Shareef fa lo struzzo: riuscirà a non andare ai Playoff nemmeno coi Kings?
Non sappiamo se sono belli; sicuramente sono senz'anima. Luoghi comuni ce ne sarebbero anche troppi: l'atmosfera natalizia che contagia il gruppo, la sindrome di Shareef Abdur Rahim che nella sua carriera Nba non ha mai giocato in una squadra vincente.
Oppure, meglio ancora: una febbre tipica, lasciata a Sacramento da chi se n'è andato, che induce i giocatori ad un approccio soft alle partite.
Fatto sta che Rick Adelman s'è scocciato e, con la prospettiva di perdere la terza gara consecutiva, all'inizio del quarto periodo contro Minnesota, ha tolto i titolari. E non sono più rientrati fino al termine. Sacramento ha perso 85-77.
"Almeno - ha spiegato Ademan alla fine - si è vista gente con voglia di fare fatica e competere. Eravamo nella tipica situazione delle squadre che non giocano abbastanza duramente.”
Parole pesanti come pietre, seguite evidentemente a un chiarimento negli spogliatoi.
I giocatori sono usciti con la testa bassa e, richiesti di un parere si son detti "imbarazzati".
"Siamo meglio di quel che si è visto oggi", ha chiarito Mike Bibby.
Fatto sta che ogni tanto bisognerebbe anche dimostrarlo: fa specie vedere i Kings andare sotto così nettamente sul loro campo.
E' strano che succeda quando Kevin Garnett segna solo 7 punti in tre quarti e chiude con 11. Nondimeno gli uomini di Adelman hanno concesso un osceno 68.8% nel primo quarto, subendo 48 punti in un primo tempo in cui i T-Wolves hanno avuto 14 palle perse.
Roba da togliersi la giacca e tirarla in campo per protesta. All'inizio del quarto periodo il coach ex Portand s'è affidato a Hart, Garcia, Williamson, Skinner e Thomas, non esattamente il quintetto dei sogni, per mandare un messaggio.
A tutti i titolari: non solo a Rahim che per la prima volta in stagione non ha segnato in doppia cifra, e Miller, tenuto a secco per la prima volta dall'aprile del 2003.
"Quando vai sul campo - ha spiegato Adelman ai giornalisti - devi farlo con energia e convinzione; se tagli tanto per farlo, allora tanto vale stare tutti fermi. Lo stesso vale per la difesa. La nostra mentalità deve cambiare."
Non è la prima volta che il coach è costretto a violentare se stesso e adoperare le maniere forti.
Ricordiamo un provvedimento del genere a Cleveland, lo scorso anno, al termine di un primo quarto orrendo oltre ogni immaginazione.
Se, per quanto criticabile, poteva avere un senso l'approccio soft delle squadra di Chris Webber, quest'anno proprio sfugge alla comprensione. Quando il tuo nome è al 25° nella classifica dei punti subiti e al 26° in quella della percentuale al tiro non è difficile capire cosa non va; stiamo parlando di 98.3 punti a gara col 46.1% dal campo. Con questo si spiega l'orrendo record esterno di 1-5.
Paradossalmente il problema dell'approccio soft è aggravato da un attacco che procede a sprazzi e, più che altro, è lontano parente di quello ammirato nelle scorse stagioni. Qui ci sono giocatori che pensano prevalentemente all'attacco in termini di opportunità personali.
Bibby fa eccezione ma è al minimo per assist in carriera con 4.8. In squadra non ci sono facilitatori del gioco come Doug Christie. Al massimo ci sono buoni passatori come Brad Miller.
Ne consegue che la circolazione di palla tende a ristagnare quando la pressione difensiva degli avversari aumenta. Quando l'attacco ha problemi giocatori che non sono mai stati noti per essere dei mastini difendono ancora di meno.
Un quadro di grande negatività difficile da ribaltare.
"Difendiamo bene - ha ammesso Predrag Stojakovich - solo a sprazzi (quelli meno significativi delle partite ndr). Dobbiamo diventare più continui."
Un aspetto che chiama in causa anche lo staff tecnico perché, posto che qui non abbiamo né Duncan, né Ben Wallace, né quell'Alonzo Mourning che ha recentemente oscurato le luci dell'Arco Arena, qualche regola difensiva in più si potrebbe vedere. Sappiamo che non è il pane di Adelman.
Ma al momento ci sfugge in quale altro modo si potrebbe cambiare una stagione pericolosamente avviata sui binari della mediocrità .