Che ne sarà  dei Red Sox? (1)

Theo Epstein non sarà  coi Sox nel 2006

Al termine dei Winter Meetings di quest'anno, convention di 4 giorni tenutasi a Dallas, si può già  tracciare un bilancio preliminare sull'attività  dei Red Sox. Al contrario delle previsioni di molti, che credevano che i Sox, in mancanza di un GM che sostituisse Theo Epstein, si sarebbero astenuti dall'operare pesantemente sul mercato invernale, la franchigia del Massachusetts ha letteralmente rivoluzionato il roster, preparandosi però ad una stagione che rischia di essere di transizione, se non ci saranno operazioni correttive.

In questo rapporto in due puntate analizzeremo in dettaglio ciò che è successo nel 2005 (prima puntata) e ciò su cui ci si dovrà  concentrare da oggi fino all'opening day 2006 (seconda puntata).

Il lineup

L'anno scorso non c'erano ambiguità . La squadra aveva Damon leadoff, Renteria a battere secondo, il "dynamic duo" di Ortiz e Ramirez, e quindi a scendere giocatori che potevano piazzare la valida, quando non il fuoricampo, in qualsiasi momento della partita.

Una serie impressionante di clutch hitters, dove le uniche, minuscole, note dolenti sono state rappresentate dall'inizio di stagione di Mark Bellhorn, prontamente mandato via (agli Yankees, e con esiti disastrosi) per far posto a Graffanino, battitore da .309 in stagione, e Kevin Millar, uomo chiave nel 2004 e grossa delusione nel 2005. Anche in questo caso è arrivata un'acquisizione fondamentale, nella persona di John Olerud, alla sua ultima annata, gran difensore ed ottimo battitore contro i lanciatori destri.

Il lineup ha disputato una stagione formidabile in battuta (anche se pessima in difesa), riuscendo persino a dare fastidio ai lanciatori dei White Sox, praticamente perfetti nella post-season, e quindi a questo punto basterà  portare al 2006 un ordine di battuta almeno simile. Facile, no? Ma parliamo del monte di lancio…

Monte di lancio

Nel 2005 la nota più dolente dell'intera annata è stata senz'altro quella legata al monte. I partenti infatti non hanno mai trovato la consistenza necessaria ad una squadra che puntava alla conferma del titolo, non ricevendo inoltre nessun aiuto dal bullpen.

I Sox avevano scommesso molto sul ritorno dall'infortunio di Curt Schilling, puntando anche su Wells, Clement, Wakefield ed uno a turno tra Wade Miller ed Arroyo per completare la rotazione. Inoltre era stato aggiunto al roster anche Halama, non un fenomeno, ma un discreto rilievo lungo, e sicuramente uno da 5-10 partenze l'anno, che sopperisse ad eventuali cali di forma dei 6 partenti.

Ebbene, Schilling non si è ripreso tanto facilmente dopo le World Series dell'anno precedente. Per un lungo periodo non è stato efficace, poi è andato sulla DL, infine prima di rientrare a far parte della rotazione ha fatto il closer con risultati da pianto. Nuovamente uomo della rotazione, verso fine stagione è tornato su livelli accettabili, ma comunque non si è più avvicinato al suo rendimento abituale.

Quando il numero uno della rotazione crolla così, gli altri componenti difficilmente riescono a tenere in piedi la baracca per il resto della stagione. Col senno di poi lasciar andare via Pedro Martinez, per quanto inevitabile fosse, è stato un colpo durissimo.

David Wells è stato abbastanza costante durante la stagione, attestandosi però su livelli mediocri, e senza emergere come il partente super-affidabile di cui c'era bisogno, ed alla sua età  c'era anche da aspettarselo.

Wakefield è andato benino, ma è un lanciatore da knuckleball, e per tipologia di lancio, se sbaglia a lanciarne anche una sola durante una partita, rischia di essere punito con un fuoricampo. Insomma, non è neanche lui il lanciatore a cui consegnare la palla in caso di partita da vincere assolutamente.

Matt Clement per la prima metà  della stagione è sembrato il deus ex machina, adatto a salvare la stagione. Poi improvvisamente ha avuto un calo di rendimento clamoroso, acuitosi successivamente alla linea battuta da Carl Crawford che lo ha colpito alla tempia, a Tampa Bay il 26 luglio. Non si è più ripreso da allora, e molti hanno notato come il suo gesto non fosse più fluido e che prima ancora di averlo completato del tutto si mettesse in posizione difensiva, evidentemente proprio per evitare, magari inconsciamente, di essere colpito di nuovo.

Miller si è fatto subito male, ed in pratica è stato come non averlo durante l'anno. Arroyo si è dimostrato un eccellente numero 5, ovvero uno forte contro i battitori destri, debole contro i mancini, con una ERA attorno a 4.50 (4.51 per l'esattezza) e capace di portare a casa una decina di vittorie (14-10). Il problema è nella definizione: numero 5. Non si può poggiare un'intera rotazione su uno come lui, che in fondo è più che altro un ottimo rilievo lungo.

Per concludere, Halama nelle pochissime apparizioni è stato un autentico disastro ed è stato mandato via prima che potesse causare danni ulteriori.

Tutto sommato i partenti per quanto deludenti non hanno combinato troppi guai. Quelli sono stati prerogativa del bullpen. L'anno precedente, come setup Embree e Timlin erano stati eccezionali, con Keith Foulke a fare il closer, affidabile a sufficienza. Com'è andata nel 2005? Beh, Foulke ha portato a casa una ERA catastrofica, 5.91, dimostrando un'incapacità  di fondo nel chiudere le partite. E' finito sulla disabled list, in sostanza non apportando nulla alla stagione, se non un buco in un ruolo fondamentale come quello di closer.

I Sox hanno quindi provato, senza alcun successo, ad inserire Schilling, finendo poi con Timlin, l'unica sicurezza dell'anno. Naturalmente però hanno perso Timlin nel ruolo di setup. A questo va aggiunto che Embree disastrosamente ha avuto una ERA di 7.65 ed è andato via, per giunta come Bellhorn agli Yankees, dove però ha continuato con lo stesso trend.

Come rilievi sono stati provati tanti giocatori: Mantei, Jeremi Gonzalez, Neal, Remlinger ed Harville, con una ERA che è andata dal 6.11 di Gonzalez al 14.85 di Remlinger. Alla fine la squadra ha puntato su Chad Bradford, un sottomarino destro arrivato in uno scambio effettuato con Jay Payton con gli A's, su Mike Myers, sottomarino mancino, mortifero coi suoi omologhi in battuta e sul giovane Jonathan Papelbon.

Quest'ultimo è comunque un partente, molto talentuoso, ed è stato senz'altro il più affidabile lanciatore del bullpen nella parte finale della stagione, inclusi i playoff nei quali ha fatto un figurone. Ha un gran futuro ed è stato l'unico raggio di sole di tutto l'annata.

Ci sono state anche sporadiche apparizioni di prospetti più o meno interessanti, come Cla Meredith, Manny Delcarmen e soprattutto Craig Hansen, un giovanotto con un futuro quanto meno luminoso, ma nessuno dei tre è pronto per una stagione nelle leghe maggiori.

Forse neanche Papelbon era pronto, ma è riuscito a compilare una ERA di 2.65, con un fantastico 1.29 nel mese di settembre, con un bilancio di 3-1 su 17 partite, e dall'anno prossimo sarà  un membro fisso della squadra sin dall'inizio.

Risulta dunque chiaro quale sia stato il punto debole della squadra col lineup più potente della lega. Se Arroyo con una ERA di 4.51 è riuscito a portare a casa comunque 14 vittorie, si capisce come l'attacco abbia trascinato la squadra fino ai playoff, dove però storicamente si sa che senza un monte adeguato non si va troppo lontano. La struttura del roster se non altro rende semplice l'identificazione delle cause dell'insuccesso, semplificando, almeno in teoria, le correzioni da apportare.

Avendo discusso del 2005, possiamo passare a parlare del futuro. Nella prossima puntata discuteremo le operazioni di mercato già  effettuate, e daremo un veloce sguardo alle prospettive per il 2006.

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