Il riscatto di Mourning

Alonzo Mourning sta giocando una incredibile stagione…

Mancano all'incirca tre minuti per la fine di Indiana Pacers- Miami Heat, il primo confronto stagionale tra le due più serie contendenti al titolo di campioni dell' Est.

Il risultato è in equilibrio, ma ad un certo punto accade quello di cui Stan Van Gundy avrebbe fatto volentieri a meno: Shaq ricadendo calpesta la caviglia di Ron Artest, e si procura un forte dolore, che subito preoccupa non poco lo staff medico di Miami. Si spera in una semplice contusione che lo potrà  tenere fuori per 2-3 partite al massimo. Ma fatti gli accertamenti del caso, si vedrà  che questo ottimismo era sbagliato, perché O'Neal dovrà  restare fuori, anche per più di un mese.

La caviglia, evidentemente, non ha retto ai 150 kg del suo proprietario, ed ha alzato bandiera bianca. A questo punto si alza dal pino il suo naturale sostituto: l'intramontabile Alonzo Mourning.

Mourning, 35 primavere suonate, fin lì si era ritagliato spazi, anche importanti nelle rotazione del coach, per via della scarsità  di centri nella squadra, tra l'altro problema persistente in tutta America, ma era ormai da molto che non si trovava ad essere titolare.

Con l'infortunio di Big Daddy, Mourning si ritrova a dover rispolverare i suoi 208 cm di muscoli e a ridiventare lo starter degli Heat per tutto il tempo della convalescenza di Shaq, come non succedeva da molti anni ormai. Ruolo che sicuramente, dopo 15 stagioni passate alla corte di Stern e di quella strana lega chiamata NBA, non lo spaventa di sicuro.

Detto fatto. Si alza dalla panca, per giocare gli ultimi minuti da unico centro di tutta la squadra, e ritocca le sue statistiche già  abbondantemente alte per uno che fa la riserva a Shaquille O'Neal. Alla sirena del quarto quarto arriva la sconfitta per 105-102, ma il nostro avrà  fatto scrivere 15 punti, 5 rimbalzi e 3 stoppate, che sono anche la specialità  della casa, nonché filo conduttore della sua carriera. Tutto in 17 minuti.

Da quel momento, fino al ritorno di Shaq, ormai imminente, il nostro sarà  il baluardo indiscusso degli Heat, il che vuol dire almeno mezz'ora buona a gara, per mostrare ancora quel di cui è capace. E il divertimento, statene certi, non è mancato per i tifosi di Miami.

Le sue vicissitudini fuori dal campo sono note un po' a tutti; è risaputo,infatti, che Zo giochi con un rene solo e per di più trapiantato, piccolo ricordino di una malattia molto seria che ha rischiato di tranciargli la vita reale prima che quella cestistica, ma ora per fortuna debellata, e che non ha intaccato il suo rendimento in campo, come dimostrano le statistiche.

Nella NBA è conosciuto come uno dei più grandi stoppatori di ogni epoca, ma in realtà  lui è uno che va ben oltre i freddi numeri: è uno che ci mette il cuore quando gioca, un vincente. Un Iverson con una trentina di centimetri in più, insomma.

Il suo gioco è spettacolare, da entrambi i lati del campo; buon passatore e insolita mobilità  per un centro da una parte, e tempismo stratosferico dall'altra. Infatti, se in una sera, come è successo con New York, piazza nove stoppate, non è merito esclusivo dei suoi centimetri, che anzi sono relativamente pochi per un pivot NBA, ma bensì per la sua inaudita capacità  di prendere il tempo all'avversario per poi cancellarlo dal parquet.

Sono molto pochi, infatti, quelli che possono vantarsi di aver schiacciato in testa a Mourning. Uno di questi è Vince Carter, che nell'ultimo New Jersey-Miami lo ha posterizzato per tre volte di fila. E l'ultima, in modo semplicemente mostruoso.

Tre schiacciate prese sopra la testa che poteva tranquillamente evitare non andando ad aiutare sulle penetrazioni di Vincredible e risparmiarsi così l'umiliazione, ma ha scelto di rischiare a costo di sfigurare. Perché questo è il suo gioco.

Certo, non si è sempre comportato perfettamente, con le sue squadre e con i loro presidenti (Toronto e New Jersey), come ad esempio nel luglio 2003 quando, dopo aver passato sette stagioni con i Miami Heat, se ne andò perché voleva a tutti i costi avere la possibilità  di giocare in una contender, e così firmò per i Nets, con cui però giocò solo 12 partite la prima stagione, per un totale di 215 minuti, e 18 la seguente, a causa della malattia sopraccitata.

I Nets, gentilmente lo aspettarono e lo sostenerono in questo periodo buio della sua vita. Ma lui come li ripagò? Chiedendo di andarsene. Più precisamente di andare, o meglio ritornare, in patria, ovvero a Miami.

La dirigenza del New Jersey non accettò e lo spedì nel gulag di Toronto per punizione, nella trade che portò Carter a East Rutherford. Zo, per nulla soddisfatto, andò avanti a ricatti, e il 17 dicembre del 2004, i Raptors cedettero per sfinimento e lo tagliarono. Finalmente tre mesi dopo trovò l'accordo con la franchigia della Florida, e il primo marzo ritornò ad essere un Heat. Pronto per una nuova avventura.

Nelle rimanenti partite, si dimostrò un ottimo sostituto a O'Neal, alle prese con problemi alla coscia che lo limitarono molto nel dinamismo, e nelle prime serie di Playoff, fu molto più determinante lui che il suo più famoso compagno. E gli Heat, se sono arrivati a 5 minuti dalle Finals, lo devono soprattutto a lui e a Wade.

Un confronto statistico tra questo primo scorcio di stagione e quella passata, risulterà  ovviamente non attendibilissimo, dal momento che l'anno scorso giocò ben poco e per di più limitato dai problemi fisici. Ma resta il fatto che i suoi numeri siano davvero impressionanti e veramente insoliti per un 35enne che ha avuto i suoi problemi.

In queste prime partite Zo sta giocando 30 minuti a sera buoni, e senza di fatto un cambio vero, dato che a roster nel suo ruolo c'è il solo Doleac, che peraltro si è reso utilizzabile da poco essendo appena rientrato da un guaio fisico.

Sta tirando con percentuali abbondantemente sopra al 50%, e il suo bottino di rimbalzi non è mai inferiore agli otto, di cui almeno tre offensivi. La media punti non è così entusiasmante, ma costantemente sopra la doppia cifra, 11.5.

Tuttavia il piatto forte è nella voce stoppate, sotto la quale aleggia un 3.77 da far concorrenza ad Hakeem Olajuwon, e di cui naturalmente è leader incontrastato della lega, seguito da Marcus Camby dei Denver Nuggets e Andrey Kirilenko, stella degli Utah Jazz.

Per dar un idea sulla sua dimensione di stoppatore, è sufficiente ricordare il suo numero di blocks in carriera, 2.012, e del suo ranking nella classifica dei giocatori in attività  con più stoppate, terzo, dietro a Dikembe Mutombo e al suo amico/compagno Shaquille O'Neal.

Mr. 318 doppie-doppie, detiene anche il record di franchigia, per Miami, di percentuale dal campo con un 50% più che abbondante, stoppate, e tiri liberi fatti e tentati, con oltre 3.200.

E' sicuramente un centro atipico, o quantomeno molto diverso da Shaq, sia per statura e sia per tipologia di gioco: Mourning è un difensore nato, tanto che si è guadagnato per due volte la nomina nel quintetto difensivo dell'anno, mentre The Diesel è un attaccante, che farebbe molto volentieri a meno di rientrare a difendere.

E di fatti, la differenza in campo si può ben notare, anche quando O'Neal è fuori. Basti vedere come attaccano gli Heat, per accorgersi che tutto il gioco è in funzione di Wade e dell'ex Laker. Tutti gli schemi costruiti da Van Gundy sono strutturati in modo da far risaltare al massimo la classe dei due, e quando Mourning è in campo, in attacco si deve accontentare di starsene confinato nella sua zona in attesa di prendere posizione a rimbalzo, non essendo minimamente coinvolto nell'azione.

Se si vede con attenzione anche l'ultima sfida tra Heat e Knicks, si può notare come siano pochi anche i blocchi portati dal prodotto di Georgetown in favore di compagni, proprio perché i principi dell'attacco della franchigia della Florida rinnegano il pick and roll, a causa della scarsa attitudine di Shaquille a salire per bloccare.

Ciò, naturalmente, sfavorisce Mourning che gradirebbe essere molto più al centro del gioco, ma mai una volta lo si è sentito lamentarsi per lo scarso numero di occasioni per ricevere la palla durante la partita, simbolo della sua grande professionalità .

In proposito lui stesso ha detto: "Io non mi aspetto di essere il fulcro dell'attacco. Non mi aspetto di toccare palla in ogni azione. Io mi aspetto solo di dominare il mio territorio"

In difesa il suo atteggiamento è sicuramente più dinamico, e più autoritario: in pratica è quello che nel football si chiamerebbe playmaker difensivo, l'uomo di riferimento quando ci si difende. La sua caratteristica più importante è l'aiuto sul penetratore, un'azione di cui è maestro e che gli ha permesso di arrivare ad un numero tale di stoppate. Quando l'esterno supera la prima linea prende posizione sotto il ferro e salta bruciandolo sul tempo, per ricadere solo dopo aver schiaffeggiato la palla via dalle mani del malcapitato.

Contro i Knicks, ad esempio, ne ha fatto le spese il rookie che sta facendo innamorare Larry Brown, vale a dire Channing Frye, che ad un certo punto è andato per la schiacciata, proteggendo malissimo la palla con il corpo, errore pagato con la stoppatona di Alonzo, che ha fatto addirittura sobbalzare dalla sua sedia Shaquille O'Neal, appostato in borghese nei pressi della sua panchina, il quale non ha potuto che applaudire il gesto del compagno.

Delle nove totali questa era sicuramente la più spettacolare, ma anche le altre otto non sono state certo più disdegnabili. Risultato, record personale eguagliato e sensibile allungo nella relativa classifica, dove ora è sempre più solo al comando.

Al termine della gara, durante la conferenza stampa, un giornalista gli domandato cosa, secondo lui, deve fare un buon stoppatore per essere tale. Il buon Alonzo ha risposto dicendo:

Se vuoi essere un buon stoppatore ti devi muovere continuamente per tutta l'area. Non puoi rimanere fermo nella posizione di centro. Credo che i veri pivot, dominanti, siano proprio una specie in via d'estinzione

In seguito, ha aggiunto: "Non mi sembra di aver fatto niente di straordinario, stasera. Ho fatto solo quello che provo a fare ogni volta sin dall'high school: cercare di stoppare ogni tiro che posso e mantenere la palla in campo così da avere una buona occasione. Questo è il mio gioco."

A trentacinque anni e senza un rene si poteva anche fare peggio, eh?

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