Samuel L. Jackson è un grande attore, peccato che qui non cambi mai l'espressione del suo volto.
COACH CARTER
Titolo originale : Coach Carter
Anno : 2005
Genere : Drammatico
Regista : Thomas Carter
Cast : Samuel L. Jackson, Robert Ri'chard, Rob Brown, Debbi Morgan, Ashanti
Il viso di Samuel L. Jackson, coach di basket di un piccolo liceo della California, non cambia mai nelle sue espressioni. In tutto il film. Ciò che cambia o che si vorrebbe che cambi è il nostro modo di intendere la vita. Niente di meno"
Eh sì, stabilire delle priorità nella propria vita non è un optional, è una condizione vitale e necessaria. Coach Carter è chiaro fin dall'inizio, anzi, lo fa scrivere ai propri ragazzi in un contratto come fece a suo tempo Berlusconi da Vespa.
"Media a scuola del 2,3 innanzitutto, poi anche la cravatta prima di andare negli spogliatoi a mettersi la divisa". Le intenzioni sono ottime, il gruppo di teppistelli di quartiere è avvisato.
Piccola opinione personale, che poi è quello per cui mi pagano (ma quando mai"). Nel vedere questo film so che non farò mai il professore nella mia vita. E' troppo bello essere studente, è troppo bello seguire le lezioni di un capo carismatico, rompersi la schiena per lui, guardare ammirato il coach che si preoccupa di te, del tuo futuro.
Poi ci scappa il festino con le ragazze, bellissime in questo film, il bacio in piscina".Questo capita sempre (ma quando mai"). Ma sai che c'è lui, il coach, che ti spinge, ti sprona, ti indica la retta via come facevano i pastori con le pecore in un campo fuori città . All'orizzonte c'è il cielo, ragazzo, lo vedi, lo vedi, anche se vai indietro vedi il cielo ma non troverai mai niente se non una casa calda e il fieno per gli animali.
E' quello il tuo cielo. E così coach Carter vuole il massimo possibile per i suoi ragazzi, i suoi studenti e poi magari anche atleti. La storia forse sarebbe pure banale, sembra costruita o meglio inventata per raccontare la solita favola all'americana.
Ma questa è una storia vera, signori, è la storia di coach Ken Carter, che chiuse un bel giorno la palestra perché i suoi atleti non erano dei buoni studenti. Ed erano dei buoni atleti quelli, con il record vergine di sconfitte.
La storia vera non cancella però la prova povera dei giocatori della squadra, singole storie di ragazzi appena accennate ma mai approfondite, e così ti accorgi che finisce il film e tu non sai chi sono davvero.
Sono ragazzo anch'io e queste storie in movimento, che dipingono un ragazzo che diventa un uomo, con tutte le sue passioni e con tutte le sue paure, non dico che non mi piacciono, perché mi ricordano che anch'io come loro sono qui davanti a delle scelte.
E che la direzione non dipende da me, a discapito del nome"direzione"ma di chi ? Io non ho nessun direttore, certo non del personale, al di fuori di me.
La trama è semplice, questi teppistelli di quartiere diventano da subito bravi ragazzi, poi tornano cattivi poi ancora studenti modello. Ma non guardiamo tanto alla sua realizzazione, secondo me abbastanza deficitaria, guardiamo alle intenzioni.
C'è una scena che mi piace più di tutte. Coach Carter si è appena visto riaprire la palestra contro la sua volontà , è distrutto, infelice, sembra che tutti i suoi sforzi siano andati a rotoli. Si avvia verso la palestra, dove il catenaccio con lucchetto aperto a terra strappa da quell'asfalto il suo fallimento esistenziale e lo irradia al mondo intero ormai intriso del suo pessimismo.
Entra in palestra, alza la testa e vede a centrocampo i suoi ragazzi seduti ai banchi, che fanno i compiti come qualsiasi ragazzino delle nostre scuole medie. Poi si alza uno di loro, il piccolo spacciatore che si "è fatto il culo" per tornare in quella squadra e rivolto verso il suo coach esclama :
"La nostra più grande paura è che siamo potenti oltre ogni misura. E' la nostra luce, non la nostra ombra che ci spaventa". I ragazzi perderanno al Torneo contro gli eterni rivali, ma impareranno che l'adolescenza è un po' lo specchio della vita. Se rispecchia il tuo sedere non lo puoi vedere in faccia.