Channing Frye, l'ennesima ottima scelta di Isaiah Thomas ad un draft… alla faccia del safe pick!
Falsa partenza o avvisaglie del primo fallimento di Larry Brown? Presto per emettere sentenze definitive, certo è che dopo dieci gare la verità sembra stare nel mezzo, al di là dei facili entusiasmi e conseguenti delusioni di tifosi e carta stampata. Le sole tre vittorie, seppur con due arrivate in mezzo ad un massacrante viaggio ad ovest con sei partite in una decina di giorni, hanno fatto suonare più di un campanello d'allarme in casa Knicks. Che ad un coach servano almeno un paio di stagioni per registrare un roster nuovo e soprattutto giovane è cosa buona e giusta, ma non a New York, la città del tutto e subito.
La pazienza da parte di tutti pareva esserci fin da subito e non poteva essere altrimenti all'arrivo di un allenatore così blasonato, ma alcune clamorose sconfitte arrivate per macroscopici errori di Brown hanno fatto precipitare la situazione. Le parole "work in progress" in bocca ai protagonisti non sono bastate a fronte di gare in cui i rookie guidavano il team verso rimonte clamorose, salvo essere panchinati a favore di veterani che sfiorano la pensione che immancabilmente si fanno sfuggire di mano la vittoria.
Meriti e demeriti di Brown, dunque. Tra i primi, va senz'altro menzionata la nuova vena difensiva dei Knicks, nonostante il roster sia pieno di mediocri difensori individuali. L'ex coach dei Pistons ha subito dato la sua impronta in questo aspetto, lavorando sull'impianto generale più che sul singolo. Da una delle squadre più perforate della Lega, oggi i bluarancio concendono, nonostante le sette sconfitte, solo 90,5 punti a sera, quinti in assoluto così come per percentuale dal campo concessa.
Purtroppo per ora i meriti si fermano qui. L'altra faccia della medaglia, infatti, è piena di magagne che andrebbero risolte al più presto. Quello che salta di più all'occhio è la mancanza di una rotazione ben delineata. Sono sei gli starting five fin qui schierati, per non parlare dei giocatori che continuano ad entrare ed uscire dalla lista inattiva a seconda degli umori di giornata. La posizione di ala piccola è quella che ha subito i maggiori scossoni: detto che manca un esterno tiratore che forse risolverebbe il tutto, per ora ci sono passati un po' tutti da lì, ed ora sembra Malik Rose il titolare, in una sorta di rivisitazione di Corliss Williamson. L'ex-Spur, però, non ha né la rapidità né il tiro per giocare contro il Carmelo Anthony di turno ed i "risultati" si sono visti in quel di Denver.
Uno degli altri problemi è la sfiducia di cui godono i rookie. David Lee, nonostante sia, pur dalla panchina, il miglior rimbalzista del roster, è chiamato raramente in causa e la sconfitta interna con i Warriors, con i primo anno decisivi nel rientrare da -10 a +5 salvo panchinarli a favore degli Antonio Davis di turno che si sono fatti beffare nel finale, ha inasprito ancora di più le critiche verso un coach da sempre restio ad affidarsi alla linea verde.
Discorso a parte merita Channing Frye, autentica sorpresa di questo inizio di campionato. Sbertucciato da molti addetti ai lavori e non, con Isaiah Thomas sentitosi chiamare Scott Layden come se la scelta dell'ex-Arizona fosse stato un semplice safe pick, il primo per uno scopritore di talento come Zeke, Frye ha stupito tutti e costretto Brown a concedergli tanti minuti. Addirittura non sceso in campo nella prima a Boston, Channing ha progressivamente guadagnato minutaggio. Segna in tutti i modi, perfino con un insperato tiretto dalla media dopo un pick'n'pop con il portatore di palla e non è per nulla soft dentro l'area colorata. Per tre volte è stato il miglior scorer dei suoi, roba che a casa dei Knicks non succedeva dai tempi di Hubert Davis. Nell'ultima gara contro Portland è stato decisivo, nonostante Brown gli abbia concesso solo sei minuti nel primo tempo, esplodendo letteralmente nel secondo con 22 punti, frutto di un 8/10 dal campo. Tra i rookie è terzo per punti segnati e quarto per rimbalzi catturati (ma quelli che lo precedono giocano molto di più).
Dopo tante rotazioni, sembra che Brown per il reparto di dietro si sia orientato definitivamente verso la coppia Stephon Marbury-Jamal Crawford. Al primo gli è stato chiesto di essere un playmaker più puro possibile, nonostante resti, anche numeri alla mano, il miglior realizzatore del roster. Tra le solite voci di mercato che continueranno per tutta la stagione, Steph ha pure pubblicamente chiesto al coach di evoluire come shooting guard, sentendosi rispondere "picche", dal momento che non esiste nel roster un play puro da affiancargli. Marbury passa da gare diligentissime in cui finisce in doppia cifra in assists ad altre in cui pare in confusione, salvo magari mettere quasi 30 punti in quella dopo. Da segnalare un rinnovato impegno nel cercare di capire cosa vuole Brown da lui e nettissimi miglioramenti nell'applicazione difensiva. Che abbia finalmente capito che questa è la sua ultima chance per abbandonare la categoria dei giocatori talentuosi ma perdenti?
Crawford invece, dopo il crollo psicologico delle prime gare da panchinaro, una volta ritrovato il quintetto base ha mostrato grossi miglioramenti nella selezione di tiro e nell'uscita dai blocchi. Un aiuto in questo senso è arrivato dal fatto di avere finalmente dei lunghi realizzatori, così che non abbia sulle spalle gravosi compiti di inventarsi delle conclusioni dal nulla e fuori equilibrio per sopperire a carenze offensive altrui.
Pure Eddie Curry sta rispondendo bene alla sua nuova avventura nella Grande Mela. Svanite per ora (e si spera per sempre) le tante voci sul suo cuore, ha dimostrato di possedere quel gioco in post basso che ai Knicks mancava dai tempi di Patrick Ewing. Seppur in difesa resti al paleolitico, a rimbalzo è meglio del previsto. Per compensare ai limiti difensivi, Brown fa giocare stabilmente in ala grande Antonio Davis, anche se per il futuro la coppia Curry-Frye è qualcosa di più che intrigante. Uno dei problemi che invece Eddie ha palesato sono i falli: sebbene vada tanto in lunetta, ne commette troppi e spesso deve andarsi a sedere in panchina, spezzando così il suo ritmo offensivo che in seguito fatica a ritrovare. Con un po' più di rispetto da parte dei fischietti, anche questo problema potrà essere facilmente superato.
La vera delusione tra i nuovi arrivati è per ora Quentin Richardson. Le sue prove sono state molto incolori e qui si ricollega la grave mancanza della squadra newyorkese: il tiro da fuori. Sinistramente, le prime due vittorie stagionali sono coincise con le due migliori prestazioni balistiche da oltre l'arco dei tre punti dell'ex-Sun. Posto che Q merita almeno un paio di mesi di prova prima di considerarlo un acquisto sbagliato perché ha avuto guai fisici praticamente tutti i giorni, è pure vero che era e resta un tiratore di striscia e come tale non affidabile. Il tiro da tre rischia così di diventare la cartina tornasole della stagione, se Zeke non rimedia sul mercato.
Chiudiamo con un cenno per i restanti uomini del roster. Molti indicherebbero come Jemome James la delusione più grande, ma onestamente chi si aspettava qualcosa da "Sexy"? Firmato per mancanza di lunghi in un periodo in cui i contratti dei big men erano di conseguenza gonfiati, se Curry fosse arrivato prima, di certo James non sarebbe stato firmato. Marcisce in lista infortunati senza colpo ferire. Le poche apparizioni gli hanno visto collezionare più falli che minuti giocati. Trevor Ariza ha invece un'altalenanza nelle prestazioni peggiore di quella di Marbury. Brown in questo non lo aiuta se è vero che nell'ultima gara lo ha fatto giocare per solo un-secondo-uno nel primo tempo. Trovare il ritmo, così, non risulta di certo facile e la mancanza di un tiro affidabile dalla media non lo aiuta. E' un istintivo e questo lo salva in molte situazioni, come per esempio se deve attaccare la linea di fondo.
Nate Robinson, il terzo rookie, è parso un guerriero, uno che non ha paura di gettarsi in mezzo all'area a dispetto della sua altezza, ma purtroppo le misure dei lunghi avversari sono aumentate rispetto ai tempi del college. Sta facendo fatica nella selezione di tiro e non potrà mai essere un play, quindi non si sa quale collocazione può avere sulla lunga distanza negli schemi di Brown. Penny Hardaway, perennemente in lista inattiva salvo in una gara, è in tutte le voci di mercato del giorno, come per esempio in cambio di Jalen Rose a Toronto.
Jackie Butler, chiamato in causa per pochi minuti, ha dimostrato che in NBA ci può stare, grazie a quel corpaccione e ad un gancetto made-in-Aguirre molto efficace. Purtroppo la sua giovane età e la voglia di strafare lo fanno uscire un po' dai binari della "Play the right way", ma per adesso va bene così. Matt Barnes, che alla fine ha fatto la squadra dopo la firma al camp, ha giocato molto come titolare, ma ha palesato evidenti limiti offensivi e come difensore non ha dato molte sicurezze se è vero che ormai gli viene preferito Rose. Mo' Taylor ha fatto la spola tra lista attiva e non, tra alterne fortune. A volte mette un tiretto qua e là , ma è sul mercato a tutti gli effetti, così come dovrebbe esserlo Rose (e per questo gioca anche così tanto).
Visto che il gruppo è unito e futuribile e la partenza 0-5 non ha minato l'ambiente interno alla squadra dove tutti sembrano remare dalla stessa parte come non mai, si spera che Thomas non assecondi le lune di Brown, se quest'ultimo dovesse iniziare a voler scambiare giocatori dall'oggi al domani solo per "innamoramenti" passeggeri che l'allenatore ha già dimostrato di avere in passate vite professionistiche.
Dopo il massacrante viaggio ad ovest che ha fatto precipitare il record e le considerazioni della stampa newyorkese sull'operato di Brown e giocatori, ora il calendario è più benevolo ed è obbligatoria una risalita. quattro sono le partite che aspettano i Knicks prima di chiudere novembre ed un 5-9 per entrare in dicembre è auspicabile. Philadelphia e Chicago in casa sono da vincere assolutamente, ma anche una tra le trasferte di Charlotte e Miami (priva di Shaq) potrebbe essere alla portata degli uomini di Brown, così da chiudere addirittura con un 6-8.