Tim Duncan ha il suo bel da fare ogni volta che incontra i due Wallace di Detroit
I San Antonio Spurs non sono più la prima squadra dell'NBA. E questo è un fatto. I Detroit Pistons hanno infatti ufficialmente "speronato" (2-0) dalla pole position i campioni in carica e si sono presi la loro personalissima rivincita dell'ultima finale NBA chiusasi alla settima partita, come tutti sanno, il 21 giugno dello scorso.
I Pistoni hanno dunque raggiunto il loro obbiettivo: dimostrare la loro migliore qualità e cercare in ogni modo di guadagnarsi il fattore campo in eventuale e ormai probabile finale NBA. Lo aveva detto Ben Wallace: "Cercheremo di non ripetere gli errori dell'anno scorso, perché perdere una finale NBA solo per non aver avuto il fattore campo è davvero frustrante".
Dichiarazioni che forse riescono a spiegare le due asfaltate che gli uomini di Gregg Popovich hanno rimediato da Shedd e soci.
I RISULTATI
20 dicembre: Milwaukee Bucks - San Antonio Spurs = 109-107
21 dicembre: New York Knicks - San Antonio Spurs = 96-109
23 dicembre: San Antonio Spurs - Toronto Raptors = 95-90
25 dicembre: Detroit Pistons . San Antonio Spurs = 85-70
27 dicembre: San Antonio Spurs - Indiana Pacers = 99-86
29 dicembre: San Antonio Spurs - New Orleans Hornets = 111-84
31 dicembre: Denver Nuggets - San Antonio Spurs = 88-98
4 gennaio: San Antonio Spurs - Portland Trail Blazers = 106-75
6 gennaio: San Antonio Spurs - Minnesota Timberwolves = 83-77
7 gennaio: Phoenix Suns - San Antonio Spurs = 91-86
10 gennaio: San Antonio Spurs - New Jersey Nets = 96-91
12 gennaio: San Antonio Spurs - Detroit Pistons = 68-83
RECORD (aggiornato al 13 gennaio)
27W-9L
Eppure, se prescindiamo dai Detroit Pistons e anche i Phoenix Suns, il cammino degli Spurs è stato, in questo ultimo mese NBA, molto buono. Eppure le sconfitte contro Phoenix e Detroit (quella contro i Milwaukee Bucks non può essere presa in considerazione, in quanto è arrivata per una magata sulla sirena della prima scelta del Draft 2005, Andrei Bogut) hanno un significato. Hanno dimostrato che gli Spurs non sono in grado di sostenere un back-to-back (quest'anno ogni qualvolta Duncan e soci hanno avuto a che fare con due partite in due giorni non sono mai riusciti a rimediare due vittorie consecutive). Hanno dimostrato che gli avversari battuti l'anno scorso in finale di Conference e in finale NBA sono più competitivi e hanno dimostrato come gli Spurs abbiano, in determinati momenti, dei crolli mentali inaspettabili e insospettabili per un team che punta alla conquista del quarto anello in otto stagioni.
LE SCONFITTE
La prima battuta di arresto è arrivata contro i Bucks di Terry Stotts. Quasi fosse un segno del destino la sconfitta è arrivata all'interno di un back-to-back (il giorno dopo, vittoria contro i disastrati New York Knicks di Larry Brown), ma al di là di questo, si è trattato di una partita tosta, dura, di alto spessore tattico-tecnico e di grande intensità nell'ultimo quarto e nell'overtime. La sfortuna per gli speroni è quella di aver incontrato il migliore Bogut della stagione: il ragazzone dello Utah, non solo mette il tiro della vittoria sulla sirena, ma realizza anche il jump del pareggio con 14 secondi sul cronometro dell'OT.
Alla fine per la scelta #1 al Draft sono 19 punti (8/14 dal campo e 3/6 ai liberi), 9 rimbalzi e 2 stoppate: "Non ho mai realizzato un buzzer beater nella mia breve carriera, ma farlo per la prima volta nella NBA, contro i campioni del mondo in carica, è davvero una grandissima soddisfazione", ha affermato Bogut a caldo al termine della partita.
Ed in effetti, come dargli torto? Soprattutto in un match in cui Tim Duncan, vale a dire il diretto corrispettivo di Bogut, ha pescato una delle serate migliori della stagione dal punto di vista realizzativo: 34 punti (ma con 15/28 dal campo e 4/6 ai liberi), 13 rimbalzi, 2 assist e 2 rubate, ma 6 dannosissimi falli, il cui ultimo e letale è arrivato a 22 secondi dalla sirena dell'overtime.
Proprio in quell'azione l'apporto del caraibico sarebbe stato decisivo in difesa su Bogut. Chiara l'analisi di Gregg Popovich: "Andrew Bogut ci ha fatto male come nessun altro. È stato efficace in difesa, ma anche in attacco, con rimbalzi offensivi catturati in momenti decisivi e poi convertiti in punti preziosissimi. Ha dato ai suoi un contributo eccezionale e proprio per questo i Bucks hanno portato a casa la partita".
In generale comunque possiamo dire che la scarsità difensiva, almeno per gli standard nero-argento, è stata il vero problema degli speroni. Poca aggressività e troppe distrazioni hanno concesso sia ai Bucks, che poi a Detroit e Phoenix, succulente occasioni per realizzare facilmente.
Ma un dato è il più allarmante di tutti: la facilità che hanno avuto gli avversari di San Antonio (con l'eccezione di Phoenix) nel catturare rimbalzi offensivi: segno di scarsa concentrazione, di troppa sufficienza o comunque di un problema psicologico che per qualche motivo attacca gli uomini in nero-argento.
E la statistica è abbastanza inquietante: 17 contro i Bucks (45 totali), 18 contro i Pistons nel giorno di Natale (e 57 rimbalzi) e 16 ancora contro Detroit (56 rimbalzi) nella sconfitta di ieri sera. Pazzesco. Soprattutto se pensiamo a chi di solito si aggira nell'area pitturata texana.
In controtendenza è stato il match contro i Phoenix Suns che però ha avuto caratteristiche diverse, in cui l'alto ritmo e la precisione di Nash e soci è stata migliore e, alla fine, decisiva: quasi 50% dal campo, statistica questa che, ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, dimostra come, per San Antonio, poca difesa (con errori soprattutto mentali più che di impostazione tattica) spesso significa sconfitta sicura.
A confermare queste impressioni è lo stesso Timoteo: "È stato un buon test. So come loro stiano attraversando un periodo fantastico e come stiano giocando bene. Abbiamo giocato bene, ma abbiamo commesso troppi errori nel momento più caldo della partita".
A spiegare ulteriormente il concetto ci pensa Popovich: "Abbiamo lavorato bene dietro in molte occasioni, ma non sul finire del match, quando le gare in equilibrio vengono decise. Sono molto soddisfatto dunque per quello che abbiamo fatto vedere in generale, ma sono davvero contrariato per alcuni gravissimi errori, soprattutto a livello mentale, commessi negli ultimi cinque minuti".
Affermazioni pesanti che testimoniano come San Antonio abbia oggi, nelle gare in volata, alcuni limiti caratteriali evidenti. In questo si dovrà migliorare.
DAL GIOCO DI SQUADRA AI SINGOLI, CON UNO SGUARDO AL FUTURO
Per quanto riguarda i singoli, se si parla di San Antonio Spurs, è impossibile prescindere dal trio delle meraviglie: Duncan-Parker-Ginobili.
Sempre efficiente si è dimostrato Tim Duncan (ormai d'ordinanza la doppia-doppia, con l'unica eccezione forse per ieri sera, nel match di "ritorno" contro i Detroit Pistons quando il caraibico si è arreso allo strapotere dei due Wallace (soprattutto per colpa di Sheed per la verità ): 7/17 dal campo e un orribile 3/10 ai liberi che, per come si è svolto il match, alla fine ha avuto la sua notevole importanza. Ieri inoltre Duncan ha dato idea di essere un po' stanco dopo l'ottima prestazione contro i New Jersey Nets.
È evidente invece come se non gira Tony Parker gli Spurs difficilmente vincono. Prendiamo in considerazione le quattro sconfitte già analizzate e mettiamole in confronto con le vittorie. In tutti i casi, con l'eccezione del match contro i Denver Nuggets, Parker è assolutamente più impreciso al tiro e meno produttivo da un punto di vista globale: 22 punti con 9/21 contro i Bucks (ma 11 assist), 19 punti con 7/17 il giorno di Natale contro i Pistons (solo 4 assist), 18 punti e 9/19 contro i Suns e 17 punti con 7/14 dal campo nel secondo match contro Detroit in cui Parker poche volte ha preso per mano i suoi nel tentare qualsiasi tipo di rimonta.
Dopo otto partite di assenza e 10 giorni di pit-stop è tornato Manu Ginobili. Ieri sera contro i Pistons subito si è vista la sua voglia, la sua classica aggressività , il suo impegno continuo nel ricercare la vittoria, anche la più impossibile. Bene è andata contro Denver (20 punti), Minnesota (21) e New Jersey (16, con 3/5 dal campo e 8/10 ai liberi), quando l'argentino ha messo a referto prestazioni affascinanti per intensità e produttività , in cui mettersi a disposizione degli altri è stato, direbbe il filosofo Kant, un imperativo categorico.
Eppure quando lui gira, ma gli altri due no è davvero difficile gli speroni ottenere la W, soprattutto quando anche la panchina offre poco o nulla in aiuto ai titolari: Michael Finley, Rasho Nesterovic, Nick Van Exel, Brent Barry, Fabricio Oberto, non hanno dato, nei giorni in cui il trio non andava (quindi in quei giorni in cui è arrivata la sconfitta), quell'apporto che è assolutamente necessario per centrare vittorie decisive. Se quel sostegno arriva difficilmente gli Spurs perdono.
Per Popovich dunque ci sarà da lavorare. Nelle prossime gare ci saranno match importanti: contro i Memphis Grizzlies (14 gennaio), i Miami Heat (20 gennaio e i Minnesota Timberwolves (28 gennaio); un calendario tutto sommato accettabile per i campioni del mondo, che, di qui in poi, non potranno concedersi distrazioni se vorranno avere quel famoso fattore campo in un'eventuale finale.
Già , proprio le odiate distrazioni di cui parla continuamente il sergente di ferro ex Cia: distrazioni derivanti da una debolezza mentale, difensiva e, sembrerà assurdo dirlo, a livello di personalità . È dunque arrivato il momento per Duncan&co. di tirare fuori quelli che Ginobili definirebbe, permetteteci, i "cojones".
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