Charlie Villanueva è uno dei migliori rookie dell'anno…
Ci credevano in pochi. A cosa? Al fatto che Charlie Villanueva potesse realmente esordire nella NBA in questo modo. I dubbi su di lui non riguardavano certo il suo talento, ma piuttosto il suo atteggiamento, quello di un ragazzo che sembrava non dare mai il 100% in campo, non sfruttando in pieno quello che madre natura gli ha regalato.
Villanueva è infatti, a livello potenziale, un giocatore come se ne vedono pochi anche nel mondo NBA, un 2.11 che può tirare, passare, penetrare, andare a rimbalzo e muoversi come un ballerino per il campo e che in questa stagione sta collezionando numeri di tutto rispetto (11.9 punti e 5.1 rimbalzi per gara).
In molti potrebbero sostenere che le ottime cifre di Charlie in questo inizio di stagione siano legate anche al livello della squadra in cui gioca; i Toronto Raptors non fanno nulla per smentire il fatto di essere una delle peggiori squadre della Lega, con pochissime possibilità di rialzarsi, anche considerando il fatto che ora si parla di una possibile cessione di Chris Bosh, l'unica scelta veramente azzeccata degli ultimi anni.
Ma perché c'è tutto questo scetticismo intorno al ragazzo di New York?
Perché i Raptors sono stati così duramente criticati per averlo scelto al numero sette dell'ultimo draft?
La risposta è semplice: discontinuità . Sì perché se qualcuno mi chiedesse di descrivere il gioco di Villanueva, sarebbe la prima parola che mi viene in mente.
Charlie, infatti, è il classico giocatore che fa arrabbiare chi lo guarda dall'esterno, per la sua tendenza ad essere imprevedibile nel bene o nel male, un giocatore che, nelle serate positive, può tranquillamente segnare una ventina di punti ed aggiungerci una decina di rimbalzi.
Il problema è che le buone partite sono spesso alternate a gare un po' meno brillanti, dove Villanueva fatica a trovare continuità ed a concentrarsi sulla partita.
Spesso e volentieri il numero 31 dei Raptors tende a perdere concentrazione anche all'interno di una stessa partita. In molti hanno giudicato questo atteggiamento di Charlie etichettandolo come pigrizia mentale, in un giocatore che non sfrutta come potrebbe tutte le sue potenzialità .
A Toronto coach Mitchell sta lavorando tantissimo con Charlie ed ha molta fiducia nel ragazzo ex- Connecticut: "Charlie ha dimostrato di poter giocare, senza ombra di dubbio. Credo che noi tutti sappiamo che per noi è fondamentale che stia in campo almeno una ventina di minuti, lavorando bene in difesa e facendo quello che serve alla squadra. Credo l'abbia capito anche lui".
Ma comunque all'interno della franchigia il coach non è l'unico a credere e a spronare continuamente Villanueva che, ad ogni singolo errore, si sente non solo gli urli del coach ma anche quelli di alcuni compagni, Mike James e Chris Bosh (che avrebbe solo quattro mesi più di lui ma ha due anni NBA sulle spalle) su tutti.
Charlie sembra, almeno in pubblico, accettare di buon grado le attenzioni riservatigli dai compagni, che comunque, in questo modo, gli dimostrano fiducia: "I miei compagni sanno quello che posso fare e, quando non rendo come potrei, me lo fanno notare. Questo dimostra che i ragazzi credono in me e nel fatto che potrò diventare un buon giocatore"
In questa stagione Chralie sta anche giocando contro tutti i giudizi negativi di chi non credeva in lui, nonostante una grande carriera sia all'high school, a Blair Academy insieme a Luol Deng, che al college a Connecticut. A dire la verità Villanueva aveva anche cullato l'idea di saltare il college ed andare direttamente nella NBA dopo il suo ultimo anno al liceo ma poi si è (per sua fortuna) ricreduto, seguendo i saggi consigli dei genitori, del suo grande amico Luol Deng e di Jim Calhoun, coach di Connecticut.
A prima vista i consigli di Calhoun di fare almeno un anno al college potrebbero sembrare un po' interessati, i suggerimenti di un allenatore che pensa al bene del giocatore ma anche al proprio. In realtà il coach degli Huskies non ha mai avuto problemi a dire ai suoi giocatori, nel momento in cui pensava fossero pronti per andare nella NBA, di abbandonare il college senza rimpianti.
I fatti hanno dimostrato che Calhoun sapeva che Charlie era un ragazzo particolare che probabilmente necessitava di un po' di disciplina e di inserirsi all'interno di un concetto di squadra dove lui non fosse il punto catalizzatore di quasi tutte le attenzioni.
Nei due anni nel campus di Storrs, Charlie ha vissuto due situazioni molto diverse: se nella prima stagione ha vinto un titolo NCAA (2004) diventando pian piano un pezzo importante di una squadra che comunque aveva altre punte di diamante (Okafor e Gordon su tutti), nel suo anno da sophmore ha dovuto imparare ad essere (insieme a Boone), il giocatore più importante di una squadra largamente modificata rispetto al quella campione nel 2004.
Villanueva ha dimostrato di sapersi adattare bene, smentendo chi lo considerava un piantagrane, uno che vuole sempre essere al centro dell'attenzione e pensa più a sé che alla squadra. Il ragazzo di New York d'altronde ha un carattere molto più forte di quanto non pensino la maggior parte delle persone, come dimostra anche la forza con la quale ha superato la sua malattia, l'alopecia, che l'ha reso calvo quando era ancora un bambino.
Charlie ha sempre sostenuto di essere stato, nella sfortuna fortunato, nel senso che sin da piccolo era sempre più alto dei compagni di scuola che quindi non potevano prenderlo in giro più di tanto, ma sa perfettamente che non tutti quelli che sono stati colpiti dalla stessa malattia si trovano in una situazione privilegiata come la sua. E' per questo che ora Charlie è diventato testimonial dell'associazione nazionale che si prende cura e aiuta i malati di alopecia.
Tornando al giocatore di basket, Villanueva in questa seconda parte di stagione deve concentrarsi per conquistare quella continuità di rendimento che potrebbe veramente portarlo ad eccellere anche nella NBA, dove si vedono pochi giocatori con il suo talento e la sua versatilità .
Nel momento in cui riuscirà a sviluppare e realizzare completamente il suo potenziale sarà un giocatore che può senza problemi aspirare a mettere a segno una doppia doppia di media, come dimostrato anche in quella che fino ad ora è stata la sua miglior partita nella Lega, il 25 novembre contro Philadelphia, quando ha messo a segno 27 punti e 13 rimbalzi (entrambi suoi massimi in carriera).
Con la speranza che siano solo il punto di inizio di una grande carriera.