Tim Duncan sta invecchiando ? Può darsi, ma nella corsa per l'MVP sarà ancora in prima fila.
Stagione NBA appena partita, tante attese, le varie squadre sono state esaminate nei vari articoli di preview che ci accompagnano dall'inizio di ottobre, e la valutazione finale su di essere sarà poi fatta nel consueto Power Ranking che Playitusa vi regalerà nei prossimi giorni. Vorrei aprire la prima puntata di questa rubrica riguardante la stagione 2005-06 puntando il dito su alcuni giocatori che dalla stagione prossima senz'altro si attendono qualcosa di speciale.
Recentemente ho letto in una Email della Mailing List che usiamo noi redattori di playitusa, una frase che mi ha lasciato molto perplesso, ossia "Tim Duncan sta invecchiando". Per carità non voglio mettermi di certo a discutere nulla di biologico, gli anni passano per tutti dalle splendide fotomodelle anoressiche, ai giocatori NBA a noi comuni mortali, ma sinceramente questi eventuali segnali di invecchiamento da parte di quello che io ad oggi ritengo il miglior giocatore al mondo sinceramente non li ho recepiti.
Sia chiaro il Duncan che faticava a stare in piedi negli scorsi playoff, l'ho ancora presente, ma ricordiamoci che li di mezzo c'era un infortunio importante alla caviglia che di fronte alla possibilità poi concretizzata di vincere un titolo è stato ovviamente "addomesticato" con ogni tipo di farmaco.
La cosa però interessante è chiedersi quale Duncan vedremo nella prossima stagione, visto che l'ormai quasi infallibile Menagement di San Antonio ha puntellato ancora di più il roster con giocatori importanti come Van Exel e Finley, arrivando a far accostare ai pronostici fatti sugli Spurs la parola "imbattibili". In effetti il roster degli Spurs è di una profondità mai vista, ad oggi Brent Barry sarebbe il quarto esterno della rotazione, e Rasho Nesterovic il terzo centro.
Il ruolo di Duncan dunque verrebbe da pensare che in questo contesto possa essere un ruolo minore rispetto a quello degli anni passati, con coach Popovich che lo gestisce e lo porta più fresco ai playoff, ma secondo me Duncan nonostante sia l'emblema moderno dell'uomo squadra difficilmente si farà da parte volentieri, e alla fine con ogni probabilità lo troveremo di nuovo in lotta per quel titolo di MVP che ormai gli sfugge da due stagioni a questa parte. Magari vedremo un Duncan più chirurgico, più gestito, meno presente nelle partite più facili, ma alla fine ogni pallone degli Spurs che brucerà passera di nuovo dalle sue mani.
Come ogni anno, prima dell'inizio di una nuova stagione si cercano di individuare le possibile sorprese anche tra i singoli, e quest'anno secondo me uno che farà parlare molto di se è James Jones.
Dopo un paio di stagioni ai Pacers dove ha avuto pochissimo spazio, Jones approda alla corte di D'Antoni, e il suo mortifero tiro da tre sarà affidato alle cure di Steve Nash. Jones ricordiamo che nel poco spazio avuto ad Indiana la passata stagione ha messo in mostra buone cose, perfino una gara sui 30 punti, nei giorni immediatamente dopo la rissa di Detroit, quando fu chiamato a tenere a galla la barca Pacers che rischiava l'affondo.
Le caratteristiche di Jones ne fanno il classico giocatore che accanto a Nash potrebbe diventare una bomba innescata pronta ad esplodere. Tiro da tre micidiale, giocatore che magari non è bravissimo a crearsi un tiro da solo, ma che in uscita da un blocco ti può far veramente male, insomma quello che serve ai Suns, che in un ruolo del genere lo scorso anno erano riusciti a rilanciare il vagabondo Jim Jackson. James rispetto a Jackson, è più veloce, sa riempire bene le corsie laterali nei contropiedi, ma soprattutto ha imparato alla corte di Carlisle / Bird che il lavoro duro spesso alla lunga paga. Jones in preseason ha dato ottimi segnali da questo punto di vista, proposto in quintetto al posto dell'infortunato Stoudemire, con Marion in ala grande, Jones ha sfornato una preseason da 16 punti e oltre 4 rimbalzi di media in poco più di trenta minuti di utilizzo, il tutto senza che i Suns abbiano mai messo la sesta marcia, con Nash che spesso si è limitato al lavoro da ufficio. Segnatevi questo ragazzo perché ne risentiremo parlare spesso nei prossimi mesi.
La classe dei rookie che si presenta ai nastri della nuova stagione con ogni probabilità non presenterà nessun fenomeno, e anche di giocatori destinati a diventare All Star non sembrano essercene molti, anche tra quelli scelti in alto come Bogut e Marvin Williams che per ora si trascinano dietro tante aspettative, ma anche diversi dubbi. L'unico giocatore che secondo me si presenta pronto per l'uso anche ad alti livelli è Deron Williams, giocatore su cui punto per il titolo di rookie of the Year.
La sua scelta da parte dei Jazz è stato un chiaro segnale di idee chiare da parte di Sloan che lo ha fortemente voluto, per averlo i Jazz sono saliti alla 3 dalla 6 e soprattutto hanno saputo resistere alla tentazione di prendere Chris Paul, giocatore magari più talentuoso, ma la cui altezza nell'NBA potrebbe anche essere una penalizzante. Williams rispetto a Paul sembra più tosto, fisicamente non si discute, molto ben strutturato nella parte superiore del corpo, ha un tiro da 3 che fa male, come ben ricordano tutti gli avversari di Illinois della passata stagione. A me ricorda un po' Jason Kidd, con un po' di indole del playmaker in meno, ma con un tiro dalla lunga senza dubbio più affidabile.
C'è da scommettere poi che il lavoro che faranno su di lui coach Sloan e lo staff tecnico dei Jazz, inserendolo in un sistema di gioco che storicamente ha esaltato anche giocatori con un decimo del suo talento (Arroyo e Eisley giusto per citarne un paio), finirà per farlo diventare un playmaker di assoluto valore in poco tempo.
Finiamo andando a scovare alcuni rookie, magari non di primissimo piano che potrebbero dire la loro in questa stagione. A Boston tutti gli occhi erano puntati su Gerald Green, indicato da tutti come possibile crack in tempi più lontani, invece Ainge rischia di aver fatto un gran colpo con le due chiamate al secondo giro quelle di Ryan Gomes e Orien Greene. Il primo era un giocatore senza dubbio noto a chi mastica College Basket, reduce da una carriera di tutto rispetto a Providence, è finito abbastanza inaspettatamente a fine secondo giro.
A Gomes sono bastate poche gare di preseason per imporsi all'attenzione, con prestazioni solide, anche in momenti di basket vero. Giocatore un po' "vintage", tanti fondamentali e tanta testa, basket facile nelle mani, non ha dalla sua un fisico che sposta, ma a volte il talento e la consapevolezza di saperlo gestire fa miracoli, così Gomes potrebbe finire per ricavarsi un ruolo importante nella rotazione di coach Rivers dividendosi nei due ruoli di ala. Orien Greene è l'uomo di ottobre, arrivato dal nulla, scelto tra lo stupore alla 53, e assente alle Summer League estive, Greene è senza dubbio l'uomo del mese a Boston.
Play alto 6-5, difensore tostissimo, mani lunghe, manca forse di continuità al tiro, ma comunque si è imposto all'attenzione di tutti con prove convincenti in preseason, soprattutto in una gara contro i Nets dove ha smazzato 7 assist, ma soprattutto ha infastidito più del previsto sua maestà Jason Kidd, con una difesa veramente fastidiosa. Come sempre succede al di la dell'oceano, gli Americani sono bravissimi a creare paragoni fuori luogo, e qualcuno ha scomodato Arenas e addirittura Wade.
La verità è che Greene è un giocatore su cui lavorare, ma di lavoro ce ne è tanto da fare. Passiamo a quello che a New York è diventato un vero idolo senza ancora aver giocato un minuto vero di NBA, ossia Nate Robinson, giocatore capace di far innamorare di se addirittura coach Brown, di solito molto allergico ad ogni tipo di rookie.
Play vecchia maniera, che però ha una velocità e rapidità di esecuzione fuori dal normale, resta però solo 1,80 regalati e si sa spesso dopo l'impatto iniziale questo tipo di giocatori, incontrano un mare di difficoltà per gli handicap fisici, a cui se non ti chiami Iverson difficilmente puoi far fronte.
Intanto a NY si sogna sulle spalle di Nate al punto che c'è già chi vorrebbe il figliol prodigo Marbury in partenza. Chiudo la mia breve rassegna sui rookie meno esposti, segnalandovi due nomi, ossia Salim Stoudamire, giocatore strutturalmente simile a Nate Robinson, che nell'Atlanta delle ali piccole potrebbe ricavarsi uno spazio importante.
Gli Hawks proveranno Joe Johnson in quintetto da playmaker, ma se per vari motivi l'esperimento non funziona Salim sarà chiamato presto in causa per la cabina di regia. Il secondo nome è Monta Ellis, figlio del grande Dale, da cui pare aver ereditato la manina fatata al tiro dalla distanza. Monta sarebbe molto più pronto del previsto, e addirittura c'è chi dice che possa fare il playmaker senza problemi. Con queste basi non passerà senza dubbio inosservato.