Non sono bastate ottime prove a David Lee per essere confermato da starter
"Ho parlato con Isaiah e sul 7-21 ci pare giusto giocare con i giovani, accorciando la rotazione per far fare esperienza ai rookie. Con la stagione andata, la cosa più importante è farli giocare".
Ci eravamo lasciati così, con queste parole di Larry Brown, nell'ultimo report" ed in effetti il quintetto è rimasto il medesimo per quasi una decina di partite (wow!), guarda caso coinciso con una striscia vincente di sei gare. Poi sono arrivate un paio di logiche sconfitte, un infortunio alla spalla di Stephon Marbury, una squalifica per cinque partite per Antonio Davis e Brown ha nuovamente dato di matto, mostrando il solito isterismo che, volenti o dolenti, lo contraddistingue da sempre.
Lo starting five del filotto vincente era così composto: Curry centro, Davis e Lee le ali, Robinson e Marbury le guardie. Frye e Crawford i primi cambi. Tutto sembrava girare per il verso giusto, finalmente, con Steph leader in campo e fuori, Lee un lottatore alla Anthony Mason, una vittoria dopo tre supplementari contro Phoenix, una a Cleveland, poi ancora contro Dallas dopo un back-to-back" insomma pareva trovato il classico bandolo della matassa. Primi anni con molti minuti, decisivi a sprazzi, segno che almeno nel futuro si poteva sperare in qualcosa di buono.
Tutto svanito, purtroppo, nel giro di due sconfitte. Brown, che evidentemente si stava violentando nel dare così spazio ai giovani, ha pensato bene di sbugiardarsi per l'ennesima volta, mostrando nuovamente la sua vera indole, dimostrando così che quel quintetto era figlio di pressioni ambientali, tifosi e stampa in primis, che saranno pure per la maggior parte poco esperti di basket (ma fino a che punto?) o in cerca di facili scoop, ma che ovviamente hanno gli occhi per vedere le madornali topiche del Brown versione Knicks.
E' bastato quindi un attimo per rispolverare Malik Rose nel crunch time con schemi offensivi per isolarlo in attacco (?!?), con relativa panchina per chi era on fire, ed ancora nuovamente quintetti che sembrano sorteggiati in sala mensa pochi minuti prima come neanche ad una gara di CSI parrocchiale (oggi ho preso l'auto io, mi sobbarco le spese, quindi parto titolare, ok?). Via con i Taylor ed i Woods, con Lee e Robinson a collezionare o pochi spiccioli nei garbage time o addirittura DNP come se piovessero. Come di incanto, ma un incanto maledetto, pare di essere tornati indietro di due mesi.
Ormai pure i muri degli spogliatoi l'hanno capito (e dire che ne hanno vista qualcuna): dall'inizio della stagione Brown ha ampiamente dimostrato di non capirci assolutamente nulla, alla faccia di tutti quelli che quando si parla di questo allenatore sciorinano il suo curriculum per zittire chi avanza dei dubbi. Peccato però che ai tifosi interessi il presente, non il passato. Gli errori, che si stanno diabolicamente perseverando di partita in partita da tre mesi, sarebbero forse (ripetiamo, forse) perdonati ad un coach esordiente, ma non ad uno con l'esperienza dell'ex-Piston (che, tra parentesi, stanno volando con Flip Saunders). Quando all'inizio della stagione eravamo qui a scrivere che gli stessi non sarebbero stati perdonati al Wilkens o al Chaney della situazione, pareva palese allora, figuriamoci adesso.
Tra le altre cose, Brown si è sempre lamentato pubblicamente di Stephon Marbury. Per una volta in vita sua, il playmaker di Coney Island deve essersi fatto un bel esamino di coscienza e si è messo a giocare con avrebbe sempre dovuto, ed in effetti, casualmente o meno, le vittorie sono arrivate. Ora l'allenatore non avrà più neppure il suo capro espiatorio per eccellenza: è con le spalle al muro, non ci sono più alibi. Per quanto il roster presenti magari delle mancanze, è molto più ricco di talento sotto i tabelloni che non negli ultimi sei/sette anni: lo sappiamo che è una ripetizione e che in ogni report si rimarca sempre la cosa, ma non finiremo mai di farlo notare, se non per equita di giudizio verso i Wilkens ed i Chaney che come "lungo" si ritrovavano il solo Kurt Thomas.
Ora possiamo dirlo, perchè è lampante: al di là di tutto, i New York Knicks sono attualmente la squadra peggio allenata della Lega. Con un parziale attuale di 14-27 questo report potrebbe pure concludersi qui. Che ci sarebbe da raccontare che non abbiamo ancora detto? Nulla, perché il "nulla" è quello che i bluarancio presentano sul parquet ogni sera. Si era parlato principalmente di mancanza di identità ; quando pareva trovata con il quintetto elencato all'inizio, Brown ha smontato tutto. In nome di che cosa? E' questo che tutti si chiedono sotto l'Empire State Building.
In effetti, pensateci: che vi possiamo dire dei rookie? Stanno andando bene o male? Come si fa a giudicare, per esempio, un Nate Robinson (che parteciperà alla gara delle schiacciate all'imminente All-Star Game), un primo anno che una sera è starter e gioca pure bene salvo finire nell'ultimissima sedia della panchina quella dopo? Onestamente, per non raccontarvi sciocchezze, non sappiamo che dirvi.
Men che meno si può immaginare, a questo punto, uno scenario futuro. Isiah Thomas (tra l'altro denunciato da un ex lavoratrice dei Knicks per abusi sessuali proprio in questi giorni, vedremo gli sviluppi) pare sulla graticola, c'è chi dice che Brown perda apposta per fare fuori il GM e salire lui in sala comandi, nel doppio ruolo alla Pat Riley. La Statua della Libertà ci scampi da tale apocalittico scenario, visti i danni fatti da Brown in passato quando ha ricoperto le due cariche!
James Dolan, l'owner, ha detto che Thomas non sta assolutamente rischiando il posto. Arriveremmo a dire che, contratto a parte, chi rischia di più è Brown. Arrivato in pompa magna, la Cablevision potrebbe anche pensare che il coach sia ormai bollito (ancora, dopo Wilkens, siamo qui a prendere in considerazione la senilità di una persona? incredibile, capita sempre qui, a New York) e dovendone licenziare uno, scelga proprio quest'ultimo, così da non restare vincolati ad uno che il giorno dopo cede Frye per Lynch, cosa che nell'indole di Brown ci stava dieci anni fa, figuriamoci ora.
Sul fronte mercato, svanito come era ovvio, Ron Artest, tutto tace, anche perché a fronte delle sei vittorie portate a casa da gente giovane e futuribile, a chi vuoi che interessi il Jalen Rose di turno? Invece no, la Liturgia dei Defunti non ce ne voglia, ma siamo ancora qui a citare il De Profundis" e più passano gli anni, più la stagione va in malora prima.