Eddy Curry nella Grande Mela, dopo il
New York e Chicago sono città che vivono di sport, vivono di basket, ma vivono anche (anzi soprattutto, direbbe qualche maligno) di gossip, di “bombe di mercato” degne del Mosca più becero, di eclatanti “casi” giornalistico-sportivi.
L'affaire-Curry gli ha dato tutto questo e molto di più, monopolizzando per settimane le pagine dei giornali, i forum dei tifosi, le discussioni nei bar.
Anche se la vicenda vi sarà probabilmente nota, avendola sentita in tutte le salse, ci permettiamo di riassumerla il più brevemente possibile: in Marzo, prima di una gara contro i Bobcats di fine stagione regolare, all'imponente E.C. è stata diagnosticata una particolare forma di aritmia.
Tale disfunzione cardiaca poteva essere causata da cause rimediabili, come una carenza di potassio o mutamenti improvvisi del pH corporeo, oppure rappresentare il primo sintomo di una gravissima malformazione congenita, la cardiomiopatia ipertrofica (tecnicamente abbreviata in HCM): una malattia che, opportunamente curata, consente di condurre una vita normale, ma non permette ad un atleta professionista di continuare la propria attività , a rischio di mettere a repentaglio la propria vita (ed in effetti, proprio a causa di questa precisa malformazione, Reggie Lewis perse la vita; Monty Williams, d'altronde, nonostante gli fosse stata diagnosticata la HCM al college, giocò nella lega per 9 stagioni in ben 5 squadre differenti, senza problemi di sorta).
Dopo le relative cure e svariate settimane di analisi successive, i medici interpellati (tra cui il Dottor Cannom, insigne cardiologo che per primo gli aveva diagnosticato l'aritmia, sollevando il vespaio) lo dichiaravano abile ed arruolato, concedendogli il nulla osta; non erano dello stesso avviso i periti assicurativi, che si rifiutavano di garantire la copertura per il nuovo (ed ingente) contratto del pupone.
Curry pretendeva infatti di mettere nero su bianco il rinnovo contrattuale alle cifre che gli erano state prospettate in passato (vale a dire una somma vicina a quanto spuntato da Tyson Chandler), mentre i Bulls erano irremovibili nel voler iniziare a discutere del contratto solamente dopo che Eddy si fosse sottoposto ad un ultimo, decisivo esame: il test del DNA, l'unica analisi in grado di far luce sulla presenza o meno della suddetta malformazione, che in soggetti giovani ed atletici rischia di passare inosservata anche dopo esami approfonditi.
Curry, spalleggiato dall'NBPA, l'Associazione Giocatori, rifiutava categoricamente l'idea di sottoporsi al suddetto esame, ingaggiando così con la propria squadra un braccio di ferro apparentemente irrisolvibile.
A questo punto la notizia giornalistica si trasformava in “caso” scandalistico, che coinvolgeva questioni e principi molto più grandi del semplice rinnovo del contratto di un giocatore di basket, finendo per coinvolgere non soltanto sportivi e medici, ma anche avvocati e professori di diritto.
Infatti, grazie ai prodigiosi sviluppi delle tecnologie mediche, il test del DNA può rivelare moltissimo su una persona: propensione al cancro, alla leucemia, a problemi congeniti agli organi interni, alle ossa, ai tendini, addirittura all'alcolismo o a disturbi mentali e della personalità .
Con queste premesse è ovvio che il problema diventava molto più grosso del pur massiccio Curry: se il test avesse rivelato che il suo cuore stava benissimo, ma che aveva una altissima probabilità di accusare, nei prossimi anni, problemi ai tendini o ai legamenti oppure una tendenza all'alcolismo cronico, i Bulls che dovevano fare? Erano obbligati a fare finta di niente, oppure potevano sfruttare le nuove conoscenze acquisite per rifiutarsi comunque di metterlo sotto contratto?
Peraltro, se Curry avesse accettato di sottoporsi al test, avrebbe creato un pericoloso precedente: fra qualche anno si sarebbe sentito parlare di una famigerata “clausola Curry”, la possibilità per i team professionistici (e, più in generale, per qualunque datore di lavoro) di effettuare dei test genetici preventivi ed utilizzare le informazioni ottenute per scegliere chi mettere sotto contratto.
Insomma, è evidente che le parti si sono trovate in uno stallo irrisolvibile: E.C. non voleva accondiscendere a passare alla storia come il primo dipendente disposto a far analizzare il proprio DNA dal datore di lavoro, forte del fatto che tutti i test medici effettuati dopo le cure lo dipingevano come un soggetto in perfetta salute, e quindi deciso a difendere il suo diritto ad essere trattato come tutti gli altri.
D'altra parte i Bulls, che già in partenza non erano convintissimi di dare a Curry le cifre che chiedeva (e qui casca l'asino, come vedremo in seguito), non avevano intenzione di rischiare di ritrovarsi sul groppone un contratto non assicurato.
Alla fine la situazione si è risolta con l'intervento di Isiah Thomas, che con una sign-and-trade si è portato a casa il centro di Chicago, rifirmato con un contratto di circa 68 milioni in 7 anni (i primi tre garantiti, gli altri subordinati al numero di partite giocate), cedendo in cambio Thomas, Sweetney, una prima scelta futura condizionata e la possibilità di invertire le scelte dei due team nel 2006.
Tutte le parti in causa hanno accettato compromessi pesanti.
Casa-Curry: ha ottenuto un contratto inferiore al suo valore di mercato prima che scoppiasse questo caso, ma comunque ben superiore alla rendita vitalizia che i Bulls gli assicuravano se fosse stato costretto a ritirarsi.
In ogni caso, anche nella migliore delle ipotesi dal punto di vista della sua salute, per lui c'è ancora molto da lavorare prima di raggiungere l'eccellenza; offensivamente è già un giocatore fantastico, un pericolo per qualunque difesa, lo stesso Shaq ha ammesso che (a parte sè stesso, ovviamente) Curry è probabilmente il più talentuoso centro offensivo della lega.
Però il basket non è solo attacco: dal punto di vista della concentrazione, dell'attitudine e della efficacia difensiva siamo molto al di sotto del par: l'anno scorso ha tenuto una media di rimbalzi a partita pari a quella dell'anno da rookie di Steve Francis!!! Per uno con quel fisico e quella coordinazione è un vero squallore.
Casa-Isiah: beh, lui si gioca il tutto per tutto. Se ad un certo punto ci si rende conto che Curry non può giocare, la frittata è fatta, ed i Knicks hanno buttato via una delle pochissime possibilità di rinforzare un roster discreto, ma attualmente molto lontano dalle contenders.
Se Curry però non ha problemi, e tutto lascia supporre che le cose stiano così, allora cambia tutto: una squadra che ha talento da vendere sul perimetro ma da anni accusa una desolante pochezza sottocanestro non può puntare a nessun risultato di rilievo. Inserendo nell'equazione una delle poche, credibili potenze in post basso della lega (pur con tutti i suoi difetti ), all'improvviso diventa molto più difficile studiare un game plan che consenta di fermare sia lui che i molti esterni talentuosi a roster… e il tutto può diventare un vero incubo, se consideriamo che la squadra è nelle mani del miglior allenatore della lega da un punto di vista squisitamente tattico.
Casa-Paxson: se Curry (come è estremamente probabile) giocherà per il resto della sua carriera senza accusare problemi fisici, il GM dei Bulls si è portato a casa una contropartita ben inferiore al valore del giocatore.
Timmy Thomas è una eterna promessa che ormai possiamo, dopo anni di speranze mal riposte, bollare come non mantenuta.
Sweetney è buono, e se l'NBA avesse un limite massimo di altezza di due metri sarebbe il lungo più dominante della lega; visto che le cose non stanno così, purtroppo per lui dev'essere considerato al massimo un decente sesto/settimo uomo, e forse nemmeno quello. Una squadra che come PF titolare presenta il duo Sweetney/Othella Harrington difficilmente può essere ritenuta degna di menzione tra le migliori squadre dell'Est, per quanto gli altri siano bravi a futuribili.
Le prime scelte, infine, sono pur sempre prime scelte, non ci si sputa mai sopra: ma saranno quelle classiche chiamate “né carne né pesce”, che generalmente non cambiano la vita, a meno di colpi di genio o di fortuna; in ogni caso, tanto per essere chiari, non permetteranno nemmeno di avvicinare un settepiedi con il fisico, la coordinazione e le capacità tecniche di E.C.
Dietro a tutta questa vicenda, però, per i rossoneri si nasconde tra le righe una grande verità : i Bulls non volevano pagare a Curry le cifre che lui chiedeva e pensava di meritare, vale a dire le cifre di Tyson Chandler. Una opinione che si può condividere o meno, ma che ha evidentemente influenzato in modo pesante l'atteggiamento di Paxson: infatti, se è ovvio che un contratto non assicurato è sempre un rischio (ma non è certo l'unico, nell'NBA ci sono svariati contratti nella stessa situazione), d'altra parte praticamente tutti i luminari interpellati hanno assicurato che Curry è sano quanto tutti gli altri giocatori NBA… e quindi come si spiega che i GM dei Knicks e delle altre squadre che hanno suggerito ipotesi di s&t per Curry non sono stati così intransigenti nel richiedere un test del DNA come i Bulls? Forse a Paxson la salute del giocatore sta a cuore più che ad altri GM? Ovviamente no.
La verità è che i Bulls, dopo aver avuto per le mani Curry in questi anni, non erano convinti che lui valesse le cifre che, bene o male, gli erano state promesse e prospettate; e quindi, comunque vada a finire questa vicenda per Curry e per i Knicks, la sensazione è che i Bulls ci abbiano perso in ogni caso.