La fortuna viaggia bassa

Brandon Webb con l'impugnatura della sinker – Recentemente ha dichiarato che il 90% dei suoi lanci sono sinker.

Rewind.
E' il 27 aprile 2003. I Diamondbacks sono ospiti allo Shea Stadium, dove 36 mila spettatori stanno per gustarsi i lanci dell'ottimo veterano Tom Glavine; Arizona oppone al mancino ex-Atlanta tale Brandon Webb, non ancora 24-enne, al suo esordio in Major League.

Play.
Brandon sale sul monte nella parte bassa del primo con i suoi già  sopra 1 a 0; Roberto Alomar guarda il terzo strike, Wigginton va al piatto sventolando, Floyd è eliminato su una rimbalzante (assistenza primabase-lanciatore).
I successivi 6 battitori non hanno maggior successo: Piazza 4-3, Vaughn K, Gonzalez K; Perez K guardato, McEwing K, Glavine 6-3.
Quando a inizio ottavo è rilevato da Villareal, la prestazione di Webb recita 0 punti concessi, 3 valide, 10 strikeout, 1 base per ball; fuori dal box score, un altro paio di dati che, se allora passarono inosservati a qualcuno, oggi sono più che mai di interesse: delle 11 eliminazioni non per strikeout, 10 sono avvenute su palle rimbalzanti; inoltre, nell'unica occasione in cui due Mets hanno ingombrato le basi, Webb ne è uscito inducendo Mike Piazza a battere in doppio gioco.

Stop.
Partenza col botto, carriera assicurata? Quando inizia la seconda partita della giornata, Brandon ha già  le valigie pronte per raggiungere Tucson, dove risiede la squadra di Triplo-A dei D'Backs. La sua presenza nel roster di Arizona era infatti dovuta a questioni di infortuni: per il secondo incontro di quel 27 aprile, rientrava dalla Disabled List Randy Johnson, e il giovane Webb doveva far spazio.

Fast Forward.
Siamo nel 2006 e Webb è l'assoluto dominatore della National League; una ERA di poco superiore a 2.00, 8 vittorie e nessuna sconfitta in 12 partenze e, cosa assai rara di questi tempi, già  2 complete games, entrambi shutout.
Qual è la ricetta del nostro eroe?

Rewind.
Nel 2002 a El Paso (AA) aveva registrato una ERA di 3.14; l'anno prima, a Lancaster (A), non aveva impressionato, chiudendo a 3.99 – cifre non da capogiro per un Singolo-A.
Addirittura al college aveva fatto peggio: il suo 4.58 non aveva di certo fatto innamorare troppi scout!
Nel 2001, durante l'estate poco esaltante a Lancaster, iniziò, quasi per gioco, a sperimentare un nuovo lancio, che nel giro di qualche anno sarebbe diventato il pezzo forte del suo repertorio.

Stop.
La sinker fa parte della famiglia della two-seam fastball. A differenza della fastball regolare, a quattro cuciture, il lanciatore pone indice e medio lungo due cuciture, impugnando la palla un po' più in profondità  nel palmo. Alcuni lanciatori tengono le dita lievemente spostate dalle cuciture, oppure imprimono una leggera rotazione al polso nel momento del rilascio.
Sostanzialmente la sinker è una fastball con qualche miglio orario in meno, ma con una caduta verso il basso all'altezza di casa base, da cui il nome; inoltre, lanciata da un destro, tende a spostarsi verso un battitore destro e, di contro, ad allontanarsi da un mancino.
Il primo lanciatore il cui nome è stato associato alla sinker è Wilcy Cooper, la cui carriera in MLB ha coperto gli anni dal 1912 al 1926, prevalentemente nelle fila dei Pittsburgh Pirates.

Fast Forward.
Torniamo alla vita di Webb in Major League.
Tre giorni dopo il debutto, causa nuovo infortunio a Randy Johnson, Brandon ripercorreva, in direzione opposta, il tragitto Tucson-Phoenix, per l'ultima volta.
Le 10 eliminazioni su groundball ottenute il 27 aprile, non erano dunque frutto del caso, bensì il risultato di lanciare una consistente quantità  di sinker.
Nell'arco della sua giovane carriera, Webb ha visto, costantemente, andare in terra il 65% delle palle battute, valore di un 20% superiore alla media in Major League.

“Throw groundballs! Groundballs don't go over the fences!”

Il primo grande vantaggio di ottenere molte palle rimbalzanti è felicemente, e come sempre in modo colorito, riassunto da Casey Stengel. Nessuno fa fuoricampo con una groundball; ciò è sempre positivo, ma assume maggior valenza se la tua carriera ha inizio nella National League West del 2003: un sacco di partite le vai a giocare al Coors Field di Denver, un miglio sul livello del mare, dove l'aria rarefatta non oppone resistenza alle flyball; la metà  in casa, nel caso di Webb, è al Chase Field di Phoenix che, escluso appunto quello del Colorado, è il ballpark costruito più in alto in MLB; ah, già , dimenticavamo… nella tua division ci sono anche i Giants di Barry Bonds!

“When I throw a ground ball, I expect it to be an out, maybe two.”

Il secondo punto, invece, ce lo spiega Warren Spahn. Come detto, il primo giorno di scuola Webb ebbe un unico momento di difficoltà : con uno fuori, al quarto attacco Mets, Wigginton e Floyd colpirono, consecutivamente, due terzi delle valide dell'incontro; l'ennesima groundball, uscita dal bastone di Piazza, levò dall'impaccio l'esordiente.
Un lancio, due out. Un ulteriore punto a favore della sinker è che allunga la vita, nella partita, dei lanciatori: quest'anno i battitori che affrontano Webb vedono, in media, meno di tre lanci e mezzo per turno; Brandon ha già  al suo attivo due complete games, che nel 2006, dopo due mesi, sono una enormità .

La sinker comporta però qualche problema.
Innanzitutto non è facile da controllare, di conseguenza in pochi riescono ad aggiungere il lancio al proprio repertorio; la caduta finale, che provoca il contatto (eventuale) della mazza con la parte superiore della palla e di conseguenza l'alta percentuale di groundball, causa, nelle giornate storte, anche parecchie basi su ball, quando non wild pitches o passed balls. Nel 2004 Webb ha avuto i primati non invidiabili di basi ball concesse e lanci pazzi; a contendergli il trono sono stati altri specialisti della sinker.
La difficoltà  di controllo pone un altro problema, accentuato dalla ridotta velocità  rispetto a una fastball standard. Nel 2005 Webb, che non abbina alla sinker una palla veloce a quattro cuciture, è risultato il lanciatore con la fastball più lenta della National League (velocità  media di tutte le fastball lanciate nella stagione).
“Il baseball è un gioco di centimetri” diceva Branch Rickey; i corridori, consci di avere qualche frazione di secondo in più e dell'alta probabilità  di un lancio “in the dirt”, osano di più sulle basi: Webb è costantemente uno dei lanciatori su cui si ruba di più.

Rewind.
Date le ERA non esaltanti registrate al college e nelle minors, che cosa avrebbe dovuto far scattare il campanello di allarme circa una possibile carriera di successo per Webb?
La valutazione di un prospetto nel ruolo di lanciatore è una delle sfide più difficili del baseball. Escludendo l'aleatorietà  dovuta agli infortuni, sempre dietro l'angolo per un giovane pitcher, ci sono un sacco di altri fattori che rendono complicata l'analisi: il livello di competizione, la struttura degli stadi e le relative condizioni atmosferiche, il cast difensivo di supporto, sono solo alcune delle incognite che, a livello di leghe minori, risultano di difficile risoluzione.
I dati di groundball e flyball ottenute sono molto meno disponibili rispetto a quanto accade in MLB.
Due statistiche, però, sono di quasi esclusiva competenza dei lanciatori a qualsiasi livello, tanto che diversi studi ne hanno dimostrato un'ampia capacità  predittiva di successo o fallimento.
Gli strikeout ottenuti e le basi ball concesse hanno poco a che fare con la direzione in cui soffia il vento e la bravura dei difensori alle tue spalle: il rapporto K/BB di Webb era superiore a 3.5 a Lancaster e a 2 a El Paso.

Fast Forward.
La carriera di Webb ha finora avuto il seguente andamento: ottimo anno da rookie nel 2003, flessione evidente nel 2004 (7 vinte e 16 perse nel più classico dei “sophomore slump”), ripresa nel 2005 (14-12).

Play.
…e siamo di nuovo a oggi.
Come si spiega l'evoluzione di Webb e l'attuale dominio che mostra sui battitori della National League?
La difesa dei Diamondbacks ha una delle peggiori DER (Defensive Efficiency Ratio, ovvero percentuale di palle battute convertite in eliminazioni) delle Majors, pertanto il miglioramento è quasi interamente attribuibile al nostro eroe.
Gli Home Run concessi da Webb sono stati, sin dall'inizio della sua carriera, sempre abbondantemente sotto la media registrata dai suoi colleghi (“Groundballs don't go over the fences!”); all'esordio, nella statistica strikeout ottenuti per 9 riprese, Brandon era tra l'elite ma, progressivamente, è rientrato negli standard MLB (attualmente è lievemente sotto media).
La chiave sta nelle basi ball.
Nel 2003 Webb ne concedeva poco più di 3 ogni nove inning, esattamente come tutti gli altri; nel 2004 la sua statistica è schizzata a quota 5, regalandogli il primato poco ambito e la peggiore delle sue stagioni; nel 2005 è arrivato a 2 e rotti; attualmente è intorno a 1.
Forse Brandon Webb è riuscito a perfezionare il controllo di un lancio scarsamente gestibile; se così fosse, il ragazzo nativo del Kentucky è pronto a spiccare definitivamente il volo.

Lui.

Le palle che lancia, invece, rimarranno sempre per terra.

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