Parker e Popovich sono ormai in perfetta sintonia…
Un inizio brillante: 6-2. E d'altronde non ci si poteva aspettare di meglio dai campioni del mondo in carica. I primi quindici giorni di NBA sono stati dunque un'ulteriore dimostrazione di come i veri favoriti siano ancora una volta loro: i San Antonio Spurs.
Tutto ha funzionato quasi alla perfezione. Diciamo quasi, perché due sconfitte sono comunque arrivate (a Dallas e a Washington), ma alla fine tutto rientra nella normale amministrazione di un campionato che, per sei mesi, sostiene ritmi quasi impossibili per esseri umani normali. Non è un caso infatti che le due "L" siano occorse entrambe nei più classici back-to-back, quando le energie, scosse da fusi orari e viaggi infiniti, vengono necessariamente meno.
IL TRIO
A livello individuale sono emersi i soliti noti: Tim Duncan su tutti. Davvero impressionante l'ex nuotatore delle isole Vergini. Un esempio per tutti, appassionati e non. Tifosi o anti-speroni per eccellenza. Il caraibico ha tenuto medie incredibili: 21.6 punti, 12 rimbalzi e 3.1 assist di media a partita.
Ma ciò che un tabellino NBA non potrà mai mostrare è l'impatto che fornisce un giocatore come Duncan. In difesa è qualcosa di esteticamente esaltante. Una presenza ingombrante ed irritante per gli altri, ma entusiasmante per chiunque tifi nero-argento. Il solo suo esserci intimorisce chi attacca e questo, anche solo psicologicamente, vuol dire tantissimo.
In attacco è una certezza. Forse anche più di ieri. Duncan ormai si muove da ala piccola, su questo non c'è alcun dubbio: in alcuni casi, preso il rimbalzo difensivo, sviluppa l'azione sin oltre la metà campo, dettando ritmi e movimenti quasi fosse un playmaker aggiunto. Spalle a canestro ha sviluppato un tiro in fade-away insospettabile per uno della sua altezza e, a quelle quote, tutto diventa immarcabile.
La tabella, inoltre, gli è sempre più amica, quasi compagna oserei dire. Inoltre, il solo fatto di avere Duncan sotto le plance migliora inevitabilmente il gioco di chi gli è a fianco: ci sia Rasho Nesterovic, Robert Horry, Fabricio Oberto o Nazr Mohammed non importa, il contributo è sempre elevato. E stesso discorso dicasi per quelli sul perimetro, che in molte occasioni, si trovano liberi e isolati per infilare triple a ripetizione. E con gente come Michael Finley, Nick Van Exel, Tony Parker, Brent Barry o Manu Ginobili è davvero un bell'affare.
Chi invece ha fatto vedere grandi cose, dando finalmente una svolta radicale rispetto al passato è Tony Parker. Il francesino, soprattutto per la gioia di compagni, coach e tifosi, sta diventando leader: 22.7 punti, 3.4 rimbalzi 5.9 assist di media a partita. Certo è ancora presto per dire che la discontinuità di rendimento del galletto sia un problema ormai passato, però qualcosa di buono si sta cominciando a vedere.
Parker sta diventando decisivo in quei momenti che prima lo vedevano assente o anonimo. Ha capito che alcuni momenti sono più importanti di altri e ha compreso come, spesso e volentieri, c'è necessità di assumersi grandi responsabilità . Già nell'opening night contro Denver aveva dato idea che quest'anno sarebbe stato diverso. Con la gara in equilibrio e con Denver vicina all'impresa, nel quarto periodo è stato lui a trascinare i suoi: 13/20 dal campo, 26 punti realizzati, di cui 14 nel solo quarto periodo, nel quale è riuscito a mettere a referto sette tiri su sette. Spaziale.
Solo tre giorni dopo, contro Cleveland, altra prestazione brillante: 18 punti (9/16 dal campo) e 8 assist, con un secondo tempo all'insegna della difesa e dell'aggressività . Ma la prestazione più "illuminata", è stata quella contro Charlotte, il 9 novembre: 23 punti (11/19 dal campo), 5 rimbalzi e 6 assist. Ma al di là delle statistiche è stata una questione di atteggiamento, di mentalità e di convinzione.
Un po' sottotono, o almeno, ad un livello inferiore rispetto a quello che ci si aspettava, è stato l'avvio stagione di Manu Ginobili. Vuoi per il leggero infortunio alla coscia, vuoi per una condizione psico-fisica non proprio al top, il vero neo di questo avvio di stagione è proprio lui, l'argentino più famoso del mondo. Intendiamoci: neo in quanto ormai assunto leader.
Da Manu ci si attendono sempre grandi cose e dunque è normale che ogni prestazione venga valutata con una maggiore attenzione. Nelle ultime due gare però, quelle contro Washington e Atlanta notevoli miglioramenti individuali si sono visti e Ginobili è tornato ai suoi livelli. Nel match contro i capitolini, infatti, Ginobili ha giocato 32 minuti realizzando il massimo stagionale di 28 punti (8/12 dal campo, 4/7 da tre e 8/8 ai liberi) mettendo a referto anche 3 rimbalzi e 3 assist.
Il tutto però è risultato vano in quanto gli Spurs hanno colto la loro seconda sconfitta stagionale. Una sconfitta dovuta alla cattiva gestione difensiva degli Spurs e alla serata no di Duncan (3/18 dal campo). Inoltre Gilbert Arenas ha realizzato la bellezza di 43 punti, facendo il bello e il cattivo tempo in qualsiasi momento della gara.
Contro Atlanta invece (la gara di questa notte) Ginobili è stato il migliore in campo. L'argentino ha realizzato 24 punti (9/13 dal campo e 5/5 ai liberi), 3 rimbalzi e 2 assist. Per gli Spurs è stata la sesta vittoria, ma il fatto più importante, oltre all'ennesima "W", è risultato il ritorno a buoni livelli di Ginobili e Duncan, che dopo la serata pessima contro Washington, ha ritrovato il suo normale ritmo stagionale (23 punti con 11/14 dal campo, 7 rimbalzi e 3 assist).
I NUOVI
Per quanto riguarda i nuovi arrivati ottimo lavoro ha svolto, finché ha potuto, Michael Finley. A complicare le cose nel suo inserimento, per altro già a buon punto per quanto visto nelle prime quattro partite, è arrivato un malaugurato infortunio all'inguine.
Dopo la gara vinta contro Chicago all'overtime (con grande contributo di Finley, grazie alla sua tripla del 98-93 a 3:18 dal termine e nonostante il 3/14 dal campo), negli spogliatoi Finley ha sentito un fastidioso dolore alla zona inguinale che lo ha costretto a disertare le successive quattro gare. Ora si valuta la situazione giorno per giorno, ma non è detto che il suo rientro possa essere imminente.
La prestazione più convincente è stata nell'opening night, quando Finley ha mostrato di aver già assimilato gli schemi nero-argento: 28 minuti giocati, 16 punti e 7/10 dal campo.
Capitolo Nick Van Exel. Era la più grande incognita di questi Spurs e, ancora una volta, Buford & co. sembrano aver vinto la loro scommessa. Se infatti nella gara d'apertura della stagione, Van Exel era sembrato un oggetto estraneo (fantastico il suo primo tiro in maglia nero-argento, preso da fermo, senza alcun ritmo, con Popovich che gli urlava di passarla), nelle successive gare, anche a causa dello scarso minutaggio di Ginobili, l'ex Lakers ha trovato il ritmo giusto e ha incominciato a fornire buone prestazioni.
Contro Dallas (11 punti), Charlotte (12 punti) e Washington (13 punti) i match migliori che gli ha permesso di scalare notevoli posizione nella personalissima classifica di coach Popovich.
Poco utilizzato è stato invece Fabricio Oberto. All'inizio sembrava che il Pop lo volesse utilizzare in maniera più continua, poi però, dopo le prime due gare, Popovich ha preferito ruotare sempre gli stessi: Mohammed, Nesterovic e Duncan. Per Oberto è arrivato parecchio garbage time e pochi minuti importanti. Vedremo se in futuro il secondo argentino degli Spurs troverà maggior spazio.
IL FUTURO
Dopo cinque trasferte consecutive, questa notte gli Spurs sono tornati a giocare fra le mura amiche, dove hanno colto il sesto successo stagionale ai danni di Atlanta. Ora i nero-argento sono attesi da altre due partite in casa, contro Houston e Phoenix per poi ritornare in trasferta contro Sacramento e Golden State. Per chiudere il primo mese di NBA, il 25 novembre e il 29 novembre gli Spurs affronteranno in casa i Chicago Bulls e i Los Angeles Lakers. Già allora una prima riflessione sulla stagione potrà essere fatta e si potrà cominciare a fare l'elenco delle possibili e credibili avversarie dei texani.