L'universalità di Walker in attacco diventa un boomerang quando gli Heat sono in difesa
Trenta giorni per toccare il fondo, se prendere 47 punti in un primo quarto a Phoenix è toccare il fondo, cominciare a dare una fisionomia alla squadra e lanciare sibillini messaggi sul futuro: così si può riassumere il primo mese senza Stan Van Gundy. Per chi osserva da fuori il fatto che le questioni prettamente tecniche in questi Heat abbiano sempre un'importanza marginale, rafforza la sensazione che questa stagione regolare sia vissuta solo come un male necessario. "E' improbabile che io sia l'allenatore degli Heat per la prossima stagione", ha spiegato Pat Riley ad un giornalista di Espn.
Qualche minuto dopo Steve Nash e Raja Bell sono stati i principali artefici del massacro degli artisti precedentemente conosciuti come Miami Heat: 8 su 11 da tre nel primo quarto, 12 assist per la point guard canadese. La partita, affrontata da Miami senza Wade e Jason Williams, è finita 111-93. La squadra della Florida non ha avuto una reazione apprezzabile se è vero che il primo tempo s'è concluso 72-50, cioè con 25 punti subiti nel secondo quarto.
"Ho già detto - ha spiegato successivamente l'ex coach dei New York Knicks - che mi considero allenatore di questa squadra solo per quest'annno. Nessuno conosce il futuro; non volevo tornare ad allenare e per questo fino all'ultimo ho cercato di convincere Van Gundy a non andarsene." Il silenzio attonito dei giornalisti presenti in sala stampa avrebbe spiegato molto più che mille parole.
Le avversarie di Miami scendono in campo tutte con una tattica simile: due uomini in difesa su O'Neal e tanto tiro dalla lunga distanza. Contro Phoenix gli Heat non hanno trovato contromosse efficaci. A Portland il rientro del back court titolare ha segnato il cambio di passo: Wade e Williams hanno segnato 51 punti in due. L'ex Marquette è stato il protagonista del primo quarto con 16 punti, "White chocolate ne ha messi 12, dei suoi 20 finali, nella seconda frazione.
"E' chiaro - ha spiegato Dwyane Wade un po' seccato - che io e Jason siamo una delle migliori coppie di esterni della lega. Non importa cosa pensa la gente." Shaq O'Neal ha segnato 20 punti con 6-15 al tiro fra Phoenix e Portand, alimentando così qualche dubbio sul suo reale stato di forma.
"Non sono preoccupato - ha spiegato Riley - l'importante è che la squadra riconosca le situazioni e sappia cosa fare sul campo, sfruttando gli spazi aperti dalla tattica dei nostri avversari. Per quanto riguarda Shaq sta facendo tutto quel che gli chiedo e quindi non c'è problema."
In realtà non sappiamo quanta parte O'Neal prenda agli allenamenti diretti dal suo coach. Ultimo esempio il giorno prima della partita sul campo dei Golden State: due ore piuttosto intense a detta dei giocatori. Del peso di O'Neal non s'è più parlato; le ironie di Riley sulla necessità di far allenare il suo pivot contro lottatori di Sumo per prepararlo al trattamento dei difensori, nascondevano la verità che in altri momenti della sua carriera Shaq nemmeno si sarebbe accorto dei raddoppi che lo stanno limitando. Tanto che pare strano criticare o porre domande su un giocatore che in poco meno di 30 minuti a gara segna comunque 19.4 punti a partita con il 54.6% dal campo.
L'ultimo orientamento dell'architetto dello "show time" sembra dare più minuti da ala piccola a Antoine Walker. "Posey - ha spiegato il coach - rimarrà comunque in campo 30 minuti. Ma credo che avere Toine in quel ruolo ci consenta d'avere un tiratore in più e un buon trattatore della palla." Nella realtà dei fatti il raddoppio su Shaq è sempre arrivato dall'uomo di Hudonis Haslem, così come nella passata stagione.
Quindi, per lo meno in teoria, sarebbe giusto estendere la difesa avversaria facendo fare all'ex Boston quello che Horry faceva in attacco ai Lakers e continua a fare a San Antonio.
Il riferimento di Riley alla necessità di adattarsi gli avversari sera dopo sera però spiega in altre parole le difficoltà a mettere in campo Walker in fase difensiva.
Perché sarà anche vero che segnando si limitano le possibilità degli avversari; ma se, come contro i Suns, vieni sotterrato qualcosa lo si dovrà anche imputare a quel che accade sotto il proprio canestro. O sul perimentro, visto il 13 su 26 complessivo da tre degli uomini di D'Antoni.
Continuare a nascondersi che questo è il vero problema può avere ripercussioni pesanti perché nel roster degli Heat ci sono giocatori con problemi strutturali a difendere.
Quindi è il caso di preparsi ad affrontarli. Sperare di segnare 115 punti a gara, specie nei playoffs è fuorviante.
Questo è il vero argomento tecnico che finora a Miami è stato marginale.