Pacers: duri a morire

O'Neal e Jackson mostrano le nuove uniformi…

L'annata 2004-2005 termina, per i Pacers di coach Carlisle, con l'eliminazione al secondo turno dei playoffs per mano dei campioni in carica di Detroit alla sesta gara, dopo che i Pacers di un eroico Miller, erano stati avanti 2-1 nella serie.

A guardar bene, credo, se non sbaglio, che sono gli stessi Pistons coinvolti nella mega rissa dell'11 novembre in cui i Pacers, con le loro colpe ovviamente, hanno perso Ron Ron Artest per tutta la stagione, in cui è passato come il peggior criminale sulla terra dai tempi Bin Laden, e J O'Neal e Steph Jackson per una cinquantina di partite complessivamente. I Pistons sono usciti indenni dalla bufera e sono arrivati fino alle Finals.

La stagione termina con il ritiro di Killer Miller, una bandiera, forse qualcosa in più, un paradosso perché il simbolo cestistico dell'Indiana dei canestri è un californiano, addirittura losangeleno. E Los Angeles centra subito perché sembrava fatta a metà  giugno per uno scambio Lakers-Pacers che avrebbe portato Slava Medvedenko e Devean George alla Conseco Fieldhouse per quel talentone di Jonathan Bender e una scelta. Tutto in fumo, così Bird e Donnie Walsch si sono concentrati sul draft.

La prima scelta sul taccuino era lo swingman dei Lobos di New Mexico, tale Danny Granger, giocatore NBA fatto e finito, un 2-3-4 con ottimo tiro, difesa e rimbalzi, magari un po' meno atletico di un Miles o di un Bender, tanto per rimanere in casa. Sembrava un sogno perché il ragazzo non veniva dato più giù della dieci e invece eccotelo lì, libero alla dicissette, cosa che ha fatto salivare dalla gioia Bird and Co.

Chiuso il capitolo draft, ci si concentra subito sulle summer leagues, in cui, in maglia gialloblu, si presenta uno che non arriva dal draft, non giocava in Europa l'anno scorso e nemmeno nelle Minors: parlo ovviamente di Artest che, dopo l'esilio tipo-Alcatraz e una promessa di fare il bravo bambino a papà  Stern, è tornato sul parquet.

Il ragazzo comunque, si è allenato per tutto il tempo in cui è stato in manette e non si è concentrato su hamburgers e Playstation come qualcuno potesse pensare. Ron Ron è tornato, ha fatto il leader, ha spiegato basket ai più giovani e ha messo insieme buone cifre a Minneapolis: 19.8 punti 5.3 rimbalzi.

È indubbio che Artest sia, ora come ora, il leader indiscusso di questa squadra, anche più di Jermaine O'Neal, perché rispetto al compagno ha maggior grinta e carattere, è un vincente ed è, Wallace o non Wallace, il miglior difensore NBA dai tempi dello Scottie Pippen targato Chicago. Jermaine O'Neal deve dimostrare finalmente di essere al livello assoluto di Duncan e Garnett perché, è vero che ad Est è il numero uno, a parte l'omonimo di Miami, ma sembra sempre un po' latitante nei momenti chiave cosa che non lo mette sullo stesso piano dei due che giocano aldilà  del Mississippi.

Grande attenzione merita sicuramente la firma di uno dei più grandi playmaker presenti sul suolo terrestre, quel Sarunas Jasikevicius che, dopo l'esperienza Ncaa con i Maryland Terrapins, un titolo europeo con la sua Lituania e la bellezza di tre Euroleagues consecutive con le maglie di Barcellona e Maccabi Tel Aviv, abbia deciso per il grande salto oltre l'Oceano.

Saras è ovviamente dominante in Europa, è un vincente, vede, canta, parla , scrive e suona basket. Ora deve dimostrare il suo illimitato talento nell'NBA e il fatto di giocare in una squadra che punta subito a vincere, non può che aiutarlo. Facile che parta in quintetto fin dall'opening night, anche perché i continui problemi fisici di "The Abuser" Tinsley e il fatto che Anthony "No Neck" Johnson sia più utile dal pino, rendono il Re Lituano la più scontata scelta di Carlisle.

È logico che nell'analisi di Jasikevicius ci siano pro e contro: a sua favore l'immenso talento nel passaggio, soprattutto NO-LOOK, la facilità  disarmante nel giocare il pick and roll e la leadership; contro di lui c'è un tiro tutto da verificare alle distanze NBA, la poca voglia di difendere un non eccelso atletismo. Difficile pensarlo in difesa contro un Parker, un Iverson o un Marbury. Spero che non fallisca perché, nonostante tutto, è ancora abbastanza giovane, 29 anni, il saper vincere e la capacità  di colmare le lacune, soprattutto difensive, con un grande lavoro mentale, lo rendono un bersaglio duro da abbattere.

I Pacers sembrano avere le carte in regola per giocarsela con tutti a Est anche se forse Miami e Detroit sono un gradino sopra. In estate Bird e soci hanno lavorato bene, la squadra è più o meno la stessa da almeno un lustro, sembra ai vertici a est. La perdita di Reggie Miller è sicuramente importante, non tanto per il contributo in termini puramente statistici (non da buttare peraltro"), quanto per la spinta spirituale ed emotiva che dava alla squadra dell'Indiana in ogni momento. Inizia una nuova era con Ron Ron, J'O e Re Saras senza mai dimenticare le retine bruciate e Boom, Baby!

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