Gary Payton: passa dalla Florida l'ultima chance di titolo del play di Aukland
Alla fine è stato accontentato; il corteggiamento di Shaquille O'Neal verso Gary Payton è stato così incessante che Pat Riley ha ceduto. Concedendo al giocatore che ha fatto le fortune dei Seattle Sonics un annuale da 1.1 milioni di dollari.
"Pat (Riley) ha vinto diversi titoli - ha dichiarato Payton subito dopo aver traslocato a Miami - e quindi sa cosa si deve fare per migliorare una squadra che è già forte. Con Shaq e Wade condizionati dagli infortuni Miami non ha avuto nessuno che mettesse i tiri fondamentali dell'ultima gara. Sono qua per questo. Tutti noi pensavamo che Riley avesse già fatto quello che riteneva opportuno. E di certo Payton non era in agenda a inizio luglio.
Nel frattempo è arrivato Jason Williams con cui, siamo certi, il dualismo è appena iniziato. Perché sia lui che Payton sono arrivati, non tanto per giocare titolari, perché è scontato che l'ex Sacramento inizierà le partite, quanto per essere in campo nei momenti in cui le partite si decideranno.
Le parole di Riley però, a questo proposito sono illuminanti: "Ho preso Williams - ha detto dopo lo scambio che ha portato a Miami anche Posey e Walker - per avere una point guard titolare." "Non penso che i nostri giocatori più talentuosi - ha invertito la rotta dopo l'arrivo di Gary - saranno necessariamente titolari."
Il tutto detto da chi, alla guida dei Los Angeles Lakers, cioè quando i titoli li vinceva in panchina, faceva partire Kurt Rambis, tenendo in panchina Bob Mc Adoo.
In sostanza l'avventura di Jason Williams in Florida inizia con un fantasma che in carriera si è materializzato nelle sue precedenti squadre. A Sacramento "White chocolate" era l'idolo dell'arena. Ma nei playoffs i minuti finali li giocava puntualmente Bobby Jackson. Qualcosa di simile è capitato anche a Memphis con Earl Watson.
"Non son qui per contrappormi a Jason - assicura Payton - ma per dargli una mano allenamento dopo allenamento." Se confrontiamo i numeri, per quanto sia riduttivo, dell'ultima stagione, non c'è categoria offensiva in cui l'ex Sonics non abbia sovrastato il figlio della Virginia. Se poi pensiamo al passato il californiano è un futuro All Star.
Il nodo per il ruolo di play è solo uno dei tanti di questa squadra in cui il talento, come i punti di domanda abbondano.
"Io e Shaq - ha spiegato il giocatore di Aukland - siamo molto vicini. Quando un giocatore del genere rilascia dichiarazione di un certo tipo è difficile non accettare certe offerte". E questo ci riporta a una storia che ha riempito la stagione 2003/2004.
Altra costa degli Stati Uniti: Payton e Malone si aggregano a O'Neal e Bryant per riportare il titolo ai Lakers. Sappiamo anche com'è finita: Shaq e Kobe ai ferricorti, Malone appiedato dall'unico infortunio serio della sua carriera, chiusa contestualmente in quella finale contro Detroit.
Ma il ricordo che abbiamo di Payton è duplice: il "Non avevo firmato per questo", pronunciato a Minneapolis dopo una sconfitta, e il suo progressivo accantonamento a favore di Derek Fisher.
La sua difesa, in punta, apparsa imbarazzante contro Tony Parker e Chauncey Billups, ovvero i registi delle due squadre nel mirino di Miami. Per questo motivo, pensiamo, Shaquille O'Neal che l'ha fortemente rivoluto, deve sapere qualcosa che noi non sappiamo. Anche perché il quadro tecnico è sinistramente simile: una guardia che ha bisogno di avere il pallone fra le mani per essere pericolosa come Wade, laddove ai Lakers c'era Bryant. Un post basso occupato da Shaq, un'ala grande che, con diverse modalità rispetto a Malone, reclamerà comunque il suo spazio.
La variabile Payton si aggiunge quindi ad un contesto in cui proprio Antoine Walker ha recentemente espresso perplessità sulla possibilità di uscire dalla panchina: "non l'ho mai fatto nel corso della mia carriera". E' chiaro che fra Haslem, gratificato quest'estate dal contratto della carriera e Mourning alla fine rimasto per vincere ma, immaginiamo, anche per giocare.
A meno che la dichiarazione di Shaq, "sono l'unico in grado di regalare un titolo a Gary", non sia da prendere in senso letterale, cioè come una missione caritatevole che l'ex centro di LSU si è imposto di portare a termine prima della fine della carriera. Anche perché, come dicevamo, proprio l'esperienza dei Los Angeles Lakers ci insegna che se si tratta solamente di segnare tiri piazzati sugli scarichi, un giocatore di ruolo senza pretese può essere ufficiale di una stella. Specie se non gioca con l'atteggiamento giusto.
Scherzi a parte, è chiaro quindi che la prima esigenza dell'allenatore Stan Van Gundy sarà quella di mantenere sulla stessa lunghezza d'onda un gruppo in cui diversi giocatori avranno le loro "istanze" personali e dovranno avere a che fare con esperienze inedite per le rispettive carriere.
Siamo abbastanza convinti che Miami andrà via liscia, perlomeno all'inizio, nella Eastern Conferece. Ma il cammino degli Heat si svilupperà su una sottile asse d'equilibrio; quando la scommessa è intrigante il rischio è più alto. Di certo c'è che Pat Riley i titoli li ha vinti, chi scrive ancora no. Ma qualche legittima perplessità permane. Sempre ammesso che lo shopping estivo sia definitivamente concluso.