Un tiro in sospensione di Wade che segna il 90% dei suoi punti in avvicinamento a canestro
What about Shaq?", cosa sta succedendo a O'Neal? Questa domanda ha accompagnato i Miami Heat nel loro rientro a casa dopo due settimane di viaggio a ovest, quattro vittorie e tre sconfitte.
L'ex centro dei Los Angeles Lakers ha segnato 18 punti sul campo che fu suo, senza evitare la sconfitta 100-92 al cospetto della sua ex squadra. Con 12 punti e 9 rimbalzi di media in sette partite, la stampa della città della Florida si è chiesta che fine abbia fatto la capacità del centro da LSU di dominare le partite. "Sto bene - ha spiegato O'Neal - sto lavorando per tornare al mio meglio dopo l'infortunio. Sono sicuro che quando le partite conteranno davvero sarò pronto"
Delle difese preparate contro di lui s'è già parlato. Solo contro gli Warriors Shaq è sembrato in una buona serata offensiva, chiudendo con 21 punti e 10 su 15 dal campo. "Dobbiamo lavorare meglio - ha detto Gary Payton - e servirlo già in movimento." "Quando, come nel quarto periodo - ha fatto eco Pat Riley allo Staples Center - lo abbiamo servito nella maniera giusta con gli angoli migliori, Shaq ha dato un contributo importante." Il coach di Miami non si ferma solo a quest'analisi: "Shaq - ha continuato - sta ancora recuperando dall'infortunio alla caviglia ed è normale che non sia al meglio dal punto di vista fisico." Della questione della forma fisica non si accenna più: evidentemente persino Riley s'è dovuto rassegnare.
La sostanza è questa: l'esplosività del pivot sulle gambe al momento è relativa. Se il giocatore viene servito sufficientemente vicino al canestro da farne una questione di forza, Shaq è il solito fattore. Altrimenti c'è bisogno di servirlo in movimento, adoperando ad esempio il cosiddetto "re-post"; dargli la palla una volta e poi una seconda significa, in una logica da 24", incentrare l'intero possesso su di lui. "Conosco bene Shaq - ha detto il suo ex mentore Phi Jackson - so che è perfettamente in grado di gestirsi nel corso di una stagione. So anche che il suo orgoglio è smisurato e quindi durante i playoffs lo vedremo al meglio."
Al momento fa un po' impressione vederlo stoppato due volte da Greg Ostertag. " Dobbiamo lavorare tutti - ha detto O'Neal che in partenza per l'ovest aveva parlato di 6 vittorie e 1 sconfitta - e migliorare come squadra. Lo faremo."
L'attuale condizione di "the diesel" rende Miami sempre più la squadra di Dwyane Wade; l'ex Marquette ha segnato 34 punti contro i Los Angeles Lakers a dispetto di un infortunio alla caviglia verso la fine del terzo periodo. La rivalità con Kobe Bryant, fra le più interessanti nella Nba di questi anni, è stata un riassunto dei pregi e dei difetti del giocatore.
Nelle ultime sette partite Wade è stato decisivo con 31 punti a Portland e Utah. Contro Seattle, in una serata con 10 errori al tiro su 14 tentativi, il giocatore è stato fondamentale con 15 punti, 10 assist e 14 rimbalzi. "Stiamo lavorando - ha spiegato Riley - sul modo di creare opportunità per i compagni e servirli nella miglior maniera." Quei 14 assist, che sono record personale, testimoniano della sua disponibilità verso la squadra. Così come 6.5 assist a partita.
Tutto il suo atletismo poi gli viene incontro quando si tratta di andare a rimbalzo. La tripla doppia, la terza in carriera, è arrivata con due rimbalzi offensivi nel quarto periodo. "Già al mio primo anno - ha spiegato Dwyane - mi ero reso conto di poter dare un contributo completo alla squadra. E' un aspetto del gioco sul quale mi voglio concentrare di più."
L'atletismo è anche la base del suo modo di attaccare, il confronto con Bryant ne ha data ulteriore riprova: oggi i punti di Wade arrivano in massima parte negli ultimi 4 metri di campo. Quando Wade penetra dopo un pick n roll da posizione centrale è assolutamente irresistibile: lo ha visto Bryant nell'ultimo incontro, se ne rese conto anche Tayshaun Prince nell'ultima finale della Eastern Conference. L'altra opzione fondamentale è il taglio a ricciolo con il quale Wade riceva palla già in movimento, spesso all'interno dell'area. Con queste prerogative, oltre a segnare, l'esterno degli Heat conquista anche una media di 10 liberi a partita.
Il rovescio della medaglia è il 3 su 38 in altrettante partite oltre l'arco dei 3 punti. Concedere una situazione del genere alle squadre avversarie nei playoffs significa sanguinare davanti a uno squalo.
Nella Nba già si tende a "battezzare" quando un esterno tira male da fuori. Figuriamoci se proprio non tira.
In una situazione del genere l'anno scorso i due Jones bilanciavano il sistema degli Heat. Quest'anno il ruolo è stato affidato a Williams, Payton e Walker. Numericamente parlando però siamo di fronte a un bell'handicap: Bryant, tanto per citare l'ultimo avversario, è sul 33% con 54 su 171. Mc Grady e Iverson sono fermi a 110 tentativi, anche se l'ex Magic ha giocato 10 gare in meno. In questo senso l'esempio più vicino è Richard Hamilton, che solo da quest'anno sta provando ad ampliare il suo raggio di tiro: 22 su 48 per lui.
Tirare da tre, e dimostrare di poter segnare, significa estendere una difesa che altrimenti può aspettarti sulle tacche dell'area per contenere le tue penetrazioni. Wade segna pur sempre 26.6 punti a gara ma è il bilanciamento della squadra a non essere ottimale.
Un aspetto che a livello di stagione regolare può incidere poco ma, come detto, diventa fondamentale in una serie in cui ci si affronta ogni due giorni fino a un massimo di sette volte.
Dal tiro da tre passa l'ultimo salto di qualità di un giocatore che, nel giro di due anni, ha fatto un bel salto triplo verso l'empireo della pallacanestro. E da questa crescita la possibilità degli Heat di far meglio dell'anno passato.