 minuti di utilizzo ed una serie di prestazioni convincenti nei playoffs e pareva essere rinato dopo la brutta annata di Portland, che gli aveva tolto fiducia in se stesso.
Ad oggi, la guardia sta giocando 24 minuti a partita con 6.7 punti, nemmeno 3 assist ed il 37% dal campo, con una percentuale da tre (non che fosse mai stato uno specialista) che ha dell'inguardabile. Oggi Daniels sembra avere superato i problemi di adattamento ai compagni e sta giocando meglio, ma aver rinunciato a Hughes ha avuto comunque il suo caro prezzo, per fare due conti basta dare un'occhiata al record dei Cavaliers.
Lo stesso Caron Butler, prelevato dai Lakers nell'affare Kwame Brown, sta tenendo 16.9 punti a partita, career high, ma ha faticato tanto quanto Daniels ad inserirsi nella chimica di squadra, cosa che solo ora sta riuscendo a fare con il conseguente miglioramento dei risultati della franchigia stessa.
La discontinuità si è impadronita anche di Antwan Jamison e Brendan Haywood, messi addirittura fuori quintetto per due partite per scarso rendimento in quel dicembre così disgraziato per tutto il team.
Jamison sta lentamente ritrovando se stesso dopo aver passato l'ultima parte di 2005 in notevoli difficoltà , segnando 15 punti a partita (7 al di sotto della su media), ma soprattutto tirando con il 36% dal campo, compreso un 19% da oltre l'arco, ovvero da una posizione dalla quale era notevolmente migliorato riuscendo a toccare anche il 40% nell'anno trascorso a Dallas.
Haywood, invece, combina partite con doppie doppie sonore a gare sostanzialmente anonime segnando meno dell'anno scorso, e questa mancanza di costanza e di impegno ha fatto arrabbiare appunto coach Jordan, creando diverso malumore in uno spogliatoio che è evidentemente frustrato dal fatto di non riuscire a ripetersi.
Altro segnale di instabilità è stato dato dalla vicenda di Chucky Atkins, allontanatosi per una settimana dalla squadra per assistere alla nascita del terzogenito e ritrovatosi senza posto in squadra per mano di Jordan, in una faccenda poi conclusasi con una buonuscita dal contratto e la firma del play con i Memphis Grizzlies.
Anche la difesa ha il suo peso, in quanto Washington ha preso coscienza del fatto che quando tiene gli avversari sotto i 100 punti vince praticamente sempre, come successo in 7 delle ultime 10 partite in occasione della striscia positiva che la squadra sta attraversando.
Dice Haywood: "Tutto sommato stiamo giocando bene, solo che non sempre ci troviamo nella posizione giusta e le nostre rotazioni sono difettose. Abbiamo fatto partite dove i cinque in campo hanno dato il meglio, ma non abbiamo gli automatismi che hanno Pistons e Spurs loro si conoscono a memoria e si fidano tantissimo uno dell'altro. Costruire una grande difesa non significa avere in campo cinque difensori fortissimi, ma significa difendere in cinque come se fossimo un'entità unica."
Le cose, però, stanno migliorando al momento giusto: promette bene la ritrovata verve positiva di Jamison, tornato ai livelli abituali e capace di segnare con il 50% da tre punti nelle ultime 6 uscite mettendo sempre più di 20 punti, come promette altrettanto bene la crescita progressiva di Butler, entrato in quintetto il 21 dicembre e mai più uscito, grazie a 19.8 punti dall'ingresso nei titolari.
Arenas, Jamison e Butler sono diventati il secondo combo più prolifico della lega in termini di punti segnati, anticipati solo dal trio Iverson-Webber-Iguodala, primi con più di 64 punti di media combinati assieme.
Considerando proprio il momento positivo che la squadra sta attraversando, l'opportunità di far girare la stagione potrebbe presentarsi a breve se i Wizards sapranno sfruttare l'occasione che permetterà loro di giocare 6 delle prossime 7 partite in casa. La pausa per la partita delle stelle arriverà a puntino, permettendo al team di riorganizzare le idee e di prendere qualche giorno di riposo fisico e mentale, per poi provare a mettere assieme un finale positivo di stagione.
Gli avversari che affronteranno nei prossimi giorni saranno perlopiù squadre con records perdenti come Toronto, Atlanta ed Orlando, oltre a scontri diretti contro squadre in difficoltà come gli Indiana Pacers, diretti concorrenti per gli ultimi posti della griglia playoffs: c'è dunque l'opportunità di riuscire a costruire un'altra striscia vincente e di proiettarsi ben sopra il margine del .500 ed andare ad insidiare le dirette concorrenti della Eastern Conference per acciuffare magari quella stessa posizione, la quinta, con cui la squadra si è qualificata proprio un anno fa; lavoro ce n'è molto da fare, ed è un lavoro più motivazionale che tecnico, come dimostrano i risultati sul campo.
La squadra dunque c'è, ed il suo leader ha fatto un altro passo avanti. Una stagione così, ad Arenas, non gliel'abbiamo mai vista giocare. Non lo proclameranno mai Mvp di questa stagione, Bryant e soci gli sono davanti per diversi motivi. Almeno, dategli una chiamata all'All Star Game. Lì, davvero non si può lasciarlo fuori.