Rip Hamilton, una spina nel fianco della difesa Spurs
Sette mesi sono passati da quella gara-7 delle ultime Finali NBA, ultimo atto di una delle più belle serie finali che si ricordino.
Sette mesi sono passati da quando i San Antonio Spurs conquistarono il loro terzo titolo negli ultimi sette anni. Di quella sera, però, si tende troppo a ricordare i vincitori e a dimenticare i sconfitti, se così poi effettivamente si possono chiamare. Grave errore se gli sconfitti sono, come tutti sapete, i Detroit Pistons.
A Detroit da quella sera, non si fa altro che pensare al momento in cui si avrebbe avuto di nuovo la possibilità di tornare a lottare per un anello. Di tornare in Finale e, magari, di prendersi la rivincita sui rivali texani.
Ancora siamo solo a Gennaio, troppo presto per emettere verdetti indiscutibili, ma già in tempo per prendere nota che questi Detroit Pistons non hanno niente da invidiare a quelli dell'anno scorso, pur avendo perso il loro uomo più importante. Che non è un giocatore ma è coach Larry Brown.
Intanto, aspettando Giugno, hanno già cominciato a consumare il gustoso piatto della vendetta, rifilando due sonori schiaffoni, a distanza di pochi giorni, proprio agli speroni texani.
Hanno messo a segno il primo colpaccio nel giorno di Natale, quasi in sordina, mentre tutta America attendeva trepidante l'ennesimo capitolo della pagliacciata Shaq-Kobe, che decisamente sta incominciando ad assumere contorni grotteschi quanto tedianti.
85-70 il punteggio del Palace of Auburn Hills, e Spurs a casa. Tra gli altri, dominante Ben Wallace, che spazza i tabelloni portandosi a casa ben 21 rimbalzi.
Il colpo fa male a San Antonio che comunque rialza subito la testa e inanella un'altra serie di vittorie consecutive, fino ad arrivare al rematch della scorsa notte.
Cambia la location ma non il risultato, che dice 83 – 68 per Detroit.
Se quello di Natale era stato un duro colpo, per i campioni in carica, questo, c'è da immaginare lo sarà ancora di più.
Per due motivi:
1) si giocava in casa degli Spurs, dove i Nero Argento hanno perso solo quattro volte nelle ultime settanta partite;
2) perché per la seconda volta contro i Pistons non hanno superato i settanta punti, quando di media ne fanno 96.1 ad uscita.
Vedendo la partita non si può far a meno di notare come i Pistons abbiano dominato sia in difesa sia in attacco, lasciando agli Spurs le briciole. La difesa ha concesso una percentuale di tiro bassissima all'attacco avversario, .386, attacco che invece è uno dei primissimi nella lega come numeri di realizzazione.
Dall'altro lato del campo, la musica non cambia, ed è sempre in favore di Detroit.
.440 l'ottima percentuale con cui hanno colpito, contro la difesa che concede i peggiori numeri.
La truppa di Popovich, famosa per l'incredibile facilità con cui si demoralizza, ora avrà su che riflettere. Non può essere un caso che in due scontri diretti, una squadra ha prevalso così nettamente su di un' altra, sia in casa e sia in trasferta.
Una volta può succedere a chiunque, per carità , ma alla seconda, date anche le modalità con cui è arrivata, incomincia a meritare il dovuto rispetto. Non tanto ai fini dei risultati in sé per sé, che come ben sappiamo in regular season contano relativamente, ma quanto per il colpo psicologico che i San Antonio Spurs potrebbero aver accusato.
Se, come sembra probabile, a giugno si arriverà ad una ripetizione delle scorse Finali, allora lì, queste due partite potrebbero acquisire maggior peso di quello attuale. I Pistons partirebbero con la consapevolezza di aver già battuto quell'avversario per due volte, e perlopiù con ampio margine, e quindi di potersi ripetere ancora.
Amaro il commento di Manu Ginobili, che con i suoi 16 punti è stato il secondo high scorer degli Spurs dopo Parker e Duncan, entrambi a quota 17:
Loro hanno tirato meglio, sono andati a rimbalzo meglio e hanno eseguito meglio. Hanno giocato semplicemente meglio. I Detroit Pistons, questa notte hanno fatto bene quello che noi abbiamo sbagliato. Hanno dimostrato di essere più forti al momento.
Ginobili anche ieri notte, come gli capita da quando è rientrato dall'infortunio, è partito dalla panchina, giocando comunque quasi 29 minuti contro i 19 di Micheal Finley che lo aveva sostituito in quintetto. Tra l'altro San Antonio ha un record di 16-4 quando Manu gioca la palla a due, e 8-3 quando non gioca.
Flip Saunders, subentrato a Brown alla guida della franchigia del Michigan, ha commentato così la partita:
Credo sia stata un'ottima partita da vedere. Gli Spurs amano competere a questi livelli, amano competere contro squadre del nostro calibro
La partita si è messa subito nei binari giusti per i campioni del 2004. Il primo quarto si è chiuso con un parziale di 28-15 per Detroit, che ha fatto immediatamente presagire il tipo di partita che attendeva Duncan e comapagni. San Antonio è stata avanti nel punteggio solo ad inizio gara, mentre gli orfani di Brown sono addirittura arrivati a più venti.
Come hanno gestito il vantaggio si può definire solo con un aggettivo: perfetto. Sin dal secondo quarto, San Antonio non è mai scesa sotto la doppia cifra di svantaggio. Gran parte del merito va sicuramente a Rasheed Wallace che in quarantotto minuti ha mostrato a tutti come marcare Tim Duncan senza la minima sbavatura. L'ex Trail Blazer alla sirena finale aveva portato a casa 27 punti e 10 carambole.
L'altro Wallace, Ben, che era stato super dominante a Natale, invece si è concesso una serata di quasi riposo, "limitandosi" a catturare 12 rimbalzi e a presidiare la cosìdetta "no fly zone", la zona dove non si vola.
A proposito di Rasheed, Chauncey Billups ci dice la sua: "Quello che volevo era che Rasheed fosse aggressivo. Lui stasera per noi è stato semplicemente incredibile. Ci ha aiutato a partire bene, lui stesso è partito bene, e quando inizia a giocare non lo puoi fermare."
Billups nella sua partita ha totalizzato 9 punti, 7 rimbalzi e ben 14 assists.
Ora, il record delle due squadre è 27-9 per gli Spurs e 28-5 per i Pistons, che attentano, o almeno provano, il 72-10 dei Chicago Bulls stagione 1996/97.
Ma allora, la partita l'hanno vinta i Pistons o l'hanno persa gli Spurs?
Probabilmente un po' di entrambe le risposte. I primi hanno fatto il bello e il cattivo tempo in attacco, scegliendo le soluzioni che preferivano, mentre i secondi non hanno avuto la forza di riaprire i giochi con un parziale prolungato.
Richard Hamilton, il vero MVP della partita, ha fatto impazzire tutti quelli che hanno tentato di marcare le sue uscite dai blocchi. Nella prima frazione ha quasi ridicolizzato Bowen, Van Exel, Ginobili e quant'altri lo hanno dovuto fronteggiare. I compagni intuendo subito che Rip aveva la mano calda, lo hanno cavalcato il più possibile.
Infatti, sono state numerosissime le chiamate di giochi appositi per lui, uno su tutti il famigerato single-double, schema che gli permette di eseguire quello che gli riesce meglio: uscire a ricciolo, prendere palla e tirare. Il prodotto di U-Conn si è portato a casa 22 punti, 6 rimbalzi e uno splendido assist per Rasheed Wallace.
L'unico giocatore che la difesa di Saunders non è mai riuscita a contenere è Tony Parker. Il francese oltre ai 17 punti ha portato anche grande dinamismo nelle file di San Antonio. Tuttavia colpisce lo 0 sotto la voce assist, che dovrebbero essere la specialità della casa. Fin qui il ventitreenne fidanzato di Eva Longoria, aveva una media di 6.2 assist a partita.
Altro dato significativo: la franchigia texana può vantare a roster il migliore tiratore da tre punti della NBA in questa stagione: Bruce Bowen. Ebbene, Bowen, che ha una percentuale da dietro l'arco di .495 (47/95), contro i Detroit Pistons non ha tentato neanche un tiro pesante. Sintomo questo, di quanto male San Antonio sia riuscita a fare quello che normalmente esegue ad occhi chiusi. E ciò è molto strano.
Gli Spurs, in questa stagione sono 25-2 quando comandano all'inizio del quarto quarto. Questa statistica, significativa, ci dice che San Antonio è una squadra maestra nel gestire i vantaggi ma al contrario ha difficoltà quando deve inseguire l'avversario nei minuti finali. La sua caratteristica principale è la straordinaria regolarità , la capacità di mantenere un andamento omogeneo in una singola partita come in una intera stagione.
Il problema è come riuscire a cambiare il passo, e cioè dare quella sferzata decisiva alla partita. Molte volte se inizia male finisce anche male. Ed è proprio qui che coach Popovich deve lavorare maggiormente per rendere ancora migliore questa già straordinaria squadra, senza naturalmente intaccare le certezze.
E' lunga ancora la strada per la Finale di Giugno, e sicuramente non ci sono solo Detroit e San Antonio come candidate. E' sicuro, però, che dalla partita di ieri notte abbiamo potuto trarre già importanti indicazioni che potrebbero tornare utili fra pochi mesi.
Il concetto è: gli Spurs ci sono, ma i Pistons di più.