Una schiacciata di Dwight Howard, che mette in mostra il suo fisico possente…
In Florida, dove il sole splende per 365 giorni all'anno, ci sono due o tre franchigie che negli ultimi anni hanno scritto il loro nome sugli albi d'oro delle rispettive discipline, Buccaneers per l'NFL, Lightning per l'NHL e Marlins per l'MLB.
Ce n'è una che avrebbe potuto già farlo, i Magic, e un'altra che vorrebbe farlo in tempi brevi, gli Heat. Dunque, terra di campioni la Florida e non solo meta vacanziera di vip o sede ideale per il vostro film di Natale. Proprio nella terra degli alligatori, ce n'è uno che sta venendo su prepotentemente in acqua 3, e non è quello grosso che nel tempo libero fa il poliziotto e/o il supereroe, bensì la prima scelta del draft 2004: Dwight Howard.
Il ragazzo di Atlanta, quindi nero del sud come Garnett, Jermaine O'Neal, Shareef e Ben Wallace, ha nel sangue l'etica del lavoro e l'umiltà che contraddistingue la gente di quella zona degli States. Howard è stato il sogno proibito e mai troppo segreto degli Hawks che contavano su di lui per risorgere la franchigia ma anche, e soprattutto, per riavvicinare un pubblico che è sempre comunque stato vicino ai falchi.
A rompere le uova nel paniere del GM Billy Knight ci ha pensato la botta di culo di Pat Williams, uomo-lottery dei Magic, già fortunato ai tempi di draftare un certo O'Neal, che si è ripreso il diritto di scegliere per primo e si è portato a casa sto panterone che è un misto di Duncan, KG e Stoudamire ma che a me fa venire in mente il primo Shawn Kemp.
Come già citato, Dwight viene da Atlanta, da una famiglia di Cattolici iper-praticanti, ha frequentato per quattordici anni la stessa scuola, scalando tutti i livelli della Southwest Atlanta Christian Academy. Ragazzo di una semplicità rivoltante, non manca mai alle messe del venerdì e della domenica, ha tatuato sul petto una croce, tiene in camera una cornice con i dieci comandamenti e, ogni qualvolta firma degli autografi, li accompagna con un messaggio religioso. Inutile dirvi quale sia il suo libro preferito"
Passando al basket vero e proprio, come già detto, il ragazzo è un misto interessante, ha un fisico devastante, per compattezza e atletismo, è già ora uno dei primi 5-6 rimbalzisti della lega ed è il leader dei Magic ad appena 21 con l'amico Jameer Nelson. Orlando mira a farlo diventare la versione orientale di Amare Stoudemire, ovvero un centro che corre i 28 metri come una gazzella e affiancandogli quattro piccoli che sfruttino i doverosi raddoppi che lo coinvolgono.
Deve migliorare notevolmente nel gioco fronte a canestro e rendere più fluenti e automatici i movimenti vicino al ferro dato che, ad oggi, rimane esclusivamente uno schiacciatore, come il primo Amare del resto. Nel suo anno da rookie, la palla non l'ha vista tantissimo anche perché con Francio motivato e Grant Hill al ritorno in salute, si accontentava dei punti a rimbalzo d'attacco o sugli scarichi in prossimità del ferro. Per questi motivi, pur essendo un talento strabiliante, è arrivato secondo nella corsa al titolo di Rookie of the Year dietro ad Emeka Okafor, più continuo e favorito dai quattro anni a Uconn e da una squadra che giocava solo per lui.
Arrivati ad una buona metà della sua seconda stagione, Howard è diventato l'uomo franchigia dei Magic, complici gli infortuni di Hill e la discontinuità di Francis. È un giocatore da All Star Game in tutti i sensi e non è detto che debba aspettare ancora molto per la domenica delle stelle. Il ragazzo viaggia ad una doppia-doppia di media ed è il secondo rimbalzista della lega a 13.3 Rodmans dietro solamente al sorprendente e sano Marcus Camby.
Il suo season-high di punti, 23, è arrivato al Madison, bella platea per farlo, mentre per quanto riguarda i rimbalzi, ne ha grassati 20 nella gara coi Bobcats cui ha aggiunto anche 20 punti, mica male"Nel mese di gennaio, il devoto viaggia a 12.5 rimbalzi e 15.4 punti con un 18+19 a Sacramento. Il ragazzo è pronto per davvero, è una bomba vicino allo scoppio.
Beati i Magic, beata l'Nba.