Ecco i prossimi progetti di David Stern…
Sono anni ormai che la NBA ha aperto le frontiere, è passato molto tempo da quando la NBA decise di mandare le sue stelle alle olimpiadi per "globalizzare" il marchio NBA. Sono anni ormai che ci sono giocatori "internazionali". All'inizio semplici comparse, ora anche All-Star.
Gli Americani, poco propensi a fidarsi dello "straniero" nello sport, ormai si sono arresi all'evidenza: ci sono grandi talenti anche oltreoceano. Da Sabonis a Nowitzki, passando per Kukoc e Ginobili. Ogni anno approdano sulle sponde dell'onnipotente NBA sempre più giocatori stranieri.
Alcuni sono All-Star, come Nowitzki, Yao Ming, Nash, Ilgauskas e Ginobili. Altri sono addirittura "franchise-players", i giocatori attorno ai quali costruire una squadra e le speranze di tutta una città : lo stesso "Wunderdirk" e Gasol per esempio.
Mentre la bravura dei giocatori cancella a poco a poco l'antica convinzione che i migliori talenti si trovino solo in territorio yankee, le sconfitte della nazionale Americana nelle olimpiadi creano scompiglio e aprono le porte a una crisi profonda.
Trovare alcuni giocatori buoni, anche eccellenti, all'estero, non è stato un grande problema da accettare per i tifosi in USA, ma la "caduta degli dei" del Dream Team ha lasciato una ferita difficile da rimarginare.
Le scuse non valgono (regole diverse, giocatori giovani e inesperti…), nessuno nel mondo le ha mai credute, tanto meno in America. La NBA ha cominciato a chiedersi se arriverà il giorno in cui gli equilibri si ribalteranno, in cui l'impero NBA sarà sconfitto. La vittoria del Maccabi a Toronto quest'estate, la prima vittoria di un club FIBA in territorio americano ha aggravato ancora di più queste insicurezze serpeggianti ma ancora celate.
Viene allora da chiedersi se "globalizzare" l'NBA non abbia avuto un effetto boomerang per il basket USA. Il Dream Team del '92 con quelle vittorie schiaccianti ha motivato i campionati e le nazionali del resto del mondo a migliorare per combattere il "gigante" americano.
Quanto fa bene alla NBA avere una Team USA debole? La politica di espansione che promuove il "commissioner" David Stern si è basata e deve basarsi necessariamente sulla qualità e lo spettacolo della lega americana. La NBA deve rimanere il punto di riferimento se vuole continuare ad espandersi ed aprirsi nuovi mercati. È impensabile che un telespettatore italiano o spagnolo preferisca vedere una partita NBA se in Euroleague può vedere uno spettacolo migliore.
Ovviamente non siamo arrivati a questo punto, però il "commissioner" e la NBA sicuramente si saranno posti questa domanda. Cosa fare allora? Forse l'ascesa del basket europeo è inarrestabile, cosa ha pensato David Stern?
Semplice, ma pur sempre geniale: integrare in un futuro più o meno prossimo i due continenti, fonderli insieme. Come? Questo non è ancora chiaro, ma Stern ha cominciato a dare alcune piste. In una recente intervista il "commissioner" ha reso noto che stanno pensando di creare dei "development teams" in Europa.
Ovvero delle "filiali" delle squadre NBA dove verrebbero spediti i giocatori sotto contratto ma che non rientrano nella rosa. Proprio come succede già con la NBDL (National Basketball Development League) in USA. Questo potrebbe solo essere l'inizio.
Di fatto un inizio sarà già l'estate prossima, quando alcune squadre faranno il training camp in Europa (per esempio per Phoenix si parla proprio di Italia), e probabilmente anche qualche amichevole. Sicuramente una idea azzeccata, quanti di voi non pagherebbero per vedere una squadra NBA in diretta nella propria città ? Anche solo per un'amichevole?
Globalizzare il marchio NBA non è solo un modo per ingrassare i conti della lega americana, ma è ormai una scelta obbligata. In un mondo globalizzato, la NBA, che molti definiscono come il campionato più famoso del mondo, non può rimanere indietro. E David Stern lo sa, e sta facendo di tutto perché questo non accada. Ormai l'espansione è inarrestabile, in tutte le direzioni. In Cina ci sono tre o quattro canali che trasmettono partite ogni notte, in Europa in media ce ne è uno a nottata. E in America la NBA TV trasmette partite dell'Eurolega.
E quale sarà il prossimo passo? È così impensabile prevedere che in dieci, diciamo quindici anni, ci possa essere una lega USA-Europa (NBA-Euroleague)? Ovviamente le distanze rendono quest'idea quantomeno irrealizzabile se la si volesse configurare come la "regular season" attuale. Ma una finale, o una final four?
Una specie di Supercoppa Intercontinentale del Basket? È davvero così impensabile? Sicuramente molti mi risponderanno di sì e rideranno, ma probabilmente molti avrebbero fatto lo stesso dieci o quindici anni fa se gli avessi detto che l'MVP della lega sarebbe stato un canadese alto 1,90 e che un tedesco biondo sarebbe diventato uno dei giocatori più importanti della NBA e del mondo intero.