Lakers: inquietanti dejà  vu

Se volete materiale da poster, quest'anno Kobe è l'uomo che fa per voi!

Un solo atleta che gioca contro una squadra.

Gli infortuni bloccano la crescita del gruppo. E ancora: manca la continuità  per essere una squadra da vertice.

Vi sembrano già  sentite queste frasi? Se avete risposto di sì, evidentemente qualcuno di voi, lettori di Play.it USA ha seguito con una certa attenzione l'annata 2004/05 dei Los Angeles Lakers.

Purtroppo per i tifosi di questa franchigia, la storia si sta ripetendo ed in barba al nuovo (o presunto tale) corso inaugurato con il ritorno di Phil Jackson, i difetti di questa nuova versione degli angelini sono pericolosamente simili a quelli della copia precedente.

Risultati
Lakers @ Memphis 73 – 85
Lakers vs. New York 97 – 92
Lakers vs. L.A. Clippers 91 – 97
Lakers vs. Chicago 93 – 96
Lakers vs. Seattle 108 – 96
Lakers vs. New Jersey 96 – 102
Lakers @ San Antonio 84 - 90

Già , i risultati parlano chiaro. L'annata dei Lakers è partita decisamente in salita o almeno con maggiori difficoltà  rispetto a quanto sembrava lecito aspettarsi.

Dopo un inizio quanto meno incoraggiante, la squadra è sembrata ripiombare in quel limbo di mediocrità  che l'aveva contraddistinta nella pessima gestione di coach Rudy T.

Le sconfitte di Memphis, Chicago e New Jersey, la vittoria contro un cantiere aperto come quello che a New York sta portando aventi coach Brown, perfino la più larga vittoria contro i Seattle Supersonics di Ray Allen hanno tutte un denominatore comune: il numero 8 di Kobe Bryant.

Esattamente. Come l'anno passato, forse più dell'anno passato, il capitano dei Lakers sta vivendo lo scomodo ruolo di ago della bilancia, di tutto fare di accentratore unico del gioco dei californiani.

Supportato da uno stato fisico e mentale senza uguali nel recente passato, la guardia nativa di Philadelphia ha messo insieme in questo primo scorcio di stagione, una serie di statistiche impressionanti.

Bryant ad oggi è il miglior marcatore della lega con 33.5 punti a partita (n.d.r. il secondo, superato nella notte da Allen Iverson), il terzo giocatore per minuti in campo, tira oltre 30 volte per sera e sa difendere (per referenze chiedere proprio a Ray Allen) come un ossesso quando lo ritiene necessario.

Ovviamente ci sono ragioni tecniche e ragioni psicologiche che spingono l'ex bambino prodigio a giocare in questo modo.

Le ragioni psicologiche si intuiscono non appena il suddetto mette piede in campo: dopo avere passato le ben note vicende giudiziarie, il posto che lui ritiene suo è ormai stato dato ai vari James e Wade.

Non solo; l'età  di Bryant oggi è davvero particolare. Normalmente è l'età  della completa esplosione, del raccogliere il frutto dei primi anni. Ma questo giocatore, ha già  raccolto nei suoi primi anni più di quanto abbiano fatto tanti altri celebrati rivali ed oggi si trova nella scomoda posizione di doversi ricostruire. Troppo giovane per essere un veterano e come tale amato e troppo vecchio per essere un talento in crescita e come tale osservato.

Ecco, se si vuole mettere a fuoco l'impressione che fa Bryant in campo, è quella di un giocatore che soffre il fatto di non essere amato o seguito come prima e che deve sempre fare un po' di più, deve sempre dimostrare qualche cosa in più.

Naturalmente questo è un lato psicologico, o almeno quello che può apparire da questa posizione d'osservazione.

Poi c è il lato tecnico.

Questa versione dei Lakers gioca un basket davvero monodimensionale. Si appiattisce su di un triangolo che certamente porta molto più rigore tecnico, rispetto alla sgangherata versione 2004, ma che è limitato nella sua espressione, dalla pochezza delle caratteristiche degli interpreti.

Succede quindi che Kobe giochi la stagione che sta giocando e che si esprima al meglio quando prova a vincere da solo uscendo dagli schemi, ma che anche il secondo violino Lamar Odom stia dando segnali di vero miglioramento, segnando di più (15.2 per gara) e facendo da miglior rimbalzista e assist man della squadra con 10 + 5 per sera.

Si chiude qui però il capitolo delle belle notizie. Mono-dimensionalità  appunto. Dov'è il gioco nel reparto lunghi? Desaparecido. La difesa? Pessima sul primo passo dei penetratori avversari, pessima nel limitare le seconde chance dei lunghi avversari.

Dopo la sconfitta contro i Clippers, lo stesso coach Jackson ha ammesso l'inferiorità  dei suoi verso il nuovo che avanza, i cugini a cui va tanto di cappello, ma ha comunque fatto notare che questi Lakers hanno pressappoco lo stesso record ad oggi, delle versioni da titolo: va bene, però ad oggi sono ultimi della division, e al posto di Shaq, Horry e (ahimé) Fisher, ci sono Mihm, Brown e Vujacic. Fate vobis.

Il meglio della settimana: non vi è dubbio. Dopo questa bella iniezione di pessimismo, orsù in fondo è solo pallacanestro, una nota positiva va data a coloro che hanno avuto la fortuna di assistere alla gara dei Lakers contro Seattle.

Dimentichiamoci il fatto che si gioca 5 contro 5. Dimentichiamoci che a lungo andare le prestazioni singole nuocciono al risultato del gruppo. Dimentichiamoci un po' tutto e godiamoci ancora gli straordinari 18 minuti di basket mostrati da Kobe Bryant.

Dopo aver passato il primo tempo ad annullare Allen, il numero 8 ha sfoggiato un parziale da 29 punti in 18 minuti scarsi che ha profumato tanto di onnipotenza.

Una prestazione balistica straordinaria, un momento inevitabilmente a sé stante, ma bellissimo da vedere per chi apprezza la meccanica di tiro e la capacità  di fare gioco di questo grande campione.

Da citare per giustizia, ma davvero tanto distaccati, ci sono anche i momenti di gloria vissuti da Brian Cook, finalmente proiettato nel ruolo da lui agognato, di 4 titolare, i numeri sempre applauditi di Smush Parker ed il rientro positivo quanto utile di Luke Walton.

Il peggio della settimana: nel peggio della settimana c'è un po' di tutto. La già  citata mancanza di peso e di difesa di questa squadra, sembra poter essere rotta solamente da un intervento di mercato.

Sì, perché se l'anno passato si attendeva come la manna il rientro poi inefficacie di Divac, quest'anno non sembra esserci a roster un atleta capace di cambiare la situazione in modo autorevole, a meno che quello visto fino ad ora sia il cugino brutto di Brown, a meno che Bynum non cresca tutto insieme o che George rientri e si trasformi in un'ala difensiva da All Star.

E adesso? Adesso si continua a lavorare innanzitutto per fare spettacolo, perché il pubblico dello Staples sarà  anche gossipparo e viziato ma se lo merita, ma soprattutto per cominciare a risalire la china.

La sconfitta della notte scorsa contro gli Spurs non è stata certo una debacle, ma alla controprova della marcatura di Bowen si è visto che con un Bryant da 9 su 33 la squadra ha poche alternative e deve per forza trovarle. Utah, Minnesota e Charlotte saranno le prime avversarie a testare questo sforzo.

Alla prossima"

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